Via dalla Rai
Antonio Di Pietro, 15 settembre 2009Aderisco all'iniziativa lanciata ormai da piu' parti per disdire il canone Rai ed invito i cittadini a fare altrettanto, e aggiungo "sostituendolo con Sky". Non mi esprimo su Mediaset perche', al di fuori delle proiezioni cinematografiche, ai suoi programmi preferirei perfino le televendite.
La Rai è caduta in un profondo stato vegetativo, le ingerenze politiche sono da voltastomaco, e ritengo possano esserci gli estremi per azioni legali nei confronti del direttivo e del governo come artefici di questo degrado, verifica che ho fatto predisporre ai miei legali.
Quello a cui stiamo assistendo è una vergognosa gestione di un patrimonio pubblico che dissolve conti economici, share, patrimoni culturali delle tre reti oltre a danneggiare la popolazione lasciandola al buio dell’informazione.
La dirigenza Rai, costola di governo, da una parte boicotta le trasmissioni di punta ad altissimo indice di gradimento come Report della Gabanelli (video), Annozero di Santoro (video) e Ballarò di Floris (video), dall’altra elabora strategie fallimentari come TivuSat e promuove l’informazione faziosa di soggetti come Minzolini o Vespa, che stanno al giornalismo come la sedia elettrica alla vita umana.
Viviamo ormai in un Paese privo delle più elementari libertà democratiche, dove l’arroganza di un manipolo saldamente ancorato alle istituzioni, e protetto per assurdo proprio dalle stesse, sta divorando lo Stato dall’interno attaccandone gli organi vitali come un cancro invisibile ma mortale. I membri di questo governo, quando toglieranno il disturbo, e presto, non si dissolveranno nella melassa del Parlamento, come le passate legislature, ma dovranno rispondere dei danni causati alla res pubblica affinché siano allontanati per non nuocere più al Paese.
Il 18, 19 e 20 settembre l’Italia dei Valori presenterà a Vasto l’alternativa di governo (consulta l'agenda). L’alternativa a questo indecente esecutivo, che sarà il punto di partenza per ricostruire la narcotizzata coscienza dei cittadini, l’economia e lo Stato stesso, quel che ne rimarrà dopo la XVI legislatura.
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