venerdì 12 agosto 2011

NICOLA BOMBACCI


NICOLA BOMBACCI
1879 - 1945

"Se Lenin, che ho sempre stimato profondamente, fosse vissuto, il programma dell’URSS sarebbe stato diverso. Avremmo visto con tutta probabilità Fascismo, Nazionalismo e Bolscevismo uniti contro l’altro nemico: la plutocrazia."

Nicola Bombacci nasce a Civitella di Romagna (Forlì) il 24 ottobre 1879.
Educato molto religiosamente inizia a frequentare il seminario da cui si allontana nel 1900 per diventare insegnante elementare, durante questa esperienza avrà modo di conoscere bene Benito Mussolini.
Agli inizi del '900 entra attivamente a far parte del mondo sindacale, operando in molte città del Nord Italia, per essere poi eletto nel 1911 membro del Consiglio Nazionale della Confederazione Generale del Lavoro.

Durante gli anni della prima guerra mondiale diviene sempre più influente nel mondo del lavoro, tant'è che lo stesso Mussolini lo definirà "Il Kaiser di Modena", coprendo contemporaneamente la carica di segretario della Camera del Lavoro, segretario della Federazione socialista provinciale modenese e direttore del giornale socialista "Il Domani".
Ma questo è solo l'inizio: nel 1917 diventa membro della direzione del Partito Socialista Italiano (affiancato ai due esponenti Lazzari e Serrati) come componente della corrente Massimalista, di cui redige anche il programma; nel 1919 viene invece nominato segretario del partito e eletto come deputato nella circoscrizione di Bologna, divenendo una delle figure più note del cosidetto "Biennio Rosso", per poi presentare con scarsi risultati un progetto di costituzione di Soviet in Italia.
Riesce anche ad incontrare i membri della neonata Russia Sovietica, episodio che inciderà profondamente sulla sua personalità e sulla sua visione politica: nel 1921 partecipa assieme a Gramsci, Bordiga, Gennari e Graziadei al XVII Congresso Nazionale del PSI (livorno 1921) decidendo per la scissione della sua corrente entrando a far parte del Partito Comunista d'Italia come membro del comitato centrale.

Nei cosidetti "Anni comunisti" Bombacci viene rieletto nel 1921 come deputato del Pcd'I (Partito Comunista d'Italia), ma essendo privo di una corrente (a differenza di Gramsci o Bordiga) si troverà ben presto isolato: viene sempre più estromesso dalla vita e dai direttivi del suo partito fino ad essere espulso con l'accusa di aver voluto unire la Marcia su Roma alla presa di potere comunista in Russia, mentre in realtà aveva prospettato un trattato di cooperazione economica tra i due paesi.
Alla morte di Lenin (1924) partecipa ai funerali e viene reintegrato nel partito da Zinov'ev, ma il rapporto non sarà più come prima.
Seguono anni di distacco che culmineranno nel 1927 con la sua espulsione definitiva da parte dei suoi dirigenti all'estero.

Negli anni successivi vive a Roma e dopo una breve collaborazione con l'ambasciata sovietica, inizia un progressivo avvicinamento al Fascismo conclusosi con una vera e propria adesione.
Fonda quindi con la collaborazione di altri socialisti nel '36 la rivista "La Verità" (l'equivalente italiano della Pravda).
Dopo un periodo di relativa tranquillità, gli eventi precipitano rovinosamente: l'8 settembre del 1943, sentito il discorso di Mussolini da Monaco di Baviera, che incitava gli italiani alla riscossa e alla rivoluzione sociale, parte volontario insieme a altri compagni (NON Fascisti) per Salò: vede finalmente la possibilità di riscatto del mondo del lavoro.
Partecipa al Congresso di Verona (assemblea costituente dell' R S I) dando il suo contributo al Manifesto di Verona (sua Costituzione), pubblicando numerosi opuscoli contro il pericolo e la degenarazione Staliniana del bolscevismo, collabora quindi al progetto di socializzazione approvato dal consiglio dei ministri dell'Rsi.
E' questo un Bombacci molto diverso dagli anni del socialismo e del comunismo: deluso e amareggiato da queste due ideologie, ree di sostituire al padrone borghese un nuovo padrone, vede come unica rivoluzione e realizzazione del mondo del lavoro Salò: per questo rimane fedele fino all'ultimo a quel mondo che per tanto aveva rappresentato e difeso e a Mussolini, portavoce dell'unica vera vittoria dell'universo sindacale.

Catturato assieme al Duce e ad altri gerarchi viene fucilato il 28 aprile del 1945, per essere esposto, con un cartello riportante "Super-traditore", nel macabro palcoscenico di piazzale Loreto il giorno dopo.

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