Fine della storia?..
di Massimo Formica
La Quinta Stagione, agosto 9, 2010
Quello della FIAT, e del capitalismo reazionario che ne sostiene la linea, è un errore di metodo. Si vogliono guadagnare gli operai alla causa aziendale? Si vuole che essi considerino la propria fabbrica una “piccola patria”, con valori, tradizioni e riti opposti alle fabbriche concorrenti? Si vuole che gli operai scendano in guerra, come un esercito, contro le altre “aziende-patria” della globalizzazione? Se questo è l’ obiettivo, bisognerebbe rileggersi Rosa Luxemburg (in “Riforma sociale o rivoluzione?”): “Secondo Bernstein un crollo generale del capitalismo diventa sempre più improbabile a mano a mano che esso si sviluppa, perché da un lato il sistema capitalistico dimostra una sempre maggior capacità di adattamento e dall’altro la produzione si differenzia sempre di più. La capacità di adattamento del capitalismo secondo Bernstein si manifesta in primo luogo nella scomparsa delle crisi generali, grazie allo sviluppo del sistema creditizio, delle organizzazioni imprenditoriali e delle comunicazioni come pure del servizio di informazioni; in secondo luogo nella tenace sopravvivenza del ceto medio in seguito alla costante differenziazione delle branche di produzione e all’ascesa di larghi strati del proletariato nel ceto medio; in terzo luogo infine nel miglioramento della situazione economica e politica del proletariato in seguito alla lotta sindacale”. Nessuno di questi aspetti si verifica nella fase attuale dello sviluppo capitalista. Siamo nel pieno di una crisi generale, economica e finanziaria, nella quale il credito langue e le organizzazioni imprenditoriali perdono pezzi (vedi Fiat e Confindustria). La rete di comunicazione, che oggi corre sui bit, attenta al capitale industriale, quello che crea i posti di lavoro e mantiene l’ occupazione, e favorisce l’ attività lucrativa ed irresponsabile del trading. Il ceto medio si va impoverendo sempre di più e si appiattisce sul fondo della piramide sociale insieme all’ antagonista storico, il proletariato. La lotta sindacale è stigmatizzata e perseguita legalmente. A fronte di una situazione del genere, le aziende chiedono, a gran voce, la collaborazione operaia ed impiegatizia, per la generazione di un maggiore plusvalore (che si materializza solo nelle tasche di direttori di produzione, managers, amministratore delegato, proprietà ed azionisti) e, quotidianamente, ci spiegano la necessità di una nuova stagione delle relazioni industriali, che prevede la sospensione dei diritti e dei dettami costituzionali in materia di lavoro. Facciano attenzione. Se il “riformismo” di Bernstein langue, la “rivoluzione” di Rosa Luxemburg risorge: O si pensa davvero che la Storia termini in “Fabbrica Italia”?
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