Dr. Giovanni Battista Frescura
Consulente Tecnico *
Usura reale
Dicembre 2010
Si tratta della rielaborazione di alcuni paragrafi del libro “Usura ed anatocismo nelle operazioni di credito finanziario”, Edizioni LiberoReporter - 2010.
Molti sanno che le norme contro l’usura introdotte con la legge 108/96, prevedono che possano essere usurari gli “interessi” (1) di un prestito per supero del tasso soglia (usura oggettiva), alcuni sanno che gli interessi possono essere usurari anche solo per “sproporzione” rispetto al tasso medio, nei casi di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo (usura soggettiva), (2) ma ben pochi sanno che le stesse norme prevedono possano essere usurari anche “altri vantaggi”, dati o promessi in cambio di danaro e/o di “altre utilità” (3) e che possono essere usurari pure i “compensi che ... risultano comunque sproporzionati rispetto alle prestazioni di denaro” (art. 644, primo e terzo comma, c.p.).
In questi casi, cioè quando la promessa/dazione del soggetto passivo (l’usurato) oppure la controprestazione del soggetto attivo (l’usuraio) non consiste in danaro, ma in un bene diverso (altri vantaggi e/o altre utilità), si parla di “usura reale” .
Il caso più semplice di usura reale si ha nell’ipotesi in cui il corrispettivo del prestito di danaro (mutuo) non siano gli interessi, ma una res, una cosa, un bene mobile (4) o immobile, (5) di un valore sproporzionato rispetto al normale compenso per il capitale dato a mutuo (in questa fattispecie il capitale è sempre da restituire ed il bene viene ceduto in sostituzione del pagamento degli interessi).
In questo tipo di rapporti, l’accertamento dell’eventuale usura comporterà la conversione del bene ceduto in danaro, attraverso il procedimento di stima, per verificare se esiste o meno la sproporzione nel rapporto sinallagmantico (i diritti e gli obblighi reciproci).
Dopo aver trasformato in danaro il bene ceduto (con la stima), per un perito è semplice individuare il tasso annuo effettivo e globale [t(a)eg] del prestito e confrontarlo con i tassi medi/soglia di cui alla legge 108/96 (antiusura) del periodo in cui l’operazione ha avuto luogo.
L’usura reale può anche essere relativa al danaro pagato (il “compenso”) per dei servizi (le “altre utilità”) come, ad esempio, i canoni delle locazioni di beni immobili, le parcelle dei professionisti, i corrispettivi per polizze assicurative o per fideiussioni che potrebbero essere classificati come usurari, se “sproporzionati” (rispetto ai prezzi medi del mercato) e collegati a necessità economiche o finanziarie del fruitore del servizio. (6)
In questi casi di usura “reale” non pare però ipotizzabile la fattispecie dell’usura
“oggettiva”, (mancando il parametro legale del “tasso soglia”), mentre sembra più
facilmente realizzabile l’usura ”soggettiva” dove per l’appunto, oltre alla “sproporzione” con il costo medio del servizio, ha rilevanza soprattutto l’eventuale approfittamento delle “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” del conduttore o del cliente.
(7) Secondo la dottrina l’eventuale sproporzione del prezzo di un bene superfluo però non può rientrare nella fattispecie dell’usura, perché oltre al plusvalore della prestazione del soggetto attivo si deve logicamente valutare anche la mancanza di alternative per la vittima (non può certo essere tutelato chi accetta di pagare un canone di locazione sproporzionato per una vacanza in Costa Smeralda in agosto!). (8) Si avrà invece ancora riguardo all’approfittamento dello “stato di bisogno” del soggetto passivo dell’usura reale, nel caso si intenda far ricorso alla risoluzione del contratto per la lesione ultradimidium ex art. 1448 c.c..
