Strepiti e tarallucci: la storia di Tremonti con il sistema bancario
Nane Cantatore, AprileOnline, 29 ottobre 2009, 21:43
Molti osservatori hanno interpretato l'intervento del ministro per l'Economia alla giornata nazionale del risparmio come un ramoscello d'ulivo nei confronti delle banche. A guardare l'operato di Tremonti, però, si fatica a capire quando mai abbia fatto la minima cosa contro gli interessi degli istituti di credito
La giornata nazionale del risparmio è uno di quegli appuntamenti annuali, sotto l'alto patrocinio del Presidente della Repubblica e con la partecipazione di un'intera serra di papaveri ministeriali e bancari, in cui si ripetono luoghi comuni sullo stato dell'economia e in cui, facendo finta di capire qualcosa della situazione, si dice quello che si è deciso che fa comodo dire. In queste occasioni, è normale che si usi una certa cortesia verso il padrone di casa, nella fattispecie l'Associazione delle fondazioni e casse di risparmio, e che il padrone di casa, a sua volta, abbia nei confronti dell'ospite principale, vale a dire il ministro Tremonti, la delicatezza di presentare un quadro della situazione non troppo spiacevole.
Così, si sono sprecati i peana alla solidità del sistema bancario italiano, si è beatificata per l'ennesima volta la tendenza nazionale al risparmio, si sono cantate le lodi alla santa proprietà immobiliare, si è ribadito che la crisi sì certo, c'è ma che gli italiani non la sentono poi più di tanto, e comunque sono contenti: l'indagine realizzata per l'occasione in collaborazione con Ipsos ha registrato un 54 per cento di risparmiatori complessivamente soddisfatti della propria situazione, anche se il 40 per cento di fortemente insoddisfatti è stato definito con il poco felice termine di "naufragati", per dire quanto c'è da stare allegri.
In ogni caso, la notizia del giorno, stando ai titoli e ai commenti, dovrebbe essere l'intervento di Tremonti che avrebbe "per la prima volta dopo molti mesi lanciato un segnale di distensione alle banche" (Nicoletta Ottone sul Sole), dicendo che bisogna lavorare tutti insieme e ridurre al minimo i conflitti. Il ministro ha anche chiarito di non avercela con le grandi concentrazioni bancarie ma solo di ritenere opportuna una distribuzione più omogenea sul territorio, e ha lanciato la proposta di un nuovo giro di fondi per il sostegno alle piccole e medie imprese, con la regia della Cassa depositi e prestiti e un regime fiscale favorevole: di fatto, altri soldi che verranno gestiti dalle banche, alle quali si chiede di essere un po' più carine verso i piccoli imprenditori.
Si continua a mettere al centro il risparmio delle famiglie e il sistema della piccola impresa, con la protezione di un sistema bancario presente sul territorio e la benedizione di uno Stato un po' più pronto a elargire soldi, anche se non si bene quali, quando e quanto: aggiungiamoci anche la nostalgia per il posto fisso, che non sembra legata tanto alla necessità di ridare centralità al lavoro e di tutelare meglio i lavoratori, quanto all'esigenza di costruire una maggiore stabilità del nucleo famigliare, inteso come il principale centro di risparmio e polo dei consumi. Insomma, la risposta alla crisi viene fuori da un quadretto da piccolo mondo antico, che desta qualche perplessità sulla sua efficacia nel contrasto alla crisi globale.
Perplessità che vengono anche dal preteso conflitto tra il ministro e il sistema bancario: sembrerebbe che un conflitto sia una cosa in cui le parti coinvolte si fanno reciprocamente male, e non risulta che Tremonti abbia, nei fatti, mai arrecato il minimo danno ai grandi istituti di credito. Lo scudo fiscale prevede grasse commissioni, lo stravagante regime di tassazione per cui i redditi da capitale sono estremamente favoriti rispetto a quelli da lavoro e da impresa resta intatto, la banca del Sud sarà un istituto di secondo livello gestito dalle Poste e non un istituto di credito in grado di fare concorrenza alle banche vere, nessuna delle numerose e motivate proteste dei consumatori per i giochetti sui tassi dei mutui o per le evidenti pratiche di trust da parte del sistema bancario ha mai avuto seguito, senza contare il grande regalo dei cosiddetti pacchetti anticrisi, finiti in gran parte in tasca alle banche: in altre parole, nessun danno e molti benefici. Le stesse banche, dal canto loro, non hanno mai fatto nulla contro Tremonti: anche se si sono ben guardate dall'accattare i famosi bond, sono state buone quando l'idea è stata lanciata, anche se era evidente che si trattava di una mezza bufala, mentre lo stato disastroso delle finanze pubbliche, che si riflette in una minore solidità del sistema finanziario nazionale, non ha mai provocato una sola alzata di sopracciglio nei numerosi convegni degli istituti di credito.
Del resto, ormai il proprietario di questo governo è, per interposta figliola, uno dei membri del club di Mediobanca, che non sarà più il salotto buono dei tempi di Cuccia, ma è sempre un bel posto dove posare il deretano finanziario.
Viene da chiedersi, allora, se tutti gli strepiti e i falsetti di irritazione intercorsi in questi mesi non siano altro che lo schermo di una più ampia convergenza di fondo, nella quale banche e governo fanno quello che vogliono e non si intralciano, tanto i loro interessi sono perfettamente compatibili; viene da chiedersi quanto questa convergenza sia estesa anche ad altri settori chiave, come il sistema imprenditoriale, che chiede molto e ottiene poco sul piano formale, salvo poi potersi liberamente ingrassare con monopoli, patrimoni e privatizzazioni. Viene da chiedersi se questo inciucio coinvolga solo l'attuale maggioranza, visto che le banche ottengono tutto quello che vogliono da qualsiasi governo.
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