sabato 4 luglio 2009

IL CASO EUROPROGRAMMI

Da: SVIZZERA Connection

IL CASO EUROPROGRAMMI

Nel 1969 il finanziere genovese Orazio Bagnasco fondò a Lugano il fondo di investimento immobiliare Europrogrammi. Bagnasco, che poteva contare su buone relazioni con gli importanti uomini politici italiani d'allora, Emilio Colombo e Giulio Andreotti, collaborava con gli avvocati Maspoli e Noseda, che più tardi furono coinvolti nello scandalo SKA Texon. Europrogrammi era un fondo d'investimento conforme al diritto svizzero per quegli italiani che volevano investire il loro patrimonio in immobili nella propria nazione. Grazie alle sue connessioni politiche a Roma, Bagnasco ottenne le autorizzazioni italiane necessarie. Il fondo d'investimento prosperava e, fino all'inizio degli anni '80, egli amministrò portafogli immobiliari del valore di 1.000 miliardi di lire di allora. Oltre ad Europrogrammi Bagnasco dirigeva in quegli anni anche la catena di hotel di lusso italiana Ciga, comprata più tardi da Karim Aga Khan. Nel 1982 Bagnasco comprò da Carlo de Benedetti un pacchetto di azioni del Banco Ambrosiano già sull'orlo del fallimento e, per alcuni mesi, fu il suo ultimo vicepresidente prima della bancarotta. Nel 1983 si ebbe anche l'inizio della fine degli europrogrammi. L'allora ministro italiano delle finanze Prof. Bruno Visentini, già presidente dell' Olivetti di De Benedetti, voleva tassare i profitti degli europrogrammi in Italia con un’imposta straordinaria del 30%, che più tardi venne effettivamente introdotta, anche se solo per l'ammontare del 18%. (i piccoli azionisti degli europrogrammi hanno più tardi sostenuto che Visentini abbia con ciò voluto vendicare il suo ex presidente De Benedetti che, nell'affare dell'Ambrosiano, si sentiva ingannato da Bagnasco). Contemporaneamente la stampa di De Benedetti ("La Repubblica" e "L' Espresso") cominciarono a criticare molto Bagnasco e gli europrogrammi. Nel corso del 1984 questa campagna trapassò anche in Svizzera. Il fondo di investimento, che ai tempi migliori contava 75.000 detentori di quote, perse i suoi investitori, non potè vendere abbastanza in fretta i propri beni immobili e divenne poco liquido. Alla fine del 1984 la commissione delle banche concesse uno stop provvisorio del ritiro di partecipazioni al fondo. Nel 1986 gli europrogrami andarono infine in liquidazione e Lugano perdette alcune decine di posti di lavoro. Nei giorni prima del suo ritiro da procuratore, Paolo Bernasconi avviò nel 1986 un procedimento penale contro i responsabili di Europrogrammi che, sotto il suo successore Venerio Quadri, non diede però risultati. Più tardi Bernasconi venne denunciato da Bagnasco per sospetto di usurpazione di pubbliche funzioni e violazione del segreto d'ufficio, procedimento che veniva però silenziosamente archiviato dal suo successore Quadri. (30) In seguito, il liquidatore di Europrogrammi Geo Camponovo, ex consigliere nazionale FDP e avvocato d'affari a Chiasso, cercò di vendere gli immobili del fondo di investimento. Dopo che un primo tentativo era fallito, la Sasea di Fiorini comprò infine gli immobili attraverso la società immobiliare di Ginevra REH per 850 milioni di franchi, pagabili in tre rate annuali. Nel 1992 la terza rata non venne onorata, perchè Fiorini era finito in bancarotta. Un gruppo di investitori italiani danneggiati dagli Europrogrammi a Milano e a Lugano sporse denuncia contro Carlo De Benedetti. Sostennero che una losca vendetta del gruppo di De Benedetti e dei suoi complici avesse causato la rovina degli Europrogrammi di Bagnasco in Svizzera. (31) Nel frattempo era Carla del Ponte a portare a Lugano la toga del procuratore ticinese. Nel modo risoluto che le era proprio, ella fece eseguire una perquisizione domiciliare negli uffici degli Europrogammi (in liquidazione). (32) De Benedetti, accusato, contestò con forza la versione del comitato milanese di difesa degli Europrogrammi: "Di accordi Lasa-Sasea o Sasea-Europrogrammi io non sapevo niente". (33) Ma De Benedetti aveva acquisito nel frattempo un difensore al quale il caso era ben noto: l'ex procuratore Paolo Bernasconi. Questo aveva avviato a suo tempo nel 1986 il procedimento penale contro i responsabili degli Europrogrammi. Su questo cambiamento di campo di Bernasconi si espresse anche la commissione disciplinare dell'Associazione ticinese degli avvocati: l'assunzione del mandato De Benedetti non violava le regole dell'ordine.(34) Le istruttorie contro De Benedetti finirono con l'insabbiarsi.

