Risposta ad un lettore sulla legge di nazionalizzazione della Banca d'Italia
10 novembre 2009 (MoviSol) - L'ultima lettera pervenuta, cui rispondiamo in questa pagina, è di un lettore preoccupato dalla mancata attuazione della legge 262/2005, che avrebbe previsto la "nazionalizzazione" della Banca d'Italia.
Oggetto: Bankitalia
spett.le Movimento,
Sono molto appassionato delle vicende finanziarie Italiane e mondiali, e pienamente d'accordo sulle soluzioni da voi proposte, ma adesso in Italia c'è una questione scottante che il Ministro Tremonti ha pubblicamente affrontato lo scorso anno, prima dell'esplosione programmata del fallimento finanziario internazionale a danno dei cittadini e degli Stati Sovrani; la legge 262 del 28 dicembre 2005, all'art. 19 comma 10 imponeva entro tre anni, cioè entro il 12 gennaio 2009 la dismissione delle quote azionarie di proprietà dei privati diversi dallo STATO E DA ENTI PUBBLICI, com'è andata a finire?
ANCHE VOI NON AVETE SOLLEVATO LA MADRE DI TUTTE LE QUESTIONI, VUOI VEDERE CHE MR. BRITANNIA RIESCE IN SORDINA A FAR ELIMINARE QUESTO ARTICOLO?
SAREBBE LA FINE DELLO STATO ITALIANO, COME GIÀ STA AVVENENDO.
I miei migliori saluti
Giuseppe Marino
Presidente Associazione Confcommercianti Grammichele (CT)
LA NOSTRA RISPOSTA
Caro lettore,
Noi non ignoriamo la questione, che è centrale per la stessa battaglia strategica che combattiamo, volta a ripristinare la sovranità degli stati contro il potere del sistema monetario privato. È però vero che occorre lanciare i singoli assalti nel momento propizio. La legge fu varata quando, sull'onda degli scandali bancari e dei disastri Parmalat e Cirio, si creò in Italia un consenso popolare a favore della riforma. In quel momento, sarebbe stato possibile anche un affondo più forte di quello che fece Tremonti, perché il popolo l'avrebbe appoggiato.
Il momento propizio si è ripetuto dopo lo scoppio della crisi nel 2007 e dopo il fallimento di Lehman. C'è stata una "finestra di opportunità" che si è chiusa con il G20 di aprile, dove Obama ha avallato la politica di Gordon Brown. Si sarebbe potuto tentare di nuovo l'affondo, ma Tremonti non l'ha fatto. Non siamo nella sua testa e nei suoi panni, e perciò non possiamo giudicare se le valutazioni tattiche di Tremonti siano giuste o meno. Probabilmente ha valutato di non aver abbastanza appoggi internazionali. Fatto sta che contro un nemico soverchiante, le battaglie si conducono scegliendo di volta in volta i fianchi scoperti. Solo così è possibile vincere alla fine.
Nazionalizzare la Banca d'Italia significa dichiarare guerra all'Unione Europea, e Tremonti e la Lega non sono ovviamente pronti per farlo. Essi verosimilmente temono che si scatenerebbe una guerra tale contro l'Italia a cui non sono in grado di far fronte. Ciò che preoccupa maggiormente Tremonti è la vulnerabilità del debito pubblico, come ha ripetutamente segnalato, per la metà in mani straniere.
È più facile sfondare a livello della strategia larouchiana delle "quattro potenze", per poi aggiustare le cose in Italia. Se gli Stati Uniti, come chiede LaRouche, commissariano la Federal Reserve e ne dichiarano l'insolvenza, stabilendo una nuova Banca Nazionale, non sarà difficile dare attuazione alla legge 262.
Cordialmente,
La redazione
Movimento Solidarietà
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