La proposta Liberiamoci dallo strapotere insostenibile dei banchieri
di Redazione
O adesso o mai più. Che cosa aspettiamo a liberarci della sovranità dei banchieri, della rete fittissima dei loro interessi con i quali ci hanno avvolto stritolandoci? Perfino Angela Merkel ha perso il controllo, di fronte alla catastrofe finanziaria di questi giorni, e ha denunciato ad alta voce quello che qualcuno si azzardava appena a pensare dentro di sé: «I mercati stanno avviando una battaglia contro i politici». Nessuno, però, ha osato commentare quest’affermazione, di per sé esplosiva e destabilizzante; ma soprattutto incomprensibile per la maggioranza dei cittadini. Incomprensibile perché ci hanno sempre lasciato credere che fossero i politici a detenere il massimo potere. Invece sono i banchieri, giacché fabbricano la moneta, mentre i politici sono loro soci negli interessi, ossia nel prezzo, fissato dai banchieri stessi, che paghiamo per farci «prestare» il denaro (il famoso «debito pubblico»). A questo si riferisce dunque la Merkel: è scoppiato un conflitto fra soci, una battaglia fra banchieri e politici, battaglia che è stata combattuta distruggendo in poche ore i nostri risparmi (le Borse europee hanno perso 260 miliardi in tre sedute) e della quale sicuramente abbiamo visto soltanto il primo atto, ma che deve indurci a togliere immediatamente le armi, ossia i nostri soldi, dalle mani dei combattenti.
Come dicevamo, perciò, è giunto il momento per i popoli di ribellarsi a una situazione che, se non fosse così drammatica, si potrebbe definire surreale. È, infatti, talmente assurdo che siano i banchieri a creare la moneta e a «prestarcela», che non c’è nessuna spiegazione logica, e tanto meno storica o economica, che possa giustificare una dipendenza del genere. La Costituzione italiana parla chiaro: la «sovranità» appartiene al popolo, ed è potere esclusivo del sovrano battere moneta. È ovvio, poi, che siamo noi a dare valore al denaro nel momento stesso in cui lo accettiamo e lo mettiamo in circolazione. Se fino ad oggi i politici si sono associati ai banchieri, delegando loro il potere di creare il denaro e di «prestarlo» allo Stato, riducendoci così tutti quanti a «debitori», è giunta l’ora di smetterla. È chiaro a tutti che la libertà, l’indipendenza di cui ci vantiamo e che i nostri politici esaltano ogni giorno come nostra massima conquista, sono e rimarranno sempre un’illusione fino a quando saranno i banchieri, i veri padroni degli Stati.
Naturalmente è stato l’eccesso d’ingordigia di banchieri ed economisti (trasformatisi in leader politici com’è successo in Italia con i vari Prodi, Ciampi, Amato) a inventare e a imporre, con l’unificazione europea, quella tanto celebrata moneta unica che oggi ha fatto deflagrare il sistema. La maggior parte delle valute dei singoli Stati erano più deboli del marco tedesco, preso come punto di riferimento per l’euro, e il meccanismo dei vasi comunicanti ha fatto il resto. Ci hanno predicato per anni che l’ingresso nell’euro era l’unica salvezza dal possibile «default», che l’appartenenza all’eurozona sarebbe stata un sicuro paracadute, ma non esiste nessun caso in letteratura che dimostri come legarsi a una valuta forte che protegga gli Stati dall’insolvenza. Per giunta avevamo sotto gli occhi il disastro dell’Argentina, provocato proprio dall’essersi legata alla forza del dollaro. Fatto sta che lo spettro dell’insolvenza aleggia su molti paesi dell’euro proprio perché sono entrati nell’euro. A questo proposito, anzi, sarà bene che nessuno si faccia illusioni: né la Grecia né nessun altro dei Paesi che fossero costretti a ricorrere a un esoso prestito dell’Ue, sarà mai in grado di restituirlo, per cui sarà sottoposto in eterno ai «brutali» sacrifici richiesti per concederlo.
È questo uno dei motivi più pressanti che devono indurci a cambiare del tutto il modello economico e il sistema finanziario sul quale siamo fondati. Riappropriarsi della sovranità monetaria significa alleggerire di gran parte del suo peso il debito pubblico che oggi ci impedisce qualsiasi volo e non comporta l’uscita dall’Unione Europea, ma soltanto la liberazione dagli assurdi vincoli del trattato di Maastricht.
