Giallo alla banca centrale di Pechino: governatore scomparso, forse fuggito
Zhou Xiaochuan, 62enne governatore della Banca centrale, stava per essere punito dal governo per un buco da 430 miliardi di dollari in investimenti sui bond dei fondi americani Ginnie Mae e Freddie Mac
Pechino - Voci, smentite, notizie attribuite alle fonti sbagliate, turbolenze sui mercati e una sparizione molto dubbia: il "caso Zhou Xiaochuan" è esploso nelle ultime ore, e possiede tutti gli ingredienti per diventare il giallo finanziario di fine estate.
Sparito il governatore cinese A partire dalle 10 del mattino di ieri, ora di Pechino, sul web cinese si diffonde come un virus la notizia della defezione di Zhou Xiaochuan, attribuita all’autorevole agenzia di stampa di Hong Kong Ming Pao: il 62enne governatore della Banca centrale cinese, sul punto di essere punito dal governo per un buco da 430 miliardi di dollari nelle riserve in valuta estera bruciati in investimenti sui bond dei fondi americani Ginnie Mae e Freddie Mac, sarebbe fuggito negli Stati Uniti. La notizia riporta anche un commento via Twitter attribuito a Donald Kohn, "vicepresidente della Federal Reserve e portavoce del Congresso USA", secondo il quale gli Stati Uniti sono pronti "a pubblicare i dettagli dei conti in Svizzera di circa 5mila funzionari cinesi se Zhou Xiaochuan verrà incarcerato", ma a questo punto le voci iniziano a presentare numerose incongruenze.
La smentita della notizia Il gruppo editoriale Ming Pao smentisce categoricamente la pubblicazione della notizia e chiede alla polizia di Hong Kong di indagare. Donald Kohn, vicepresidente della Fed, non può ricoprire contemporaneamente un ruolo nell’esecutivo come "portavoce del Congresso", carica peraltro inesistente, e anche la minaccia (smentita dall’interessato) di pubblicare i dettagli dei conti correnti elvetici dei famosi 5mila funzionari ha tutta l’aria di un bluff maldestro: come avrebbero fatto esattamente gli Stati Uniti a procurarsi questi dati? Attraverso un’operazione di pirateria informatica che equivarrebbe a un atto di guerra contro la Svizzera? E quale funzionario porterebbe all’estero i propri risparmi, evidentemente frutto di operazioni non proprio immacolate, senza avvalersi di una rete di prestanome difficilmente individuabili?
La stima degli analisti Molti analisti, inoltre, giudicano irrealistica la perdita di 430 miliardi di dollari in bond Ginnie Mae e Freddie Mac: i treasury bonds americani stanno andando molto meglio del mercato azionario USA; dollaro e yuan sono più o meno allo stesso livello di tasso di cambio dal luglio 2008 e una perdita valuta su valuta appare quindi altamente improbabile, senza contare che un buco di questo genere sulle riserve cinesi in valuta estera - stimate intorno ai 2500 miliardi di dollari- avrebbe effetti enormi sui mercati mondiali. Il governo cinese non ha commentato la notizia e fonti americane smentiscono che Zhou Xiaochuan sia sotto custodia Usa; e mentre le voci continuano a diffondersi l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo apre stamattina con un secco -2.09%.
Le ultime mosse di Xiaochuan Come in tutti i thriller che si rispettino, intanto, si cercano di ricostruire le ultime mosse di Zhou Xiaochuan, ed emerge a sorpresa un filone tutto italiano: tra le ultime persone ad averlo visto ieri, infatti, ci sono il ministro dei Servizi Finanziari giapponese Shozaburo Jimi (che ha confermato l’incontro) e l’ex ministro delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa (la cui presenza a Pechino in questi giorni è stata confermata). Forse allora la chiave di quella che di ora in ora appare sempre di più come una colossale montatura mediatica va ricercata nell’identikit dello "scomparso": nominato governatore della Banca centrale nel 2002, Zhou Xiaochuan sta terminando il suo ultimo mandato, che scadrà nel 2012 in coincidenza del ricambio del governo cinese.
Governatore con poteri limitati Molto stimato nel mondo, Zhou gode però di poteri tutto sommato limitati rispetto alle sue controparti straniere: la Banca centrale di Pechino non può muoversi autonomamente sulle politiche monetarie o valutarie e deve sottostare alle decisioni del Consiglio di Stato. Politicamente, Zhou viene considerato vicino alla cosiddetta "cricca di Shanghai", la fazione del Partito Comunista Cinese che ha come padre nobile l’ex presidente Jiang Zemin, coinvolta negli ultimi anni in numerosi scandali finanziari che sono andati a tutto vantaggio del gruppo di potere di Hu Jintao e Wen Jiabao. Nell’incredibile corsa al credito dell’anno scorso che, su impulso del governo, ha portato le banche cinesi ha erogare nuovi prestiti per 9590 miliardi di yuan (più di 600 miliardi di euro), Zhou si è distinto per i continui richiami alla moderazione, che hanno causato diversi mal di pancia tra i fautori della linea della "crescita minima all’8% ad ogni costo". Gli scontri interni per la successione a Zhou Xiaochuan, insomma, sono già iniziati, e la notizia non confermata della sua fuga potrebbe essere indifferentemente una bufala da web o una polpetta avvelenata messa in giro da chi avversa la sua linea economica. Ma, anche grazie all’assordante silenzio del governo, la domanda di queste ore non ha ancora trovato risposta: dov’è Zhou Xiaochuan?
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