CROLLO A HOLLYWOOD

Nel 1990 Fiorini allargò il suo campo d’azione agli USA. Il socio Parretti era entrato già nel 1987 nel business del cinema, quando egli comprò l’impresa di produzione cinematografica hollywoodiana Cannon Group dei due israeliani Menahem Golam e Yoram Globus. Con i crediti della filiale olandese del Crédit Lyonnais (35) comprò anche due società più piccole di distribuzione cinematografica, la De Laurentiis Group e la New World Entertainment, e si prese anche una villa da otto milioni a Beverly Hills. Alla fine del 1988 Parretti acquistò infine, di nuovo con crediti del Crédit Lyonnais olandese, il 98% della società cinematografica francese, ricca di tradizione, Pathé Cinéma. Alcuni mesi dopo fu la volta, di nuovo con lo stesso finanziamento, della Cinéma 5 Europe, che gestiva 79 cinema in Olanda e in Inghilterra. Infine Parretti mise insieme le sue attività cinematografiche sotto il nome Pathé Communication Corporation e, all’inizio del 1990, annunciò l’intenzione di comprare la Metro Goldwyn Mayer, allora in possesso dello speculatore di borsa statunitense Kirk Kerkorian. Il 14 marzo 1990 Parretti e Fiorini depositarono presso l’Ufficio di controllo della borsa statunitense SEC un’offerta di acquisizione di 1,219 miliardi di dollari. L’acquisto fu finanziato per metà con un cosiddetto “Leveraged Buyout”, vale a dire con una prevendita della famosa filmoteca della MGM al gruppo mediale Time Warner, in cambio di un prestito preliminare di 650 milioni di dollari. Time Warner voleva assicurarsi i lucrosi diritti su pellicole come “Via col vento”, “Dottor Zivago” e “Ben Hur”. La Fininvest di Berlusconi partecipò all’acquisto con 150 milioni di dollari e il resto fu reperito da diverse società di Parretti e Fiorini, che a loro volta si procurarono i mezzi necessari fondamentalmente con crediti del Crédit Lyonnais olandese. Parretti e Fiorini divennero così capi della MGM e poterono godersi la dolce vita hollywodiana nella villa di Beverly Hills di Parretti. Ma non a lungo. Già pochi mesi dopo la Comfinance Holding lussemburghese di Parretti (del consiglio di amministrazione della quale faceva parte la ex moglie di Fiorini Elena Badaloni) non poté più pagare gli interessi debitorii. A ciò contribuì il ritiro della Fininvest di Berlusconi, che dapprima volle la restituzione di 50 milioni e poi di altri 100 milioni di dollari.(37) Gli studi cinematografici della MGM finirono involontariamente in possesso del principale creditore di Parretti, il Crédit Lyonnais. La banca sporse denuncia e da allora egli è ricercato su mandato d’arresto internazionale. Il 19 ottobre 1995 Parretti fu arrestato negli USA e la Francia emise una richiesta di estradizione. Ma nel dicembre 1995 Parretti era già libero e cercò un’altra volta di comprare gli studi cinematografici della MGM. Il prezzo era però di nuovo salito perché gli studi erano riusciti nel frattempo a girare alcuni film di cassetta: “Get Shorty”, “Leaving Las Vegas” e “The Birdcage”. Parretti non riuscì tuttavia a concludere l’affare. Nel giugno 1996 Kirk Kerkorian ricomprò la MGM per 1,3 miliardi di dollari dal Crédit Lyonnais, allo stesso prezzo pagato da Parretti e Fiorini.