O adesso o mai più. Che cosa aspettiamo a liberarci della sovranità dei banchieri, della rete fittissima dei loro interessi con i quali ci hanno avvolto stritolandoci? Perfino Angela Merkel ha perso il controllo, di fronte alla catastrofe finanziaria di questi giorni, e ha denunciato ad alta voce quello che qualcuno si azzardava appena a pensare dentro di sé: «I mercati stanno avviando una battaglia contro i politici». Nessuno, però, ha osato commentare quest’affermazione, di per sé esplosiva e destabilizzante; ma soprattutto incomprensibile per la maggioranza dei cittadini. Incomprensibile perché ci hanno sempre lasciato credere che fossero i politici a detenere il massimo potere. Invece sono i banchieri, giacché fabbricano la moneta, mentre i politici sono loro soci negli interessi, ossia nel prezzo, fissato dai banchieri stessi, che paghiamo per farci «prestare» il denaro (il famoso «debito pubblico»). A questo si riferisce dunque la Merkel: è scoppiato un conflitto fra soci, una battaglia fra banchieri e politici, battaglia che è stata combattuta distruggendo in poche ore i nostri risparmi (le Borse europee hanno perso 260 miliardi in tre sedute) e della quale sicuramente abbiamo visto soltanto il primo atto, ma che deve indurci a togliere immediatamente le armi, ossia i nostri soldi, dalle mani dei combattenti.
Come dicevamo, perciò, è giunto il momento per i popoli di ribellarsi a una situazione che, se non fosse così drammatica, si potrebbe definire surreale. È, infatti, talmente assurdo che siano i banchieri a creare la moneta e a «prestarcela», che non c’è nessuna spiegazione logica, e tanto meno storica o economica, che possa giustificare una dipendenza del genere. La Costituzione italiana parla chiaro: la «sovranità» appartiene al popolo, ed è potere esclusivo del sovrano battere moneta. È ovvio, poi, che siamo noi a dare valore al denaro nel momento stesso in cui lo accettiamo e lo mettiamo in circolazione. Se fino ad oggi i politici si sono associati ai banchieri, delegando loro il potere di creare il denaro e di «prestarlo» allo Stato, riducendoci così tutti quanti a «debitori», è giunta l’ora di smetterla. È chiaro a tutti che la libertà, l’indipendenza di cui ci vantiamo e che i nostri politici esaltano ogni giorno come nostra massima conquista, sono e rimarranno sempre un’illusione fino a quando saranno i banchieri, i veri padroni degli Stati.
Naturalmente è stato l’eccesso d’ingordigia di banchieri ed economisti (trasformatisi in leader politici com’è successo in Italia con i vari Prodi, Ciampi, Amato) a inventare e a imporre, con l’unificazione europea, quella tanto celebrata moneta unica che oggi ha fatto deflagrare il sistema. La maggior parte delle valute dei singoli Stati erano più deboli del marco tedesco, preso come punto di riferimento per l’euro, e il meccanismo dei vasi comunicanti ha fatto il resto. Ci hanno predicato per anni che l’ingresso nell’euro era l’unica salvezza dal possibile «default», che l’appartenenza all’eurozona sarebbe stata un sicuro paracadute, ma non esiste nessun caso in letteratura che dimostri come legarsi a una valuta forte che protegga gli Stati dall’insolvenza. Per giunta avevamo sotto gli occhi il disastro dell’Argentina, provocato proprio dall’essersi legata alla forza del dollaro. Fatto sta che lo spettro dell’insolvenza aleggia su molti paesi dell’euro proprio perché sono entrati nell’euro. A questo proposito, anzi, sarà bene che nessuno si faccia illusioni: né la Grecia né nessun altro dei Paesi che fossero costretti a ricorrere a un esoso prestito dell’Ue, sarà mai in grado di restituirlo, per cui sarà sottoposto in eterno ai «brutali» sacrifici richiesti per concederlo.
È questo uno dei motivi più pressanti che devono indurci a cambiare del tutto il modello economico e il sistema finanziario sul quale siamo fondati. Riappropriarsi della sovranità monetaria significa alleggerire di gran parte del suo peso il debito pubblico che oggi ci impedisce qualsiasi volo e non comporta l’uscita dall’Unione Europea, ma soltanto la liberazione dagli assurdi vincoli del trattato di Maastricht.
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