Referendum: la partecipazione popolare contro il governo e i poteri forti
Marco Bersani*, PANEACQUA, 21 aprile 2011, 12:35
L'approvazione al Senato dell'emendamento che sancisce la rinuncia temporanea al nucleare rende evidente la volontà di governo e poteri forti di aprire la guerra ai referendum del prossimo 12-13 giugno. Possiamo già prevedere, inoltre, che la strategia non si fermerà qui: già ieri Federutility - la lobby delle SpA che gestiscono il servizio idrico - si è infervorata chiedendo analogo intervento sull'acqua "per impedire due referendum disastrosi". A noi il compito di rendergli evidente che l'acqua ha un legittimo impedimento: è nostra.
L'approvazione al Senato dell'emendamento che sancisce la rinuncia temporanea al nucleare rende evidente la volontà di governo e poteri forti di aprire la guerra ai referendum del prossimo 12-13 giugno.
Diversi interessi convergono in questa direzione e con una chiara strategia.
Dal punto di vista del premier, tutto muove dal panico che una doppia sconfitta popolare -alle elezioni amministrative (Milano in primis) e ai referendum- faccia definitivamente crollare una maggioranza tenuta assieme solo dagli interessi di innumerevoli clan oliati con prebende e posti di potere per garantirne la fedeltà.
Dal punto di vista dei poteri forti -multinazionali, capitale finanziario e lobby territoriali trasversali agli schieramenti politici- tutto muove dalla consapevolezza che, in particolare con i referendum per l'acqua, le politiche liberiste , per la prima volta dopo decenni, possano essere sconfitte e sanzionate da un voto democratico e popolare, aprendo scenari di modifica dei rapporti di forza culturali e politici nell'intero Paese e di ridiscussione complessiva sull'insostenibilità dell'attuale modello liberista.
Ecco perché, pur utilizzando la sovranità popolare come feticcio ad ogni occasione, questa diventa il peggiore degli incubi quando possa pronunciarsi davvero.
Ma come in ogni disvelamento, con la mossa sul nucleare, il Governo e i poteri forti dimostrano tutta la loro debolezza, dimostrando come il popolo dell'acqua e quello contro il nucleare siano già maggioranza nel Paese, talmente evidente da non poterne accettare il libero confronto e il conseguente voto.
Non sappiamo cosa deciderà la Corte di Cassazione in merito. Sappiamo per certo che da oggi e fino ad allora -intorno alla seconda metà di maggio- la campagna comunicativa sarà tutta orientata a dire che il referendum sul nucleare non ci sarà, depotenziando l'attenzione dell'opinione pubblica.
Possiamo già prevedere, inoltre, che la strategia non si fermerà qui: già ieri Federutility - la lobby delle SpA che gestiscono il servizio idrico - si è infervorata chiedendo analogo intervento sull'acqua "per impedire due referendum disastrosi", sapendo su questo di poter contare anche sul consenso di una parte dell'opposizione parlamentare, quella più direttamente legata alle multiutilities delle grandi città.
Il gioco si fa duro e dunque noi dobbiamo "diventare duri mantenendo intatta la nostra tenerezza".
Da un parte occorre rivendicare i referendum come fine in sé, ovvero come fondamentale espressione della sovranità popolare, tanto più in questa situazione di sostanziale sequestro della democrazia in questo Paese : occorre dire con forza e in tutte le sedi che il diritto delle donne e degli uomini a decidere sulla politica energetica è insopprimibile e non può divenire variabile dipendente dalle tattiche politiche di palazzo.
Dall'altra occorre contare sulla ricchezza -non congelabile da nessun emendamento- dell'esperienza del popolo dell'acqua: quella diffusione reticolare che ha rimesso in moto le energie positive di milioni di donne e uomini che, tutti i giorni e in ogni angolo del Paese, stanno compiendo il più importante processo di autoeducazione popolare degli ultimi decenni, costruendo consapevolezze e intessendo legami sociali, di cui nessun grande mass media parlerà, ma che potrebbero costituire l'elemento decisivo per la vittoria ai referendum.
Contemporaneamente va subito lanciata una campagna per ottenere ora e senza ulteriori tentennamenti ciò che è altrettanto insopprimibile: il diritto all'informazione.
Per questo occorre mobilitarsi subito contro i boicottaggi interni alla Commissione di Vigilanza Rai, che impediscono l'approvazione del regolamento per le trasmissioni televisive, premere su tutte le reti pubbliche e private e sui grandi organi di informazione perché diano adeguata informazione, chiedere ad ogni ente locale di svolgere il proprio ruolo istituzionale favorendo l'informazione e la partecipazione dei cittadini.
Vogliono pregustare la torta di 60 miliardi del business dell'acqua, a noi il compito di rendergli evidente che l'acqua ha un legittimo impedimento: è nostra.
*Attac Italia
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