Il Segno dei tempi e il senso del segno
Pubblicato da Pietro Cambi
Il segno dei tempi si vede anche in piccole, grandi cose inusuali, straordinarie, che accadono in questi giorni.
Cose come quelle che dice, non da poco tempo, il Governatore della Banca d'Inghilterra, Mervyn King.
Ad esempio:
"Se una banca è troppo grande per fallire, allora è troppo grande"
Oppure, recentemente : «Incoraggiare le banche ad assumersi rischi che risultano in ricchi dividendi e bonus quando le cose vanno bene e in perdite per i contribuenti quando vanno male distorce l'allocazione delle risorse e la gestione del rischio è l'azzardo morale più grande della storia».
e ancora:
« di fatto oggi la situazione resta invariata ed è nel nostro interesse collettivo ridurre la dipendenza di così tante famiglie e aziende da così poche istituzioni che si lanciano in operazioni altamente rischiose. Il caso per una revisione della struttura delle banche è molto forte».
e ancora:
«È difficile conciliare il fatto che vi siano istituzioni troppo grandi per poter fallire con il fatto che operino nel settore privato».
Insomma bacchettate sulle dita dei banchieri ed espresso desiderio di spezzettare le banche e di dividere la parte speculativa, da lasciare al suo ( presumibilmente) triste destino, da quella che finanzia famiglie ed imprese, da continuare a proteggere.
Come è possibile, direte voi che un banchiere centrale, proprio quello che ha realizzato il più grande salvataggio pubblico della storia ( almeno in proporzione al suo paese), quello che ha abbassato i tassi a zero, che ha reso popolare il "quantitative easing" ammetta, cosi esplicitamente, il fallimento della sua strategia ?
Magari vuole salvarsi l'anima, ( ma i banchieri ne avranno una?) al cospetto della Storia.
Magari non è trattenuto come il nostro Governatore Draghi, dal suo azionista di maggioranza.
E' infatti stata una sorpresa, almeno per me, scoprire che la Bank of England, privata dal 1694 e dintorni, è stata nazionalizzata nel 1946 ed è ancora pubblica, al contrario della Banca D'Italia che è, diciamola semplicisticamente, privata, ( più esattamente è un istituto di diritto pubblico a capitale privato) ed ha come azionisti di maggioranza la maggior parte delle principali banche, che cosi godono, più o meno direttamente, del privilegio detto "signoraggio."
Non stupisce che Draghi, pur preso da analoghe paure, ci vada molto, ma molto, ma molto, più cauto nelle sue affermazioni.
Ma passiamo alla seconda parte del post, il senso di un segno.
Vi ricorderete del mitico milione di posti di lavoro .
Beh, come dire...fatto !!
Ovviamente c'e' un piccolo segno, piccolissimo, un insignificante MENO davanti a quel milione ( abbondante).
Puro catastrofismo, certo.
Draghi, infatti fa il pompiere e parla di SOLO 650.000 posti di lavoro persi, nell'ultimo anno.
Considerando che per ogni lavoratore ci sono circa 2 persone e mezzo che dipedendono da lui stiamo parlando di una città come Roma o, nel migliore dei casi, come Torino, abitata da freschi disoccupati.
Il punto è che queste stime potrebbero essere ottimiste, visto che nell'ulltimo trimestre per cui abbiamo dati disponibili, il secondo del 2009, i posti di lavoro persi sono stati 378.000.
Se il trend continuasse arriveremo ben oltre il milione calcolato finora.
Esagerati?
Uh, beh, c'e' chi parla, l'avrete sentito, di oltre TRE milioni di disoccupati.
In pratica una intera regione Italiana, grande come la Lombardia, con famiglie disoccupate.
In questo contesto, ripeto per l'ennesima volta, parlare di ripresa non è solo ottuso e vergognoso.
E' offensivo.
Se poi parliamo di scudo fiscale...beh ecco...mi vengono i bordoni.
Meglio sperare che qualcuno cominci a chiedersi come uscirne.
Purtroppo, ainoi, non si perde il vizio ai proclami altisonanti, anzi si rilancia con questa storia del milione di posti di lavoro, sia pure riverniciati di verde, con il rischio di altre durissime batoste.
Fosse cosi facile...
Nel frattempo, nell'urgenza di reperire fondi, di non far scappare una spesa pubblica fuori controllo si taglia, si taglia e si taglia, perfino sulle famose opere infrastrutturali. Leggetevi, se avete voglia, i verbali della ottava commissione al Senato, dove si protesta, flebilmente, per i tagli "dissennati".
Chissà, forse è meglio così.
Oggi come oggi, con i guai che normalmente si combinano, il NON fare è già una buona notizia, purtroppo, purtroppissimo.
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