Bernanke alla Fed è una vecchia ricetta
Loretta Napoleoni, Caffè, 2009-08-30
Settimana di fuoco negli Stati Uniti. Il presidente interrompe le vacanze e riconferma Bernanke a capo della Riserva Federale. Molti si sono domandati perchè l’abbia fatto quattro mesi prima della scadenza del mandato. E la risposta è molto probabilmente legata ai timori della Casa Bianca che l’autunno sarà caldo.
I mercati temono la famosa W, che l’anemica ripresa di questi ultimi mesi sia seguita da un nuovo crollo. L’economia reale è stazionaria, ma il tasso di disoccupazione continua a crescere. In America la popolarità del presidente è in discesa a causa della riforma sanitaria, che al momento non riforma proprio nulla ma toglie a chi ha piu di 65 anni, e cioè gli anziani, l’assistenza sanitaria per darla a chi non l’ha mai avuta. E non dimentichiamoci dell’Afganistan, dove l’esportazione della democrazia Made in America non ha dato i frutti sperati.
Riconfermare Bernanke evita il dibattito su chi dovrebbe guidare la Fed, un grattacapo in meno insomma. E come sempre la riconferma è accompagnata dalle lodi del Presidente per aver evitato la depressionè. Come al solito si tratta di complimenti poco meritati. Bernanke era il braccio destro di Greenspan quando è iniziata da gonfiasi la bolla che lo scorso autunno ha travolto l’economia mondiale. Ambedue hanno sostenuto l’assurda teoria libertaria americana secondo la quale il mercato va lasciato stare, anche quando si muove nel modo sbagliato, e cioè quando gonfia le bolle finanziarie. Il compito delle autorità monetarie è di intervenire quando questa bolla è scoppiata, non prima. È come se la medicina rifiutasse la prevenzione delle malattie ma si concentrasse solo sulla cura perchè il corpo umano è una macchina perfetta.
L’americano medio che si prepara per un nuovo anno di magra non capisce queste sfumature ma intuisce che quel cambiamento professato dal Presidente durante la campagna elettorale non si sta concretizzando. La ricetta per curare la crisi è la stessa applicata negli anni passati: abbattimento dei tassi d’interesse con ingenti iniezioni di contante. E come nel passato la crisi tornerà a farsi sentire con violenza maggiore. Nessuno ha però il coraggio di ammettere che si tratta sempre della stessa crisi, i cui effetti negativi vengono semplicemente posticipati: nel 2004 Greenspan dichiarò che l’economia e la finanza avevano superato la crisi del 2001-2003, parole sicuramente poco profetiche a giudicare da quanto è accaduto nel 2007 e 2008. L’ottimismo di Obama e Bernanke sembra altrettanto prematuro.
Il problema di fondo è sempre lo stesso: il ruolo del mercato. Nel capitalismo finanziario, che ormai caratterizza le economie occidentali, si continua credere nel mito della mano magica, una certezza anacronistica dopo l’ultima crisi del credito. Ecco spiegato perchè le riforme di Obama sono dirette ad aumentare i poteri della Riserva Federale, un’organizzazione privata, gestita principalmente nell’interesse degli azionisti. È il concetto di autorità monetarie che deve cambiare, ma nessun presidente moderno vuole tentare quest’impresa, fatta eccezione di John Kennedy prima di essere assassinato.
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