giovedì 5 maggio 2011

Sull’Unificazione d’Italia

Sull’Unificazione d’Italia

di Savino Frigiola


ABRUZZOpress – N. 153 del 2 Maggio 2011

Dal 1650 in poi, a ben osservare, le guerre, le crisi economiche, compreso quella famosa del “29” e l’attuale, gli interventi armati contro i vari Stati sovrani ed altri simili sconvolgimenti, sono stati tutti sobillati od organizzati dalla cricca finanziaria-monetaria per conseguire i propri obbiettivi confacenti ai loro disegni (in queste situazioni l’unica cosa certa è l’aumento del debito per tutti, ovviamente a favore dei banchieri). Ultimamente con la scusa di riportare o meglio imporre la democrazia di comodo con le gloriose guerre di liberazione, anche per impadronirsi delle fonti energetiche e delle attività produttive delle varie Nazioni. In prima persona a favore dei mandanti o delle grandi multinazionali da loro possedute e controllate. Ciò avviene nei confronti delle aziende di loro interesse, mentre per le altre o per quelle appartenenti a settori già da loro posseduti, vengono lasciate fallire per impadronirsi delle relative quote di mercato così liberate.

Da troppo tempo a questa parte anche agli Stati è riservata la medesima terapia mediante la gestione del debito pubblico costruito essenzialmente con l’emissione monetaria, da “Loro” gestita in esclusiva. A ciò si deve anche la campagna piemontese per l'unità d'Italia, sponsorizzata e finanziata dalla Banca d'Inghilterra e dalla banca Rothschild, per conseguire essenzialmente due straordinari risultati: depredare e saccheggiare tutto l'oro ed i beni esistenti al sud (preda di guerra lasciata ai Savoia per risanare le vuote casse di stato) ed ancor più chiudere quattro banche d'emissione esistenti sul territorio italiano per farsene solo una. La campagna militare fu abilmente preceduta dalla frenetica attività delle logge segrete per instillare ai soggetti appartenenti ai vertici delle varie amministrazioni pubbliche il fervore del patriottismo nazionale per poter così contare sull’appoggio delle quinte colonne, così formate, all’interno dei vari Stati allora esistenti. Il tutto ovviamente per facilitare l’azione militare d’occupazione, esattamente come da noi avvenuto negli alti gradi militari nell’ultima guerra mondiale. I piemontesi fornirono il braccio armato coadiuvati dal capitano di ventura Garibaldi ed altri, ai quali, oltre ai finanziamenti pattuiti, fu fornita anche la copertura navale per lo sbarco in Sicilia dalla flotta inglese, senza la quale lo sbarco dei “mille” non si sarebbe potuto mai effettuare. Affiorano sempre più raccapriccianti particolari sulla ferocia profusa dagli invasori piemontesi per razziare al loro passaggio tutto ciò che era possibile asportare, non solo l’oro, ma anche industrie ed opifici, già all'avanguardia e fiorenti al sud, per trasferirli, dopo averli smantellati, al nord. Per impossessarsi dell'oro che prima nel Regno delle Due Sicilie circolava liberamente ed abbondantemente sul mercato, imposero la circolazione forzosa della carta moneta, da loro emessa, e rilasciata in contropartita all’oro che veniva ritirato. Per costringere i cittadini meridionali a privarsi dell'oro che tutti detenevano e volevano conservare, imposero sui territori l’asfittica circolazione monetaria, foriera di crisi economica e miseria, con le conseguenze ben note sul piano occupazionale.

Per compiere questa operazione, gli invasori piemontesi impiegarono oltre vent'anni gettando nella disperazione e miseria gran parte delle popolazioni meridionali, che da allora non si sono più riprese. Mentre le regioni del nord, pur nelle alterne vicende economiche, furono messe nelle condizioni di progredire, quelle del sud, con la scusa di debellare il brigantaggio che si opponeva alla razzia dei propri territori (gli attuali partigiani), furono soggette all’occupazione militare e mantenute al di sotto dell’umana sopravvivenza. Non fu casuale che proprio queste regioni prima floride e all'avanguardia europea per civiltà, innovazione, insediamenti industriali, ricerca, ed attività sociali, fornirono poi all'emigrazione italiana la fetta più consistente di cittadini in fuga dai propri territori pervasi dalla fame e dalla miseria. Tranne qualche parentesi del recente passato di maggior attenzione verso il sud, per intenderci quello delle grandi Opere Pubbliche e delle grandi bonifiche, finanziate con l’emissione monetaria diretta da parte dello Stato, non si è fatto molto a favore di quel territorio.