L’INIZIO DELLA FINE

La fallita acquisizione della MGM rappresentò per la Sasea un punto di svolta. Nello Celio, Audrun Krohn e i Lefebres non avevano voluto saperne di comprare la MGM e si erano ritirati. Celio si sarebbe rifiutato di collaborare apertamente con Parretti. Ma la sua defezione Parretti poté reggerla bene, perché trovò un sostituto appartenente all’aristocrazia economica della Svizzera occidentale: l’avvocato di Losanna Eric Baudat, vicepresidente della società di revisione KPMG Fides. A far parte del consiglio di amministrazione della Sasea entrò allora anche il direttore della Fides, Paul Coriat. La KPMG Fides era la società di revisione della Sasea. Anche se Baudat e Coriat non avevano niente a che fare con la Revisione Fides, questo cumulo d’uffici fa dubitare che i libri contabili della Sasea fossero stati davvero esaminati senza alcun condizionamento. Subito dopo il fallimento, sia i piccoli obbligazionisti danneggiati che il Crédit Lyonnais avevano sporto una denuncia contro la KPMG Fides per responsabilità penali. Molto più penoso per Fiorini del ritiro di Celio, fu quello dei Lefebres.La Sasea perse in questo modo non solo la partecipazione alla BBL, ma anche l’accesso diretto alla loro vasta rete di relazioni.(38) Nella persona del francese Jean-René Bickart, che viveva a Ginevra dal 1983, riuscì infine a Fiorini, di trovare un facoltoso compratore per il pacchetto azionario dei Lefebre. Bickart, appartenente ad una ricchissima famiglia di commercianti di vino francesi, investì 70 milioni di franchi nella Sasea, cifra corrispondente al 6,25 % del capitale azionario. I Bickart fanno parte del gruppo degli uomini più abbienti di Francia e possiedono tra l’altro solo a Parigi circa 1.000 beni immobili. Bickart aveva stretti rapporti con il Crédit Lyonnais, che quasi contemporaneamente sostituì la Paribas (Suisse) come banca di riferimento della Sasea.(39) Ma come la Comfinance di Parretti anche la Sasea di Fiorini precipitò dopo il disastro della MGM in una crisi sempre più profonda. In borsa il titolo Sasea scese al minimo. Nonostante tutte le manipolazioni finanziarie, il sovraindebitamento totale poté essere coperto sempre meno. Nell’estate 1991 il presidente del consiglio d’amministrazione, Yann Richter, lasciò la nave che affondava e fu sostituito dall’avvocato ticinese Giovanni Gianola. Nell’autunno 1991 le 14 banche creditrici elaborarono, sotto la responsabilità del Crédit Lyonnais, un piano di risanamento. La società immobiliare milanese Scotti Finanziaria fu venduta alla società immobiliare francese Pierre 1er, operazione per la quale questa ottenne i crediti necessari dal Crédit Lyonnais. Anche la partecipazione della Sasea alla MGM fu venduta al Crédit Lyonnais. Ma le speranze di un risanamento della Sasea, nutrita dalle banche, non si realizzarono. Nel giugno 1992 fu ad essa concessa una dilazione del pagamento dei debiti come ultimo tentativo di salvataggio.

