venerdì 24 dicembre 2010

Storia del pensiero economico e immaginario capitalista

Storia del pensiero economico e immaginario capitalista

di Damiano Mazzotti (sito), AgoraVox, venerdì 24 dicembre 2010

“L’invenzione dell’economia” è una raccolta di alcuni dei saggi più significativi del famoso economista francese Serge Latouche (www.bollatiboringhieri.it, 2010).

“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtù e conoscenza”. (Dante Alighieri, Inferno)

“Economia di tempo, in questo si risolve in ultima istanza ogni economia”. (Karl Marx)

“L’amicizia fondata sugli affari è meglio di affari fondati sull’amicizia” . (John D. Rockfeller J.)

Storia del pensiero economico e immaginario capitalista

Latouche è il discusso teorico della decrescita e in questo libro emergono le sue predisposizioni storiche, antropologiche e filosofiche. Perciò chi leggerà questo saggio sarà in grado di attuare quel decentramento cognitivo necessario per garantire il superamento dell’etnocentrismo occidentale e per raggiungere delle eventuali ispirazioni creative. Infatti “l’esperienza ci ha insegnato in modo severo che l’eclettismo nella scienza economica non è tanto qualcosa che si desideri, quanto una necessità” (P. A. Samuelson). E anche un pensatore polivalente come Marx ha sempre relativizzato e “problematizzato senza tregua le proprie scoperte” (Diego Fusaro, Bentornato Marx!, 2009, www.filosofico.net). Anche per questo motivo Marx è stato un grande filosofo della libertà molto evitato, trascurato, sottovalutato e travisato.

Infatti Marx ha affermato che non ci sarà libertà finché gli uomini saranno costretti a vendere la propria forza-lavoro. Probabilmente la vera libertà potrebbe essere rappresentata dal reddito di cittadinanza, che nei territori più criminogeni potrebbe anche avere dei notevoli effetti preventivi contro la criminalità, che carica dei costi molto elevati sulla società (per i danni, per le spese legali, per la detenzione e in Italia anche per i versamenti pensionistici dovuti per legge nei confronti dei carcerati). Riservando il reddito di cittadinanza di 800 euro ai giovani dai 18 ai 30 anni capaci di rimanere incensurati, si avrebbero dei notevoli risparmi finali per le casse dello Stato, che così facendo potrebbe vincere in maniera rapida e incruenta la sua guerra contro la malavita al Sud.

Questo genere di operazione sarebbe un investimento molto più produttivo e notevolmente inferiore, rispetto al foraggiare l’attività di banche che pensano solo a speculare su titoli pubblici e privati, sulla debolezza degli stati e non finanziano la ricerca e lo sviluppo. Infatti la crisi di oggi è per certi versi molto simile a quella degli anni trenta, dove il potere di acquisto delle masse era sprofondato sotto una soglia minima e aveva interrotto il ciclo industriale. Così le banche, le aziende e “anche le più perfette istituzioni democratiche non sono migliori delle persone che agiscono in loro nome” (Albert Einstein).

Comunque per provare ad avviare delle riflessioni significative e produttive occorre esaminare le regole semantiche, le più invisibili e le più difficili da comprendere, poiché originano un “sistema autoreferenziale” dell’economia che condiziona e indottrina quasi tutte le attività umane. Pensiamo alle comunicazioni del marketing che ci influenzano più o meno inconsciamente con i simboli, le forme, i colori, gli eventi, i testimonial e il “product placement” nei film e in tv, fino ad arrivare al punto che molti adolescenti sono disposti a lavorare gratis per le multinazionali come consulenti (Simona Ironico, Come i bambini diventano consumatori, 2010). Molte marche "sono simili alle star, e lavorare per loro avvicina i teenager allo status di star, li rende membri del’entourage dei divi” (Alissa Quart, Generazione R. I giovani e l’ossessione del marchio, 2003).

D’altra parte bisogna poi considerare che l’economia è sia l’oggetto che si studia, sia tutte le attività inerenti agli studi economici. E in certo senso si può affermare che il lavoro come dovere è un’invenzione della borghesia utilizzata per screditare l’aristocrazia e per sfruttare il proletariato. Ancora oggi vige il detto “Chi non lavora non mangia”, ma dato che le macchine, i computer e i robot lavorano sempre meglio e di più, se da domani per troppi uomini non c’è da lavorare cosa possiamo fare per mangiare?