Fino al 1996, nelle controversie civili per i prestiti con tassi eccessivi o per altri contratti con un corrispettivo “sproporzionato”, si guardava infatti a questa norma che presentava gli stessi elementi del previgente reato di usura pecuniaria, ma questo rimedio civilistico sembra ora essere solo un’ipotesi residuale. (9)
Una particolare fattispecie di usura reale in cui i “compensi” al prestatore di servizi (istituto di credito) sono sproporzionati rispetto alle “prestazioni di danaro” dell’utilizzatore (impresa) si verifica nel caso di molti rapporti di conto corrente bancario che hanno avuto inizio negli anni ‘80/90 ed i cui saldi periodici ricalcolati risultino essere notevolmente diversi, da quelli che appaiono negli estratti conto della banca, risultino cioè con saldi periodici a debito minori di quelli indicati oppure addirittura con saldi a credito (e non a debito) dopo il 1992, per la precedente illegale applicazione di“valute” (10) ed interessi “uso piazza”, (11) dopo il 2000 per l’illegale precedente applicazione dell’anatocismo (12) e dopo il 2009 per l’illegale precedente applicazione della commissione massimo scoperto. (13)
In questo caso, negli anni successivi al 1996, evidentemente si avrà un diverso utilizzo del fido o addirittura l’inutilizzo dello stesso e pertanto, nel primo caso, risulta che la banca abbia preteso interessi superiori a quelli “nominali” (se correttamente calcolati), mentre nel secondo, mancando addirittura l’elemento dell’“esposizione media”, necessario per procedere al calcolo del t(a)eg, (14) nell’apercredito (15) e nell’anticipo-sbf-sconto (16) , si configura per l’appunto la fattispecie dell’usura reale, a causa della vistosa sproporzione tra il servizio di affidamento fornito dalla banca (il tenere a disposizione una somma“liquida” (17) ed il corrispettivo (interessi “nominali” e cms) richiesto. Sottolineo che la banca è ben consapevole che le irregolarità pregresse (“uso piazza” ed “anatocismo” soprattutto) non rendevano “certo” (e tantomeno “esigibile” !) il saldo passivo indicato nei estratti conto. (18)
Ciononostante per anni sono stati fatti pagare al correntista (apparente debitore) interessi passivi irregolarmente calcolati, di norma addebitando tali interessi (usurari) sul conto corrente ed in caso di passaggio a sofferenza del saldo, chiedendo pure il pagamento con azioni giudiziarie esecutive, fondate su attestazioni ex art. 50 TUB palesemente dirette all’incasso di interessi usurari.
D’altro canto non venivano corrisposti gli interessi attivi sul saldo ricalcolato, derubando così l’impresa (correntista) due volte: pagava interessi passivi non dovuti e la banca non versava sul conto gli (eventuali) interessi attivi ad essa dovuti ! (19)
Dr. Gianni Frescura
Note:
1) Per interessi, nella normativa antiusura, si intende il corrispettivo complessivo del prestito, comprendente ogni commissione e remunerazione, come prevede l’art. 644 quarto comma c.p. e l’acronimo del corrispondente tasso annuale è il TAG (tasso annuo globale); il tasso che include sia gli interessi “effettivi” (che considerano anche la capitalizzazione) che quelli “globali” si denomina TEG e se rapportato ad anno, il suo acronimo sarà pertanto TAEG; gli interessi normalmente indicati nei contratti bancari sono quelli “nominali” il cui tasso è indifferente alla capitalizzazione periodica degli interessi maturati/scaduti.
2) Per un’ampia illustrazione delle due fattispecie mi permetto di rinviare a FRESCURA Usura ed anatocismo nelle operazioni di credito finanziario Edizioni LiberoReporter 2010 pp. 19 – 21.
3) Per “altra utilità” la magistratura di legittimità ritiene sia “tutto ciò che rappresenta un vantaggio per la persona, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale oggettivamente apprezzabile consistente tanto in un “dare” quanto in un “facere” ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal convincimento comune” (Cass. S.U. 11 maggio 1993 n. 2252).
4) Sono noti casi di usura nelle forniture di caffè ai bar (cfr. ad es. Repubblica ed. Roma 3 novembre 2010, L'usura nei chicchi di caffè: l'ultima trappola degli strozzini, di M. Lugli).