L’ARRESTO

Nell’ottobre 1982 il finanziere italo-svizzero e conte Domenico de Morpurgo Varzi, inviò a Fiorini un’ingiunzione di pagamento di più di 10 milioni di franchi. Negli anni ’70 de Morpurgo aveva messo insieme con la sua Banca Commerciale di Lugano un patrimonio enorme e rimase in attività anche dopo il pensionamento. Alla fine degli anni ’80 aveva avuto rapporti d’affari anche con Fiorini che ogni volta l’aveva pagato con azioni Sasea. Quando le quotazioni crollarono, de Morpurgo pretese che Fiorini si riprendesse i titoli senza valore. Dato che Fiorini si sottrasse alla richiesta, gli mandò una sollecitazione a casa. La segretaria di Fiorini si dimenticò di fare opposizione su base legale, ma egli non pagò. Morpurgo Varzi ingaggiò allora un detective privato, il quale scoprì che Fiorini andava regolarmente a Monaco in una villa che al catasto era registrata a nome della sua ex moglie Elena Badaloni. Fiorini non pagava in Svizzera nessuna tassa patrimoniale, incassava un emolumento mensile di 10.000 franchi e abitava a Ginevra in un appartamento di lusso, affittato pure a nome della sua ex moglie, con un canone mensile di 10.000 franchi. Infine il giudice istruttore Jean-Louis Crochet lo accusò di nascondere le proprie entrate al suo creditore e il 22 ottobre lo fece arrestare per frode nel pignoramento. Si dice sia stato il primo arresto per questo crimine nella storia della giustizia svizzera. Dieci giorni dopo il giudice fallimentare di Ginevra attendeva al suo compito. I documenti sequestrati dal giudice istruttore Crochet lo portarono, come già detto, all’ufficio segreto della Seychelles International Bank a Monaco, dove c’era sulla scrivania quel biglietto che per la prima volta smascherò Silvano Larini, rivelando che era intestatario del conto delle tangenti Protezione.

MOLTO LAVORO PER LA GIUSTIZIA

L’affare Sasea, esaminato dalla giustizia ginevrina, divenne uno dei più grandi processi della Svizzera con decine di procedimenti civili e penali di cui era difficile avere una visione d’insieme. All’accusa contro Fiorini per frode in pignoramento e fallimento sconsiderato si aggiunsero denuncie contro numerosi altri responsabili della Sasea, il Crédit Lyonnais e l’ufficio fiduciario KPMG Fides. Alla prima serie degli accusati dal giudice istruttore Crochet appartenevano, oltre a Fiorini, il belga Jean Bellemans, ex sostituto del direttore generale della Sasea, e l’italiano Francesco Freddi, ex direttore finanziario. Il manager svizzero della Sasea Norbert Stadler fu accusato, ma diversamente dagli stranieri Fiorini, Bellemans e Freddi, non fu arrestato. Nel maggio 1993 Crochet mise in stato d’accusa anche gli ex consiglieri d’amministrazione Eric Baudat (40), Rodolphe Rossi e Jean-René Bickart. Baudat e Rossi non furono imprigionati, il francese Bickart fu rilasciato dopo un giorno di carcere preventivo contro una cauzione di un milione di franchi. Fiorini, Baudat, Rossi e Giovanni Pianola erano già stati denunciati nell’ottobre 1992 con procedimento civile dall’associazione a difesa dei creditori danneggiati della Sasea. Nei confronti di Fiorini sporse denuncia per frode anche il Crédit Lyonnais.