Secondo Latouche è meglio adottare il punto di vista di Emile Benveniste: “Quando si crede che le nozioni economiche siano nate da bisogni di ordine materiale di cui era necessario il soddisfacimento, e che i termini che rendono queste nozioni non possano che avere un senso materiale, si commette un grande errore. Tutto ciò che si riferisce a nozioni economiche è legato a rappresentazioni molto più vaste che chiamano in causa l’insieme delle relazioni umane e delle relazioni con le divinità”, e a fenomeni paranormali come “la mano invisibile” ed il libero mercato.

Proviamo a pensare al monetarismo e al legame tra moneta e denaro che ancora oggi garantisce i privilegi del signoraggio americano, degli speculatori delle borse e dei banchieri. Sarebbe molto più vantaggioso un moderno sistema creditizio progettato per premiare la ricerca e lo sviluppo delle aziende, e per creare infrastrutture economiche, ma purtroppo “Il mondo non è governato dall'alto in modo tale da far coincidere sempre l'interesse privato con quello sociale; né è amministrato quaggiù in modo tale che i due interessi coincidano nella pratica” (J. M. Keynes, 1926).

Forse il problema centrale dell’attuale economia è quello di giungere alla giusta retribuzione delle attività umane, poiché ancora oggi il “concetto di salario non rinvia alla remunerazione dell’attività concreta degli operai ma al prezzo di un fattore di produzione” (p. 22), spesso senza una minima considerazione del rendimento. E questo avviene poiché ci sono troppe bocche da sfamare in giro che entrano più o meno indirettamente in concorrenza spietata a livello globale (dalla Svezia al Sudafrica, dal Brasile alla Cina). Ma il capitalismo di oggi non sopravvivrà se continuerà a pagare gli operai e i contadini soltanto quel tanto che basta per farli continuare a lavorare, un po’ come si fa mettendo il carburante nelle auto.

Ad esempio, “ogni volta che comperiamo una banana il 45 per cento di ciò che paghiamo va al rivenditore, il 18 per cento all'importatore, il 19 per cento viene assorbito dai costi di trasporto, mentre alla compagnia che controlla la piantagione spetta circa il 15 per cento”. Al contadino, a colui che ha lavorato la terra e che ha curato la crescita del frutto, resta meno del 3 per cento: una miseria. Di sicuro c'è qualcosa che non va in un modello così iniquo di distribuzione, che non riguarda solo i beni alimentari (Raj Patel, Il valore delle cose, 2010). E quando i contadini falliranno o si ribelleranno, loro continueranno a trovare qualcosa da mangiare, ma molta altra gente se la vedrà molto male. La peste finanziaria impedirà di realizzare i raccolti nei campi e la vita bancaria.

D’altra parte oggigiorno gli operatori finanziari ingannano miliardi di persone e sé stessi: “Non sono i modelli creati dai matematici per costruire strumenti finanziari sempre più complessi ad aver trascinato il mondo nel baratro, la responsabilità è di chi li ha usati in modo avido e irrazionale” John Forbes Nash (premio Nobel per l’Economia). Anche nella testimonianza di un operatore finanziario americano si può riconoscere il grande limite delle attività finanziarie: “Non avevamo dubbi, non discutevamo e non dialogavamo mai, non pensavamo che potesse esistere un modo migliore o diverso di fare le cose. Io alla fine penso che quello è stato il grande errore che ci ha fatto precipitare tutti: non avevamo mai coltivato il dubbio”. Molte teorie economiche sono ripiene di dogmi molto pericolosi e gran parte delle teorie economiche ignorano la storia, tranne quelle che si occupano in modo specifico dello sviluppo, della moneta e delle crisi finanziarie.

I dirigenti dell’Onu dovrebbero provare a creare dei gruppi di pressione per agire sui presidenti delle diverse nazioni, per uniformare i periodi di ferie e per offrire 15 giorni in più di vacanza a tutti i lavoratori dei paesi aderenti al WTO. Il turismo rappresenta un consumo illimitato e permette di ridistribuire le ricchezze in base alle diverse disponibilità (il turista ricco di un paese ricco spenderà molto di più di un turista più povero di un paese più povero). Oppure si potrebbe istituire il primo giorno di ogni mese come una giornata festiva mondiale da dedicare al consumo della cultura. Infatti nelle società più moderne, innovative e ricche si valorizzano i talenti e le individualità, poiché si creano le condizioni per la crescita intellettuale e morale degli individui, in quanto “il libero sviluppo della personalità di ognuno dipende dalla realizzazione della libertà di tutte le persone” (J. Habermas; Karl Marx).

