Tremonti: Geithner ha respinto un nuovo trattato di Bretton Woods
29 gennaio 2010 (MoviSol) - Dopo un lungo periodo di silenzio, il ministro dell'economia Giulio Tremonti ha ripreso esplicitamente la battaglia per la Nuova Bretton Woods. Secondo alcune indiscrezioni de Il Corriere della Sera, parlando al riservato Forum Ambrosetti il 26 gennaio avrebbe sviluppato il discorso tenuto in Cina lo scorso novembre, sottolineando l'importanza di stabilire "un trattato internazionale, un patto stipulato dai governi e dalla politica, non da banche e finanza".
In un'intervista concessa al quotidiano finanziario Il Sole 24 Ore il 17 gennaio, egli aveva rivelato che la sua controparte statunitense, Timothy Geithner, ha respinto la proposta di un trattato internazionale per una Nuova Bretton Woods perché esso coinvolgerebbe "i parlamenti".
Tremonti non aveva identificato Geithner per nome, ma ci aveva pensato l'intervistatore. "Quando un importante uomo politico (il segretario al Tesoro americano Timothy Geithner, ndr) dice che non è stato fatto un 'Trattato' perché questo avrebbe dovuto passare per le lungaggini dei «parlamenti» c'è l'espressione di una visione diversa dalla mia", aveva affermato Tremonti.
All'inizio della crisi, secondo Tremonti, "si sono confrontate due idee: l'idea politica di una nuova Bretton Woods e del legal standard contro l'idea tecnica dei Forum e dei Board [in riferimento al Global Stability Forum, poi divenuto Global Stability Board]. Finora la scena è stata occupata da questi ultimi strumenti, dai regolati che si presentavano come regolatori e da governi non ancora capaci di fare politica. Sono stati architettati prodotti di dubbia utilità, medicine scadute prima ancora di essere sperimentate. Quella che in Italia è stata presentata come una polemica personale [tra Tremonti e il capo del GSB Mario Draghi], era ed è in realtà la contrapposizione tra due visioni del mondo, tra due idee molto diverse sul 'che fare'".
Alla domanda se sia stato giusto usare i soldi pubblici per salvare le grandi banche private, Tremonti aveva risposto, tra l'altro: "Un'alternativa era certamente quella del «Chapter 11»: salvare la parte di finanza collegata all'economia reale, alle imprese e alle famiglie, e lasciare marcire gli asset marci. Francamente ho pensato e scritto che questa ipotesi dovesse essere oggetto di discussione".
Tremonti aveva anche difeso la scelta del governo italiano di aver evitato di fare "macelleria sociale" tagliando la spesa per sanità e pensioni, e suggerito di non rilanciare la fallita "Agenda di Lisbona" dell'UE, ma di riprendere l'approccio dell'Euratom, l'accordo del 1957 per lo sviluppo comune del nucleare civile tra Francia, Germania, Italia e Benelux, che rifletté l'approccio filo-produttivo delle nazioni europee prima che nascesse la Commissione Europea.
Il complicato rapporto di Timothy Geithner con gli organi costituzionali è stato messo alla prova il 27 gennaio, quando è comparso di fronte alla Commissione per le Riforme del Congresso per rispondere sul ruolo svolto nel salvataggio dell'AIG (cfr. Strategic Alert dell'EIR 3/2010). Messo alle strette da alcuni parlamentari, che gli hanno chiesto come mai, quando era capo della Federal Reserve di New York, egli abbia deciso di concerto col suo boss Ben Bernanke e col Segretario al Tesoro Hank Paulson, di rimborsare al 100% i crediti vantati da Goldman Sachs e altre banche di Wall Street, Geithner ha mentito spudoratamente. Il giorno in cui fu presa la decisione di salvare AIG, il 16 settembre 2008, Geithner fece nientemeno che 70 telefonate, la maggior parte delle quali a Bernanke e a Paulson. Geithner non ha negato quella circostanza, ma ha sostenuto di essersi "sganciato" dalle decisioni tecniche e quindi di non aver partecipato alla decisione del rimborso integrale. Geithner però è stato smentito da Neil Barofsky, ispettore generale del TARP (il fondo di salvataggio bancario), il quale ha affermato sotto giuramento che Geithner era interpellato in ogni fase delle decisioni riguardanti il salvataggio di AIG.
Nonostante Geithner abbia sostenuto sfrontato che se AIG non fosse stata salvata, il sistema sarebbe saltato, la Fed di New York non ha sentito il bisogno di coordinare la sua azione con gli altri organi di governo, o perlomeno così sostengono Bernanke e Paulson. David Reilly ha scritto il 29 gennaio su Bloomberg: "L'idea di una cricca segreta di banchieri che controlla il paese e l'economia globale è scontata tra i complottisti che accumulano munizioni, taniche d'acqua e burro di noccioline. Dopo l'audizione al Congresso sul salvataggio di American International Group Inc., questa settimana, c'è da chiedersi se questa gente sia davvero matta".
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