5) Spesso le “procure irrevocabili” a vendere un immobile mascherano una vera e propria vendita o una garanzia per un finanziamento (cfr. ad es. Corriere della sera 23 maggio 2003, Arrestato per usura avvocato di Rho, S. Santambrogio).
6) Cfr. CATANIA, Usura, profili penali e civili, Utet 2006 pp. 18 - 21, BONORA, L’usura Cedam 2007 p. 56, MAGRI, L’usura in “Trattato di diritto penale”, parte speciale, I delitti contro il patrimonio mediante frode. Tomo II, Cedam 2007 p. 40 - 43, NAVAZIO, Le usure - Mercato illecito del danaro e tutela delle vittime, Cacucci 2008 p. 156 e SPINA, L’usura Cedam 2008 p. 75, p. 141.
7) Cfr. NAVAZIO, Le usure cit. p. 142 secondo la quale, per il divieto di analogia nell’interpretazione in malam partem, non si può far riferimento a canoni o tariffe non fissate in appositi decreti ministeriali; per CAPOTI, Il delitto di usura "bancaria" in http://paduaresearch.cab.unipd.it 2010 pp. 88 – 93, stante la difficoltà di individuare sproporzioni contrattuali connesse con le difficoltà economiche o finanziarie, la fattispecie dell’usura reale è praticamente inapplicabile.
8) Cfr. MAGRI, L’ usura cit. p. 41.
9) Sul tema vedi in particolare PAGLIUSO, Disciplina dell’usura e rescissione del contratto, Rubettino 2003.
10) Le banche effettuavano, fino al 2009 gli addebiti e gli accrediti delle singole operazioni sul c/c con valute antergate o postergate rispetto all’effettivo giorno del pagamento o dell’incasso,basandosi su indeterminati “usi piazza”, dal 1993 in violazione dell’art. 120 del Tub che prevede che gli interessi, su alcune tipologie di versamenti, siano conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento e siano dovuti fino a quello del prelevamento; solo l’art. 2 della legge n. 102/09 ha definitivamente regolato (dal 2010) l’applicazione dei giorni di valuta ai versamenti ed ai prelevamenti in conto corrente.
11) Le banche fino agli anni ’90 calcolavano gli interessi con il riferimento al tasso “uso piazza”, senza cioè alcuna preventiva approvazione degli stessi, in violazione dell’art. 1284 c.c. (secondo cui gli interessi in misura ultra-legale devono necessariamente essere determinati e previsti per iscritto). La giurisprudenza di legittimità, in forza della citata norma, considera nulle le clausole contrattuali che determinano la misura del tasso di interesse in modo generico e “de relato”, con riferimento agli usi o alle N.U.B.; in forza del disposto dell’art. 1421 c.c. detta nullità ha carattere assoluto e può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass. n. 13739/03 e negli stessi termini, a testimonianza di un orientamento costante, anche Cass. n. 4093/05 e Cass. n. 10376/06).
12) Fino al 1999 la pratica della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi era ritenuta legittima, ma in quell’anno è avvenuta una rivoluzione nell’interpretazione delle norme sul calcolo degli interessi bancari: con una raffica di quattro sentenze (n. 2374 del 16 marzo 1999, n. 3096 del 30 marzo 1999, n. 3845 del 17 aprile 1999 confermate dalla n. 12507 dell’11 novembre 1999) la Cassazione ha stabilito che l‘uso bancario di inserire trimestralmente gli interessi a debito nel saldo a debito (capitalizzazione), in modo da calcolare anche su queste somme gli interessi (anatocismo) non era un uso “normativo”, come la stessa Corte aveva sostenuto nel ventennio precedente, ma si trattava di un uso “contrattuale” e in quanto tale, non poteva derogare al divieto di anatocismo previsto, in via generale dall‘art. 1283 c.c.; questa svolta è stata confermata da Cass. S.U. civili – sentenza 7 ottobre - 4 novembre 2004, n. 21095.
