Marco Saba, autore di moneta nostra(1)
StampaLibera, 27 ottobre 2009
Marco Saba, studioso del Centro Studi Monetari, è autore di “Bankenstein”, “O la banca o la vita” e di “Moneta Nostra”, quest’ultimo in attesa di pubblicazione. Nicoletta Forcheri lo ha intervistato.
In Report di domenica scorsa, sul debito pubblico, il nodo del problema è stato affrontato?
La Gabanelli ha inquadrato il problema dal solito punto di vista e cioè che lo Stato per autofinanziarsi può unicamente aumentare le tasse o emettere nuovo debito nella forma di titoli di stato. E’ il tipico atteggiamento che dimentica che esiste anche l’emissione monetaria. Con il sistema attuale, lo Stato emette titoli del debito poi monetizzati dalle banche. Se lo Stato invece emettesse moneta sovrana com’erano i biglietti di Stato, non solo rimborserebbe il debito pubblico ma dimezzerebbe pure l’inflazione.
Ma dal punto di vista tecnico, gli esperti dicono che se lo Stato emette direttamente moneta, aumenta per l’appunto l’inflazione.
E’ un argomento pretestuoso. Al contrario, con l’emissione diretta di moneta si riduce di metà l’inflazione. Come? Emettendo direttamente moneta, lo Stato non avrebbe bisogno di stampare anche i titoli del debito che scomparendo dalla circolazione, dimezzerebbero effettivamente gli strumenti monetari disponibili. I titoli di stato aumentano infatti la massa monetaria perché sono sempre stati considerati uno strumento super liquido, come i contanti, dal mercato finanziario. E per di più fanno anche guadagnare: sono una rendita parassitaria.
Il meccanismo di produzione monetaria in cambio di titoli del debito pubblico è un trucco per privatizzare gli utili e socializzare le perdite dell’elite che si nasconde dietro ai proprietari delle grandi banche d’affari.
Ma c’è un’altra obiezione, di tipo politico: come può lo Stato emettere moneta visto i vincoli del Trattato di Maastricht e della politica monetaria europea?
Il Trattato UE non prevede in alcuna sua parte che gli Stati membri non possano emettere una moneta diversa dall’euro e a corso libero. Questo è particolarmente evidente nel caso della Gran Bretagna che, pur partecipando alla BCE, emette banconote in sterline.
Quanto ci costa questo giochetto dei titoli di Stato?
Tremonti l’ha detto a Report: dobbiamo emettere 500 miliardi di titoli del debito all’anno, un importo che cresce annualmente, con l’aumentare del debito pubblico, in modo apparentemente inarrestabile (si autoalimenta). Considerando che il costo cash per lo Stato del rinnovo del debito è del 5% del PIL (in contanti), significa che lo Stato deve pagare quest’anno circa 63 miliardi di euro prelevandoli dalle tasche dei cittadini: un vero e proprio pizzo..
Se la soluzione fosse così semplice, perché nessuno ci pensa?
Primo, perché oltre all’eliminazione dell’inflazione, si eliminerebbero anche le rendite dei cosiddetti “rentier”, che sono le cinquanta famiglie che da cento cinquant’anni tengono in scacco il paese. Secondo, perché chi elabora piani in tal senso si ritrova spesso con grossi problemi di salute (vedi Sharon).
Come mai in Cina la crisi non si fa sentire?
Sulla Cina, l’economista Fedele De Novellis dell’università di Genova dice a Report che il paese fa tutti gli investimenti necessari per la ripresa e l’economia del paese. Ma De Novellis non spiega che la Cina può fare questi investimenti senza debito grazie al signoraggio statale percepito sull’emissione monetaria che vale circa il 7% del PIL(2) mentre da noi il signoraggio privato sulle banconote in euro assorbe il 5% del PIL. Con una differenza per le entrate statali del 12% del PIL tra attivo e passivo, che ci condanna al debito e alla perdita costante di competitività rispetto alla Cina. Infatti sia la Banca centrale che le banche principali cinesi sono tutte controllate dallo Stato. Come in Iran, Corea del Nord e Cuba.
Iran, Corea del Nord e Cuba sono considerati paesi canaglia, come mai non la Cina?
Perché la Cina ha le bombe atomiche, gli altri paesi no. Quindi quando uno Stato cerca di dotarsi della bomba atomica, probabilmente è perché vuole la libertà di scegliersi la sua politica monetaria. Il caso italiano invece è una patologia a parte: abbiamo le atomiche ma non abbiamo capito la loro funzione…
Se capisco bene, la questione monetaria influenza i rapporti diplomatici e le scelte geopolitiche?
Si, dobbiamo tener presente che in questo momento stiamo assistendo a uno scontro tettonico tra la piattaforma economico-bancaria occidentale e quella islamica, mentre la Cina sta alla finestra a guardare e probabilmente, sgombrato il campo, nascerà lì il prossimo impero economico-bancario. Da questo punto di vista, i suoi partner naturali saranno Russia e Sud-America.
In cosa consiste lo scontro tettonico? Ufficialmente è uno scontro religioso tra islam e occidente ma in realtà verte sul mercato monetario e la concezione di far banca. Fondamentalmente, il sistema bancario occidentale si appropria sia del capitale sia degli interessi mentre la banca dell’islam si appropria solo del capitale, poiché gli interessi sono proibiti dalla shari’a. Inoltre un concetto che appare tanto rivoluzionario in Europa come quello di reddito di cittadinanza è già in vigore da anni in alcuni paesi arabi.
Quanto conta il petrodollaro in questo scontro? Saddam Hussein è stato catturato e ucciso perché aveva iniziato a vendere il petrolio in cambio di euro. In realtà petrodollaro significa l’obbligo di acquistare il petrolio in dollari, in particolare in titoli del debito USA, aumentandone artificialmente la domanda. Il giochetto di produrre titoli in eccesso è stato tirato al massimo e la Cina che sta dando segni di impazienza, con il controllo della sua politica monetaria sta conquistando sfere di influenza in concorrenza con l’Occidente.
Si può riassumere affermando che la tanto vantata competitività della Cina risiede solo in questo? Si, direi in modo prevalente. In realtà questo è il vero tabù. Infatti, è nell’interesse dell’elite occidentale dire che i cinesi riescono a fare prezzi bassi perché lavorano come schiavi, per non rivelare il trucco cinese dell’emissione monetaria diretta su mandato statale.
Se volessimo fare la stessa cosa che fa la Cina, saremmo in grado di proporre un modello concorrenziale sicuramente migliore perché da noi, almeno in teoria, esiste un controllo democratico dello Stato. Ma sarà difficile, in Italia, con l’élite attuale che presenta un coraggiogramma perfettamente piatto…
Intervista a cura di Nicoletta Forcheri
(1) Moneta Nostra si può scaricare dal sito
http://www.scribd.com/doc/
(2) Money Demand and the Potential of Seigniorage in China
Geneviève BOYREAU-DEBRAY (Banque mondiale)
http://publi.cerdi.org/ed/
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