IL DIRETTORE DI BANCA PARIGINO PERDE LE STAFFE

A metà del 1993 il Crédit Lyonnais si era costituito parte lesa nel processo contro Fiorini a Ginevra. Rappresentata dal famoso avvocato Dominique Poncet,(41) la banca distribuì a esponenti selezionati della stampa un documento di 62 pagine dal titolo “Il sistema Fiorini”. Vengono qui descritti quattro elementi di questo metodo. Anzitutto Fiorini avrebbe elaborato consapevolmente un sistema di tale complessità, da restare impenetrabile all’osservatore esterno. In secondo luogo egli avrebbe comprato e rivenduto società con la promessa occulta al compratore di riacquistare più tardi la sua partecipazione ad un prezzo più alto. Come terzo elemento, avrebbe fatto circolare ininterrottamente attivi e passivi tra le sue innumerevoli società. E da ultimo il perimetro di consolidamento (numero delle società affiliate incluse nel bilancio) della Sasea sarebbe stato variato di continuo arbitrariamente. (42) Ma le cose andarono diversamente da quanto il Crédit Lyonnais aveva sperato. La prima udienza dei rappresentanti del Crédit Lyonnais, tra questi anche il direttore François Gille di Parigi, presso il giudice istruttore Crochet, terminò con l’uscita di Gille, che se ne andò sbattendo la porta. In seguito il rapporto tra Crochet e il Crédit Lyonnais andò sempre peggiorando. L’udienza dell’8 febbraio finì con un colpo di scena. Il piccolo giudice istruttore Crochet di Ginevra indicò la porta al potente direttore generale della banca più grande d’Europa, perché l’aveva definito “Voyou” (farabutto). L’11 febbraio infine Crochet rifiutò alla banca francese lo status di parte civile lesa e accusò François Gille e il suo presidente d’allora, Jean-Yves Haberer, di complicità nella bancarotta della Sasea. A parere di Crochet il Crédit Lyonnais conosceva già dall’estate 1991 il sovraindebitamento della Sasea. Anzi, da quel momento l’istituto avrebbe di fatto dettato legge alla Sasea. Nell’estate 1992 i francesi avrebbero spinto Fiorini a rimandare il fallimento, ormai inevitabile, per acquisire gli ultimi attivi utilizzabili, portando così a passivi più alti nella massa fallimentare. Il giudice istruttore Crochet aveva conferito dunque una svolta drammatica al processo Sasea: da parte lesa il Crédit Lyonnais era diventato il principale imputato. Il prestigioso quotidiano parigino “Le Monde” si schierò a favore del Crédit Lyonnais in un lungo articolo contro l’amministrazione della giustizia a Ginevra. Il giornale espresse l’opinione che la banca francese offrisse ai ginevrini un ideale capro espiatorio straniero, e rivolse alle sue lettrici e lettori, a proposito delle autorità svizzere coinvolte in questo caso, la domanda: “Chi vogliono difendere [gli amministratori della giustizia svizzera]?” (43) Per l’avvocato del Crédit-Lyonnais Dominique Poncet è del tutto incomprensibile che Crochet indaghi contro Fiorini per semplice fallimento, ”mentre si tratta qui di una frode epocale” (44) Il “sistema Fiorini” sarebbe stato finalizzato fin dall’inizio alla truffa sistematica. Poncet chiede che Fiorini sia accusato di bancarotta fraudolenta e non semplice. A parere del Crédit Lyonnais il bilancio della Sasea