13) La “commissione di massimo scoperto” (cms) contenuta nei contratti bancari, così denominata e senza altra specificazione, secondo alcuni interpreti potrebbe ritenersi sorretta da causa lecita solo in relazione allo scoperto di conto e secondo altri si tratta invece di una commissione priva di causa e in quanto tale nulla; è certo che sulla cms c’è sempre stata scarsa chiarezza fino al 2009 (anno in cui è stata approvata una specifica disciplina cfr. art. 2/bis legge 2/2009), perché la giurisprudenza (Cass. civ. sentenza n. 870/2006) riteneva che la cms fosse dovuta per le somme messe a disposizione (anche se non utilizzate), mentre la Banca d'Italia (Istruzioni” del 2001) la riteneva dovuta solamente per le somme utilizzate oltre il fido (si aggiunge al corrispettivo degli interessi). Anche la cms però ricade nel divieto imperativo di anatocismo, per evidente identità di ratio con gli interessi corrispettivi e pertanto è vietata sua capitalizzazione trimestrale.
14) Il tasso da considerare ai fini della legge 108/96 viene denominato della Banca d’Italia semplicemente TEG (acronimo di “tasso effettivo globale”), pur essendo un tasso che va rapportato al periodo di un anno e pertanto in questo testo si usa l’acronimo “t(a)eg”. Il motivo dell’uso dell’acronimo “TEG”, nella normativa antiusura in vece di TAEG, risale alla necessità di non confonderlo con l’acronimo “TAEG”, cioè con il “tasso annuo effettivo globale” previsto dalla normativa sul credito al consumo (cfr. art. 122 Tub), la cui definizione, data dall’art. 2 del dm 8 luglio 1992 (“tasso che rende uguale, su base annua, la somma del valore attuale di tutti gli importi che compongono il finanziamento erogato dal creditore alla somma del valore attuale di tutte le rate di rimborso”), non si adatta a tutti casi di finanziamento soggetti alle norme antiusura, come ad esempio nell’apertura di credito dove il rimborso del prestito non si effettua con rate periodiche (come nel mutuo), ma con versamenti discontinui.
15) Rientrano in tale categoria le operazioni regolate in conto corrente in base alle quali l'intermediario si obbliga a tenere a disposizione del cliente una somma di denaro per un dato periodo di tempo ovvero a tempo indeterminato e il cliente ha facoltà di ripristinare le disponibilità. (Istruzioni Banca d’Italia, punto B1 “Operazioni incluse”, cat.1).
16) Rientrano in questa categoria i finanziamenti a valere su effetti, altri titoli di credito e documenti s.b.f., le operazioni di finanziamento poste in essere sulla base di un contratto di cessione del credito ex art. 1260 cod. civ. e le operazioni di sconto di portafoglio commerciale. Tali operazioni rientrano nella categoria anche quando sono contabilmente gestite sul conto corrente ordinario. (Istruzioni Banca d’Italia, punto B1 “Operazioni incluse”, cat.2).
17) Tra l’altro moltissimi ignorano che le banche possono concedere affidamenti anche in assenza di un corrispondente deposito di liquidi, per effetto della cosiddetta “riserva frazionaria” cioè della percentuale (variabile negli ultimi anni dal 2 all’8%) dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili, mentre il restante ammontare può essere concesso in prestiti fittizi, su cui vedi in internet innumerevoli riferimenti (si può iniziare da wikipedia alla relativa voce); sulla questione specifica della rierva frazionaria nei c/c, cfr. Bancopoli: conti correnti, facciamo il punto - [Traduzione a cura di Marco Saba delle prime 20 pagg. di DE SOTO “Money, Bank Credit and Economic Cycles” Mises Institute, Auburn (Alabama- USA) 2006] in http://studimonetari.org maggio 2008.
18) La questione delle irregolarità relative alle “valute”, agli interessi “uso piazza”, all’anatocismo (capitalizzazione trimestrale) ed alla commissione di massimo scoperto sono ben note nell’ambiente bancario.
19) Per questo comportamento (limitatamente all’applicazione di interessi ultralegali per “uso piazza”) il Forum antiusura sta presentando presso tutte le Procure d’Italia una denuncia per “associazione a delinquere” nei confronti dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI), cfr. Comunicato stampa del 21 novembre 2010.
domenica 5 dicembre 2010
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