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Processo Banche. Gravi pressioni al Procuratore Neri: “Devo astenermi dal procedimento”
Inserito il 09 febbraio 2010 alle 22:58:00 da LR_Cultura. IT - news
Francesco Neri, sostituto procuratore generale, nel processo contro i tre maggiori istituti di credito accusati di usura, chiede di potersi astenere dal procedimento. Il Magistrato avrebbe motivato la scelta per una palese incompatibilità in quanto avrebbe citato in giudizio il Corsera per gravi attacchi delegittimanti, ed è noto che la proprietà del quotidiano appartiene a Mediobanca di cui l’imputato Cesare Geronzi ne è il rappresentante. Il Procuratore però ha lasciato intendere che dietro a questa scelta ci sarebbe ben altro.
Accade in un’aula del Tribunale della Corte di Appello di Reggio Calabria. Un magistrato, dr. Francesco Neri, ha chiesto l’astensione dal processo con delle gravissime motivazioni. Vi sarebbero state delle pressioni nei suoi confronti per impedire la prosecuzione dell’attività di Procuratore Generale nel processo alle banche accusate di usura. Pressioni che il magistrato ha puntualmente riportato nel corso dell’audizione con gli ispettori del Ministero, che stanno indagando su tali fatti.
Questo è solo una parte, pur tremendamente grave, di quanto di strano sta avvenendo nell’ambito del processo che vede, ormai da oltre 5 anni, contrapposto l’imprenditore Antonino De Masi al sistema bancario.
Il procedimento che si sta trattando in Corte di Appello a Reggio Calabria vede infatti imputati per usura i Presidenti di tre delle maggiori banche italiane (Geronzi per Capitalia; Abete per Bnl; Marchiorello, in qualità di ex presidente, per Banca AntonVeneta) oltre ad alcuni funzionari. In primo grado il Tribunale di Palmi ha sentenziato la conferma del reato (elemento oggettivo) in tutti i capi di imputazione individuati dalla Procura e il proscioglimento degli imputati per non aver commesso loro il fatto (elemento soggettivo).
Contro questa sentenza che, pur riconoscendo il reato, non trova i colpevoli inizia quindi un procedimento di Appello dinanzi ad una Corte composta da Magistrati che, dimostrando grande capacità ed equilibrio, sta procedendo alla ricerca della verità processuale. Nel corso del dibattimento la Corte, con lo scopo di andare a fondo della vicenda, decide di affidare ad un funzionario di Banca d’Italia una consulenza per individuare chi determinava la politica dei tassi all’interno dell’organizzazione bancaria e quali responsabilità avessero i presidenti in tale ambito. La Banca d’Italia indica quindi il nome di un ex dipendente al quale viene affidato tale incarico. Consulenza questa che si è però svolta in un clima assolutamente intollerabile, senza il rispetto delle procedure, con assoluta mancanza di trasparenza e del contraddittorio e con diverse “scorrettezze procedurali” che sono state prontamente segnalate alla Corte alla quale è stato richiesto, sia a novembre che nel corso dell’ultima udienza, la sostituzione del consulente nominato e la sua sostituzione con un organismo collegiale di tecnici terzi che possa garantire tutte le parti del processo. Quanto accaduto è poi da mettere in stretta correlazione con la terra bruciata che è stata fatta attorno a De Masi in quanto, nonostante non abbia problematiche di protesti, insoluti o altro, non gli è consentito di aprire neanche un conto attivo. Unica colpa: essersi ribellato alle illegalità.
Ma quanto sta accadendo non sembra importare a nessuno.
A nulla sembrano servire le nuove denuncie che ha presentato negli ultimi tre anni e che sono ferme nelle procure, per reiterazione del reato di usura a carico delle stesse banche per i periodi successivi rispetto alla prima denuncia.
A nulla sembrano servire le centinaia di procedimenti penali che, sulla scia della vicenda dell’imprenditore calabrese, si sono aperti in Italia; come a nulla serve analizzare di quali gravissime responsabilità si sono rese colpevoli le banche: la politica del massimo profitto, dei benefits per i manager, politiche scellerate ed illegali che le banche fanno per fare utili a danno dei risparmiatori e delle attività economiche, non curandosi delle illegalità commesse per ottenere gli obiettivi perseguiti.
Nessuno sembra voler capire che ci troviamo di fronte ad un sistema che a tutti i costi, anche illegalmente, punta al profitto, agli utili, che si chiamino interessi usurai, derivati, bond, o che si passi dall’usura alle truffe agli enti pubblici o alla vendita di titoli spazzatura a ignari risparmiatori, poco conta. Anche gli interventi messi in atto dai vari governi per eliminare la commissione di massimo scoperto non hanno fatto altro che portare ad una nuova commissione che, come da studi fatti dall’Autorità Antitrust, arriva a costare sino a 15 volte in più rispetto a prima continuando quindi a rispondere alla logica del manovratore (i banchieri) per ottenere profitto, utili e super premi per i manager.
Tutto ciò evidentemente conta poco.
Ciò che conta invece sembra essere quello di affossare con tutti i mezzi il processo di Reggio Calabria, perché una condanna in tale processo porterebbe allo stravolgimento dell’intero sistema bancario, un vero e proprio cataclisma da evitare!
Poco importa che il sistema ha operato, e tutt’ora opera, nell’illegalità, conta solo e sempre proteggere i potenti (banchieri). Quello che sta succedendo a Reggio Calabria è l’ennesima dimostrazione di forza del vero potere e di chi lo detiene, come afferma Mario Monti quando dice che le banche sono il governo occulto del Paese. Potere che è esercitato da decenni, che condiziona la vita democratica del paese e mette sotto i piedi la dignità ed il rispetto di principi e valori assoluti come l’uguaglianza di fronte alla legge e la libertà, arrivando sino al punto di fare pressione sui magistrati.
«Quanto avvenuto a Reggio Calabria – dichiara Nino De Masi - non è solo figlio di una criminale arroganza ma, cosa ancor più grave, di una convinzione di “onnipotenza” e di intoccabilità, convinzione che ha portato i “signori delle banche” a tentare vilmente di condizionare pesantemente anche i miei legali, atteggiamenti questi che accomunano i rappresentanti di questo potere economico agli esponenti del potere criminale che imperversa nella nostra terra. Se comunque – continua l’imprenditore - credono che mi arrenda sbagliano tutti, sbagliano i “consigliori” (termini dispregiativo che indica la criminale collusione di alcuni consulenti), e sbagliano i banchieri. Fino all’ultimo mio respiro combatterò con tutte le forze contro questo arrogante, criminale e viscido comportamento, ed essendo io una persona per bene lo farò con gli unici strumenti che conosco, quelli della legge. Per fortuna vi sono ancora persone perbene che fanno dei mestieri nobili, che amministrano la giustizia e che credono nella nobiltà della loro professione e della loro missione, che vivono e lavorano per la loro vera ricchezza che è la dignità ed il rispetto del prossimo, e sicuramente tali persone non saranno mai al soldo dei potenti. A loro affiderò le mie ulteriori denunce ed a loro chiederò di perseguire chi si sta macchiando di tali illegali, pericolosi ed immorali comportamenti .»
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