era stato falsificato dal giugno 1991. Attestava un capitale azionario di 160 milioni e partecipazioni per 1,15 miliardi di franchi, che un anno dopo erano scomparsi senza lasciar traccia. La filiale olandese del Crédit-Lyonnais, la maggior creditrice della Sasea (927 milioni di franchi), sporse anche una denuncia contro la KPMG Fides. La banca esigeva dalla società di revisione, che aveva esaminato i libri contabili della Sasea e li aveva approvati, un risarcimento danni di 360 milioni di franchi.(45) Contro il giudice istruttore Crochet, Poncet fece senza successo una denuncia per parzialità. Egli avrebbe di fatto ripreso gli argomenti del difensore di Fiorini, Marc Bonnant, e non poteva più essere considerato imparziale. In perfetta sintonia con l’articolo su “Le Monde”, la rivista francese “Le Point” scoprì legami indiretti della moglie del giudice istruttore Crochet, pure giurista, con Fiorini. L’avvocato Pierre Sigrist dello studio ginevrino Crochet, Delaunay aveva rappresentato più volte la Seychelles International Bank di Fiorini e le aveva messo a disposizione il suo indirizzo per un atto giuridico. Prima di entrare nello studio di Madame Crochet, Sigrist aveva lavorato per Marc Bonnant, l’avvocato ginevrino e consigliere di Fiorini.(46) Il Crédit Lyonnais dubitava anche dell’imparzialità di Auer,l’esperto di bilanci convocato da Crochet. Il suo ufficio era stato presieduto per un certo tempo da Nicolas Peyrot, socio dell’avvocato di Fiorini Marc Bonnant. ”Le Monde” e la “Tribune de Genéve” sostennnero le proprie tesi. Il quotidiano di Ginevra si schierò dalla parte di Crochet e informò sugli ostacoli frapposti al suo lavoro dall’autorità giudiziaria francese. A questa Crochet avrebbe richiesto la pubblicazione di un importante documento, trovato nel corso di una perquisizione domiciliare nella sede principale di Parigi. Una donna giudice parigina avrebbe rifiutato il permesso. La “Tribune” si chiedeva se il governo francese non volesse proteggere la banca statale Crédit Lyonnais nei confronti della Giustizia ginevrina.(47) Per il Crédit Lyonnais era in gioco moltissimo. Se alla banca fosse stata riconosciuta una colpa concorrente, avrebbe dovuto aspettarsi denunce da parte degli altri creditori, soprattutto degli investitori che avevano sottoscritto prestiti convertibili. Con Fiorini e la Sasea non era più possibile recuperare. Ma se si fosse arrivati all’accusa di responsabilità penale contro il Crédit Lyonnais, sarebbero cresciute le chances di rivedere una parte del denaro. Ai 927 milioni di franchi già perduti avrebbero potuto aggiungersi ancora alcune centinaia di milioni. Complessivamente le perdite creditizie del Crédit Lyonnais con la Sasea e con il disastro della MGM furono valutate da una commissione d’indagine del parlamento francese, a più di quattro miliardi di franchi. La commissione presentò all’istituto statale una documentazione catastrofica e rimproverò al suo presidente Jean-Yves Haberer pacchiani errori di management. Oltre che con Sasea/MGM il Crédit Lyonnais mandò in fumo parecchi miliardi di franchi anche con il gruppo britannico Maxwell e con il gruppo immobiliare canadese Olympia & York.(48)