Inoltre nei prossimi anni capiremo se la privatizzazione della natura, l’economia “debitalista” e la finanza illusionista possono essere ecologicamente e socialmente sostenibili. Però già nei prossimi mesi capiremo se il capitalismo finanziario fondato sullo sviluppo del debito può essere monetariamente sostenibile. Anche se la disoccupazione può fare molto comodo agli imprenditori: la “disciplina delle fabbriche” e la “stabilità politica” sono infatti garantite dalla possibilità del licenziamento e dal fatto che non sarà facile trovare un altro lavoro (Michail Kalecki, 1943).

Del resto l’ideologia del libero mercato ha creato un’aridità morale personale e sociale molto preoccupante. Si è sviluppata una civiltà ipermoderna centrata sul turbocapitalismo e sul turbogodimento che idolatra il presente trasmutando l’uomo in un essere atemporale senza visione del futuro e senza inconscio: “l’uomo ridotto all’efficienza inumana della macchina, al suo funzionamento automatico, privo di desiderio” (Massimo Recalcati, L’uomo senza inconscio, 2010).

Come tutti sanno, la specie umana è molto adattabile e gli individui sono capaci di abituarsi alle cose peggiori e anche ai fenomeni molto dannosi per la salute come l’inquinamento e l’eccessiva densità abitativa (lo stress uccide molto lentamente), oppure come la progressiva mercificazione senza limiti delle emozioni, dei pensieri e delle attività umane. E in ogni luogo e in ogni tempo vivere “la povertà è come vivere in prigione, come vivere in catene, aspettando di essere liberi (R. K. Narayan, scrittore indiano).

Da un altro punto di vista si può affermare “che gli eventi economici contendano agli eventi politici l’importanza storica, che il passaggio dalla caccia alla coltivazione del terreno (Rivoluzione agricola) e dalla produzione domestica al sistema di fabbrica (Rivoluzione industriale) abbiano la stessa importanza della Rivoluzione francese [nata anche grazie alla carestia innescata dall’eruzione di un vulcano islandese] o della rivoluzione americana. I grandi eventi politici sono sovente il prodotto di fattori economici” (Larry Allen, Il sistema finanziario globale dal 1750 a oggi).

In conclusione si può affermare che “Il costume, l’interesse e la passione guidano la maggioranza degli uomini, non la ragione” (La Rochefoucauld). Dopotutto “L’amor proprio è l’amor di sé, e di ogni cosa per sé. Per ciò gli uomini adorano se stessi e si farebbero tiranni sugli altri se la fortuna ne desse loro i mezzi” (Berlusconi è l’esempio più rappresentativo). E dato che “l’amor proprio è la chiave di tutti gli enigmi umani” (La Rochefoucald), teniamo sempre presente uno dei più profondi ammonimenti di Nietzsche: “Il deserto cresce… guai a colui che rinchiude i deserti dentro di sé!”.

Infine chiudo questa serie di riflessioni con il punto di vista antropologico di Claude Lévi-Strauss: “Il mondo ha avuto inizio senza l’uomo e si concluderà senza di lui. Le istituzioni e i costumi, che io avrò impiegato la vita a catalogare e comprendere, sono un’efflorescenza passeggera d’una creazione rispetto alla quale non possiedono alcun senso, se non fosse quello di consentire all’umanità di svolgervi un ruolo” (Tristi tropici, 1955).

Serge Latouche è specialista dei rapporti economici e culturali Nord-Sud, e professore di Scienze Economiche presso l’Università di Paris-Sud. Negli ultimi anni vent’anni ha pubblicato molti saggi sulla decrescita: “L’occidentalizzazione del mondo” (1992), “Come sopravvivere allo sviluppo” (2005), “Breve trattato sulla decrescita serena” (2008), “Sortilegi. Racconti africani” (2008), ecc.

P. S. Se la democrazia dice che la maggioranza ha sempre la forza della ragione e se la scienza afferma che la ragione può appartenere anche a una sola persona, in alcuni casi e non per sempre, cosa può fare l’economia?

3 commenti:

  1. Con il reddito di cittadinanza chi sarebbe il fesso che vorrebbe lavorare? Io se fossi un ragazzo, con in tasca 1000 euro al mese farei il fancazzista. Cordialmente.

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  2. Meno male che, appunto, invece di essere un ragazzo, sei il rappresentante di una razza in via di estinzione (vedere i dati della crescita demografica italiana).

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  3. Con il reddito di cittadinanza e di consumo io penso che invece gli imprenditori sarebbero costretti a pagare di più quasi tutti e soprattutto i più bravi... e i meno bravi la finirebbero di fare dei danni e di far perdere tempo agli altri... e molti imbecilli eviterebbero di fare danni in politica facendo finta di guadagnarsi la pagnotta...

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