IO LA PENSO COSI’. E VOI?
Il socialismo italiano non ha bisogno di Karl Marx (Benito Mussolini)
di Filippo Giannini
Poche volte nella storia dell’umanità, questa è stata ignobilmente truffata ed ingannata come sta avvenendo da settant’anni; e questo perché i così detti Poteri forti avendo vinto una guerra e accaparrandosi tutti i mezzi d’informazione, imposero una storia completamente diversa dalla realtà.
Benito Mussolini disse che il marcio non è nel sistema, ma è del sistema. Allora, se così è (e io son convinto che così è) si deve cambiare il sistema, non modificarlo. Si deve sostituirlo integralmente, perché il marcio, altrimenti, riaffiora immediatamente.
Ma come?
Mussolini, (sì, sempre lui) ci ha lasciato un’ampia letteratura in merito.
Il sistema attuale (quello marcio, perché nato da un seme marcio) proclama che il cittadino può avvalersi dell’alternanza, cioè può concedere, al termine di ogni legislatura il governo del Paese all’opposizione. È una bidonata: cambiare per far rimanere le cose come sono. In altre parole è come se un contadino ci invitasse a gustare le mele di un albero. Prima ci suggerisce di provare quelle che pendono dai rami di sinistra, poi, se non ci piacciono, ci propone quelle dei rami di destra. Ma l’albero è lo stesso: se non ci sono piaciute le mele che pendono a sinistra, non ci piaceranno quelle dei rami di destra. Per alternanza intendo cambiare albero: abbiamo provato l’albero di mele. Non ci sono piaciute. Proviamo l’albero di pere.
Premessa: i vincitori (illusi!) dell’ultima guerra, quelli dei diritti e della libertà (Luciano Violante), hanno concepito tre leggi liberticide, con le quali ci è vietato di esprimere chiaramente chi siamo. Per indicare chi siamo, chiamiamoci: “Noi”. Il lettore comprenderà perfettamente.
Dunque per “Noi”, se è vero che l’organizzazione della società dipende, innanzitutto dalla politica, è necessario che la politica controlli e diriga l’economia. Esattamente il contrario di come viene concepita la politica nel sistema vigente. Politica concepita e partorita dalla Resistenza e dai vincitori demoplutocratici del 1945.
Mussolini (avvalendosi dello “Stato etico” di Gentile) concepì uno Stato Corporativo: che altro non era se non lo sviluppo dei Punti programmatici espressi il 19 marzo 1919 con la fondazione dei Fasci di Combattimento avvalorati dagli studi di De Ambris e D’Annunzio, autori della Carta di Libertà del Carnaro.
Così, nel 1927, vide la luce la Carta del Lavoro, intesa a portare su uno stato di parità due tradizionali ed irriducibili antagonisti sociali: il capitale e il lavoro. Tutto ciò secondo un progetto di collaborazione e solidarietà che superava la filosofia materialistica (rovinosa e fallimentare) della lotta di classe di profilo marxiano. Coordinatore e controllore del nuovo sistema che operò molto bene durante il Ventennio: la Magistratura del Lavoro.
Il progetto va considerato valido ancora oggi.
Con lo Stato Corporativo il Lavoro assume una prevalenza primaria, assegnando ai lavoratori e alle varie competenze il compito di eleggere le proprie rappresentanze di categoria destinate a legiferare in Parlamento.
E i partiti politici?
Per i danni che questi arrecano, per la corruzione di cui sono portatori, meriterebbero di essere gettati in una discarica a cielo chiuso. Naturalmente l’autore di queste note si rende conto che un trapasso come quello indicato è impossibile: anche perché per realizzare il nuovo sistema sarebbe necessario disporre di quanto non disponiamo: soprattutto la possibilità di accedere a mezzi d’informazione adeguati. Altrimenti si rimane sul piano della fantasticheria e, addirittura, del vaneggiamento. Va aggiunto che siamo divisi e rancorosamente spezzettati. Infine, ma non ultimo, quegli uomini che dovevano essere gli epigoni di queste idee, le hanno tradite e rinnegate.
Per “Noi” i concetti liberaloidi di destra, centro, sinistra rimangono totalmente privi di senso. Chi scrive ritiene che fu un madornale errore quello compiuto dal Msi definirsi di Destra; soprattutto perché quelle idee non possono essere assolutamente di “Destra”.
Da un articolo di fondo un Segretario di partito ha scritto: "Bertinotti, in fondo, è umanamente simpatico. Molto più di Cossutta (…). Dov’è l’errore, l’errore grande del compagno Bertinotti? Sta, appunto, in quel compagno. Sta nel dire talvolta cose giuste e magari sacrosante, ma pretende di sostenerle sotto la bandiera rossa e all’insegna del comunismo. ". Così l’articolo continua: "Bertinotti dovrebbe anche capire che spesso egli difende acquisizioni e strutture ed esigenze che non appartengono alla storia del comunismo in quello che è stato il suo concreto realizzarsi". L’articolista conclude: "Quando difende, per esempio, lo Stato sociale, e quel poco che ne resta in Italia, lo sa o non lo sa, che difende lo Stato sociale per come lo realizzò in Italia nel Ventennio, il da lui odiatissimo fascismo?". Confermo: Stato Sociale voluto e attuato da Mussolini e da nessun altro! Stato Sociale non completato proprio perché i compagni e i loro alleati liberalcapitalisti ne ostacolarono il pieno compimento, al punto che, pur di fare la guerra al fascismo, si affiancarono ai più potenti eserciti del mondo capitalista e imperialista.
E i compagni ancora oggi si vantano di quella scelta, tanto che in una trasmissione televisiva Pinocchio, un compagno si è esaltato affermando: "Pur di abbattere il fascismo ci alleammo con la monarchia e Badoglio!". E i compagni in sala applaudirono. Che bravi!
Bernard Shaw nei primi anni Trenta profetizzò: "Le cose da Mussolini già fatte lo condurranno, prima o poi, ad un serio conflitto con il capitalismo". E così è stato.
Oggi, in piena rissa partitocratica il concetto di corporativismo è stato faziosamente distorto: lo si è voluto spacciare per rivendicazione di interessi particolari. Il Corporativismo mirava, invece, ad una finalità diametralmente opposta e fu il primo tentativo italiano di una programmazione unificatrice, di un superamento degli interessi particolari che proprio il sistema dei partiti difende subdolamente.
La Democrazia Corporativa, quella verso la quale l’Italia degli anni Venti e Trenta stava camminando è una strada tutta italiana, ma preclusa ai grassatori.
È nostro dovere riprendere quel cammino interrotto dalla violenza delle armi nel 1945. Il programma è rivoluzionario? Certamente. Perché non c’è rivoluzione più grande e ambiziosa di quella intesa a cambiare un sistema con un altro.
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