CHI E’ IL RESPONSABILE ?

Dal 1985 al 1992 presidenti e membri del consiglio di amministrazione si successero continuamente. Fu responsabilità di Nello Celio (presidente del Consiglio di amministrazione fino ad ottobre 1989)? O di Eric Baudat (presidente fino ad ottobre 1991),famoso avvocato d’affari di Losanna e vicepresidente della KPMG Fides, società di revisione della Sasea? O dell’avvocato d’affari ticinese Giovanni Gianola (49)(presidente della Sasea fino a febbraio 1992)? O di Rodolphe Rossi, ultimo presidente della Sasea ? Tra i numerosi “turisti” che per un periodo più o meno lungo fecero parte del consiglio di amministrazione basti ricordare qui l’ex consigliere nazionale di Neuenburg ed ex presidente del partito liberale svizzero, Yann Richter. O Michel Crippa, ex-Esso,ex-SBB,ex Kuoni e più tardi presidente dell’associazione per i veicoli commerciali Astag. Inoltre, il plurimilionario francese Jean-René Bickart, l’avvocato Peter Duft di Zurigo, condannato a Milano in prima istanza nel procedimento collaterale della bancarotta dell’Ambrosiano e l’imputato Charles Poncet di Ginevra. (50) Oltre a Fiorini solo tre consiglieri d’amministrazione sono stati incriminati a Ginevra per il loro ruolo nella bancarotta della Sasea, e precisamente: Eric Baudat, Jean-René Bickart e Rodolphe Rossi. All’inizio del 1996 tutti e tre i processi non erano stati ancora tenuti esattamente come i procedimenti contro i manager Francesco Freddi e Jean Bellemans. La giustizia francese invece ha condannato Rodolphe Rossi all’inizio di gennaio 1996 a tre anni di prigione e ad una pena pecuniaria di FF 500.000. Rossi era stato dapprima direttore, più tardi direttore generale (dall’ottobre 1988), poi consigliere d’amministrazione (da dicembre 1990) e, infine, dal febbraio 1992 fino al fallimento, presidente della Sasea. Un tribunale di Parigi lo riconobbe colpevole in prima istanza di tentata frode. Rossi, marito di Madeleine Rossi, ex presidentessa della città di Ginevra, era allora latitante. Il tribunale decise perciò di mantenere l’ordine di arresto internazionale. Inoltre il tribunale parigino di prima istanza condannò due manager delle ex affiliate francesi della Sasea, Reca e Sointra, a pene detentive rispettivamente di 30 e 23 mesi e a pene pecuniarie di FF 500.000 e FF 250.000. Ad entrambi venne inoltre vietato dirigere un’impresa nei tre anni successivi.(51)


Note:

30) "Corriere del Ticino", 13.7.92

31) Gli investitori ritenevano di poter riconoscere una linea diretta che portava dalla campagna diffamatoria della stampa di De Benedetti, a metà degli anni '80, alla vendita alla Sasea degli immobili-Europrogrammi, che in effetti sarebbe stata una vendita a De Benedetti. La filiale della Sasea REH avrebbe acquisito gli Europrogrammi, valutati un miliardo, al prezzo stracciato di 850 milioni di franchi, insieme con la Lasa, società di De Benedetti. Inoltre la holding familiare di quest’ultimo, la CIR International, si sarebbe resa garante nei confronti della Sasea per un credito di 275 milioni di franchi della SBG di Ginevra, che Fiorini usò per l’acquisto.In cambio, le società di De Benedetti avrebbero incassato da Fiorini 35 milioni di franchi.

32) ”Panorama”, 21.11.93

33) Ivi

34) ”Corriere del Ticino”, 13.7.92

35) Il nuovo presidente del Crédit Lyonnais Jean Yves Haberer, nominato dal governo Mitterrand, comprò a metà degli anni ’80 la Slavenburg Bank olandese e ne fece una filiale del Crédit Lyonnais. La Slavenburg era specializzata in finanziamenti cinematografici e TV e procurò più tardi alla banca statale francese perdite per miliardi.

36) Dettaglio marginale: una delle circa 300 filiali della Sasea era una società offshore di nome Fininvest International. L’avrebbe fondata Fiorini per creare confusione, essendo scambiata con la Fininvest di Berlusconi.(“Eurobusiness”, Nov.93).

37) ”Wall Street Journal Europe”, 2. 8.94

38) Nel 1994 i Lefebres erano finanziarmente in cattive acque. Dopo il ritiro dalla Sasea avevano collocato la BBL, il loro fiore all’occhiello, attraverso la holding lussemburghese Eurobelege e la loro holding milanese Unipar, nel gruppo di investitori italiani Cameli. Cercarono poi senza successo, insieme con la grande banca olandese ING, di escludere la GBL del finanziere belga Albert Frère, principale azionista della BBL. Alcuni, tra questi la Schweizerische Kreditanstalt, hanno sporto denuncia contro i Lefebre, padre e figlio. (“Il Mondo”, 17./24.1.94).