Nel secolo scorso quando si è dato vita alla Cassa del Mezzogiorno, si è fatto più che poco male: si sono volute bruciare le tappe spingendo l'insediamento delle aziende produttive in un territorio privo di infrastrutture, mai realizzate da nessuno, ma ancor peggio si è tollerato che i finanziamenti a fondo perduto erogati alle industrie del nord per insediarsi al sud, incassati gli incentivi, queste interrompessero ogni forma d’insediamento, lasciandosi alle spalle una scia di cattedrali nel deserto. Pertanto il grosso delle somme prelevate dal bilancio pubblico dello Stato di Tutti, che i nordisti lamentano di essere state distratte per il sud, sono solo transitate in quei territori per poi riconfluire nuovamente alle imprese del nord, aggiungendo alla beffa anche il danno per aver frustrato tante speranze che si erano generate in quelle popolazioni. Come se non bastasse, le attività del sud furono, ma lo è tuttora, pesantemente penalizzate dal sistema bancario che da sempre ha praticato sul territorio finanziamenti più striminziti e gravati d'interessi mediamente superiori di circa due punti rispetto al nord.

Ci troviamo nel bel mezzo della crisi economica costruita e realizzata dalle solite cupole bancarie e monetarie mediante la violenta de-monetizzazione del mercato su tutto il territorio nazionale.

I soliti cosìddetti economisti, quelli pagati per depistare, invece di proporre soluzioni monetarie capaci di ripristinare sul territorio la liquidità sottratta, indispensabile alla ripresa economica ed al sostegno delle attività sociali, insinuano che le sofferenze delle attività produttive principalmente localizzate al nord dipendono dai prelevamenti economici effettuati a loro danno a favore del sud, stimati in circa cinquanta miliardi annui. Ammesso che sia valida questa stima, giova ricordare che questa cifra è oggi (con i tassi all'1%, ma sono stati già alzati di un quarto di punto!...) circa la metà di quella che i banchieri ogni anno sottraggono allo Stato per il solo pagamento degli interessi passivi sull'artificioso debito pubblico. Per sviare il ruolo e la responsabilità dei privati banchieri d'emissione et similia all'interno della crisi (in Islanda ne hanno già messi sotto processo otto e gli altri sono fuggiti), questi economisti tutti in coro, al quale si aggiunge anche qualche trombone politico, cercano di spostare l'attenzione dell'opinione pubblica, specialmente quella degli imprenditori e dei lavoratori, sostenendo che la crisi economica sarà presto debellata con la realizzazione del federalismo fiscale ed il riassetto del sistema contributivo.

Basta possedere il normale buon senso per comprendere che una crisi così realizzata e costruita essenzialmente con la violenta demonetizzazione del mercato, non può essere sanata dal federalismo fiscale che lascia qualcosa in più a qualcuno per dare un po' meno ad un altro, poiché la circolazione monetaria resta identica ed insufficiente per tutti sull'intero mercato, come prima, con medesima contrazione dei consumi e con la stessa impossibilità di poter effettuare investimenti a sostegno dell'economia e dell'occupazione. Intanto mentre ci si trastulla con il federalismo, “Basilea 2” che ha imperversato indisturbata contro le attività produttive, viene sostituita con “Basilea 3” per imporre misure ancora più restrittive per il credito, a danno proprio delle partite IVA del “nord”, poiché più indebitate rispetto al sud. Indipendentemente che avvenga o meno il sobillato distacco, anche sotto l'aspetto economico non sussiste nessun vantaggio od interesse ne per il “nord” ne per il “sud” alla separazione delle due macro regioni poiché, le differenti caratteristiche e le diverse realtà economiche e territoriali finiscono per costituire sinergie ed opportunità positive per entrambe le zone: le industrie del nord potranno contare sulle commesse per realizzare le indispensabili infrastrutture al sud, premessa indispensabile per questi territori per poter iniziare a svilupparsi concretamente ed in forma continuativa. Ovviamente tutto ciò poggia sul presupposto di poter disporre dei necessari ed adeguati investimenti a bassissimo costo, come solo l'emissione monetaria diretta da parte dello Stato è in grado di poter realizzare e garantire, senza sottostare allo strangolo delle strutture monetarie private, per non creare nuovo debito pubblico ed aumento dei tassi.

Poiché il nostro Stato vanta nel campo dell’emissione monetaria diretta una positiva ed invidiabile esperienza centennale, occorre che il mondo della produzione e dei consumi, lasciati in balia dei banchieri, si coalizzino per costringere la Pubblica Amministrazione a riassumere il ruolo politico che le compete, a tutela degli interessi dei cittadini tutti, mediante la guida economica dell'intera Nazione che non può essere disgiunta da quella monetaria, sciaguratamente affidata alla “cupola” dei banchieri privati. Abbiamo constatato sin troppo amaramente ciò che accade quando si demandano queste prerogative ai famelici privati. E' opportuno smettere di non vedere che sono riusciti a convincere i politici a mettere i topi a guardia del formaggio. Poiché quando si hanno i topi in casa non si può guardare al colore dei gatti, e opportuno che tutte le Regioni, sia del nord che del sud, nell’interesse collettivo nazionale, contribuiscano a fornire i propri gatti, anche se dai colori più variegati, affinché si possa, con una azione comune realizzare la derattizzazione nella cassa dello Stato italiano, di proprietà di tutti i cittadini, sia del nord che del sud. Quando si sarà compiuta questa operazione si potrà festeggiare la vera unità d’Italia ed ancor più quella dei cittadini italiani, accumunati finalmente dagli stessi ideali che non possono essere disgiunti dagli stessi interessi economici, monetari e finanziari. S.F.


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