"Seminario di studi sulle migrazioni africane”
Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes
Praia, Capo Verde, 20-26 febbraio 2010
LA MONETA COMPLEMENTARE COME STRUMENTO DI SVILUPPO LOCALE
di Nino Galloni, Inpdap
La maggiore occupazione produttiva di un territorio con reddito medio disponibile "basso" (1), può essere ottenuta promuovendo le attività economiche locali sganciandole dal contesto globale. Attualmente tali attività sono limitate e impedite dalla esistenza di un ritardo nella produttività media comparata (2) che rende scarsamente competitiva la gran parte dei beni e dei servizi approntabili su un territorio in apparente ritardo tecnologico; in realtà, il paragone con i beni di importazione viene effettuato in moneta internazionale, per cui appare evidente la convenienza ad importare riso, ad esempio, dalla Tailandia se esso costa al consumo meno di 70$ al quintale contro i 130 della produzione locale dell'Equatore (Congo Repubblica Democratica); ma la gran parte della popolazione (compresa quella che sarebbe abile a produrre il riso) non possiede i dollari. Il risultato, dunque, è che la valutazione comparativa in dollari spiazza la apparentemente meno competiva produzione locale, creando disoccupazione sul territorio ma senza consentire, per mancanza di reddito in valuta internazionale, una importazione capace di saziare la fame.
Una moneta emessa a livello locale, invece, senza velleità di conversione in dollari o in euro, consentirebbe di svincolarsi dai meccanismi e dalle logiche della globalizzazione, a patto che esistano sul territorio capacità produttive inespresse; ma, per la maggior parte dei Paesi africani, questa capacità esisteva ed esisterebbe ancor oggi, nei comparti dell'agroalimentare, dell'abbigliamento, della costruzione di alloggi tradizionali e dell'arredamento, dell'artigianato in generale, dei servizi educativi e di cura delle persone, entro certi limiti, della stessa Medicina. A ben vedere, si tratta proprio dei comparti essenziali ad una società e, per farli funzionare occorrerebbe solo rilevare: a) l'integrazione di tutta la filiera produttiva (infatti, non si possono importare sementi, ad esempio, e pagarle con moneta complementare); b) la presenza di adeguate capacità lavorative (in altre parole di disoccupati disponibili o, anche, di semioccupati interessati ad implementare il proprio reddito).
Una volta saturata la domanda interna di un determinato prodotto, se si realizza un'eccedenza (rispetto alle esigenze del territorio), quest'ultima può venir esportata e venduta in valuta internazionale, ma - ecco il punto - il suo prezzo sarà arbitrario e, quindi, in linea con la competizione internazionale; se i nuovi occupati si riveleranno in grado di produrre un sovrappiù, esso potrà esser ceduto contro quella valuta internazionale che è necessaria allo scopo di importare beni e servizi non producibili autonomamente all'interno del territorio.
Si possono anche ipotizzare esperienze pilota in aree più decentrate o nelle stesse isole, allo scopo di dimostrare la possibilità di sottrarsi all'attuale distruttivo modello economico globalizzante.
Ovviamente, molti prodotti internazionali è bene che rimangano nel loro ambito, ma sottrarre alla cosiddetta globalizzazione i comparti tradizionali (attraverso l'utilizzo di una doppia circolazione monetaria), appare una sfida alternativa all'inedia, al sottoconsumo, alla necessità di ricorrere sempre agli aiuti internazionali che, troppe volte, si rivelano inefficaci e diseducativi se non deleteri.
Un discorso a parte merita la Medicina, comparto che, in tutto il mondo, andrebbe sottratto non solo alla logica del mercato internazionale, ma anche a quella del mercato locale. Le attività di cura della salute, infatti, non andrebbero in alcun caso rapportate alla logica del profitto; ma, siccome hanno un costo, quest'ultimo potrebbe risultare utilmente gestito sostituendo - dove possibile a detta degli stessi medici - le cure di tipo occidentale con quelle tradizionali, esportando rimedi locali (soprattutto di origine vegetale) anche allo scopo di compensare il costo stesso dell'importazione di medicine frutto della più avanzata ricerca sanitaria in tutto il mondo; ovviamente, anche l'abbandono della logica del profitto in questo comparto dovrebbe determinare un sensibile risparmio nella somministrazione di farmaci inutili quanto pericolosi e di cure devastanti e non necessarie.
Note:
(1) Il reddito "pro capite" viene definito basso in termini assoluti perchè non consente il mantenimento delle condizioni vitali o di un normale standard di aspirazioni (benessere, crescita, educazione, salute, ecc.) della popolazione; in termini relativi quando esso è comunque insufficiente a raggiungere o mantenere gli standard riconosciuti come tali in una determinata area o Paese.
(2) L'adeguamento tecnologico ed organizzativo consente ad un produttore di raggiungere un livello di costi e/o di qualità uguale o superiore a quello dei suoi concorrenti.
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secondo tè cosa si può fare per poter stare tutti bene?. non dico diventare tutti ricchi, ma stre più tranquilli economicamente. è mai possibile che siamo tutti cosi accecati davanti a questa catastrofe che ci sta annientando tutti piano piano....secondo mè in italia c'è ancora tanta classe media che se ne fotte di quelli che fanno fatica ad arrivare a fine mese....questi sono quelli che ci rovinano
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