39) “Le Nouveau Quotidien”, 15.5.93

40) Altri mandati di consiglio d’amministrazione di Eric Baudat: BLP Banque lausannoise de portefeuilles (Lausanne); Clinique Chirurgicale et Permanence de Longeraie SA (Lausanne); Cuf Finance SA (Genève); Elysée management SA (Lausanne); Fondation Verdan Claude (Lausanne); Fonds de prévoyance en faveur du personnel de la Clinique Chirurgicale (Lausanne); Le Foyer Universitaire (Dorigny); Marger SA (Fribourg); Securinvest Holding SA (Freiburg); Bank Leu AG (Zuerich); Evansil SA (Fribourg); Régie de la Riviera SA (Montreux); Bondpartners SA (Lausanne); Crédit Suisse Fides Trust AG (Zuerich); Lipha Pharma AG (Dietikon); LO Holding Lausanne-Ouchy SA (Lausanne); Navelink SA (Lausanne); Sonotel Ouchy SA (Lausanne); Bonnard & Gardel ingénieurs-conseils SA (Lausanne); Compagnie de commerce et d’échange Codeco SA (Ecublens); SSGI Kramer SA (Genève) 11); AG Luftseilbahn Corviglia-Piz Nair (LCPN; St.Moritz); Partecipazioni: Geparco Holding SA (Ginevra); nel management di: Coopers & Lybrand SA (Pully); Immobilienstiftung Schweizerischer Pensionskassen(Fondazione Immobiliare delle casse pensione svizzere) (Basilea); Patronaler Finanzierungsfonds der Zuerich Versicherungsgesellschaft(Fondo di finanziamento Patronale della società d’assicurazione di Zurigo) (Zurigo). (Fonte: Orell Fuessli/Teledata: Die Schweizer Wirtschafts-CD-ROM.Version 1996/1, giorno di Scadenza: 1.8.95)

41) Dominique Poncet era professore di diritto penale all’Università di Ginevra e fu rappresentante legale di Licio Gelli in Svizzera. E’ il fratello dell’avvocato Charles Poncet, che per un certo tempo fece parte del consiglio di amministrazione della Sasea e a Milano era implicato in un procedimento collaterale dello scandalo del Banco Ambrosiano. Dominique Poncet difese anche lo spagnolo Mario Conde, ex presidente della grande banca spagnola Banesto, accusato di corruzione a Madrid. La Giustizia spagnola supponeva che con il denaro, di cui si era appropriato indebitamente, Conde avesse creato a Losanna la Kaneko Holding e l’avesse fatta amministrare dall’avvocato Paolo Gallone. Nel corso di un interrogatorio condotto da giudici istruttori spagnoli a Losanna, Gallone spiegò che la Kaneko era appartenuta a Conde.In seguito a ciò Poncet, l’avvocato di Conde, contestò la validità della dichiarazione di Gallone e ipotizzò un procedimento disciplinare contro Gallone presso l’associazione degli avvocati del Vaud.(“El Pais», 7.2.96)

42) “Eurobusiness”,Nov.93

43) ”Le Monde”,24.2. 94

44) Ivi

45) ”Le Nouveau Quotidien”,27.3.93

46) »Sonntagszeitung »,27.2.94

47) »Tribune de Genève »,3.3.94

48) »Neue Zuercher Zeitung », 13.7.94

49) Gianola è tra gli avvocati ticinesi più qualificati e fa parte tra l’altro del consiglio di amministrazione della Fardafin (Lugano). Sono consiglieri insieme a lui Elio Fiscalini, ex presidente della Fimo,l’ex consigliere comunale Ugo Sadis, ex procuratore di stato e più tardi consigliere d’amministrazione della banca Albis/Adams, affiliata della Fimo.

50) Vedi a questo proposito p.276 segg. e 279 segg.

51) ”Neue Zürcher Zeitung”, 18.1.96

1 commento:

  1. Ma questo Bagnasco è per caso parente del Cardinal Bagnasco anch'egli di Genova?
    Niente di male, per carità, solo per avere le'nnesima conferma che in Italia sono sempre gli stessi...

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