martedì 2 marzo 2010

CORRUZIONE AL PALAZZO DI GIUSTIZIA

Ugo Betti
(1892-1953)

CORRUZIONE AL PALAZZO DI GIUSTIZIA

DRAMMA IN TRE ATTI

PERSONAGGI
ERZI, Consigliere Inquisitore
CROZ, Primo Giudice
CUST, Giudice

In una città straniera ai nostri giorni. L'azione ha luogo, tutti e tre gli atti, in una vasta, severa stanza del Palazzo di Giustizia.

Atto Secondo

CUST (lentamente): In conclusione voi mi avete chiamato per sapere da me ciò che penso di questo affare?
ERZI: Ecco.
CUST: Penso che se il vostro lebbroso esiste e se esso non è Vanan, vi riuscirà difficile trovarlo.
ERZI: Dunque non impossibile. Ma perché difficile?
CUST: Perché il filo dei fatti, che poteva guidarvi fino a lui, è troncato. Ludvi-Pol è morto: la bocca che poteva parlare è chiusa.
ERZI: Allora voi credete che in questo momento, in una qualsiasi delle tante stanze di questo palazzo, vi sia una persona in cui ormai è cessato ogni timore.
CUST (pensieroso): Sono stanze molto quiete. Vi siedono uomini dal viso malaticcio, proprio di chi vede raramente il sole. Per lunghi anni, ascoltando in silenzio molte bugie, essi hanno esaminato azioni umane di straordinaria sottigliezza e perfidia. La loro esperienza è immensa. La gente vede oltre il tavolo dei signori un po' logorati e cerimoniosi. Ma in realtà, specie quelli di essi che salirono agli alti gradi, sono dei lottatori, caro collega, nonostante che le loro vene irrigidite si rompano con facilità. Generalmente hanno il sonno difficile, e così... (Si interrompe.)
ERZI: E così?...
CUST: ...e così covano le loro idee a lungo. Sono capaci di ascoltare attentamente, tenaci, prudentissimi.
ERZI: Difficile coglierli in fallo, dunque.
CUST: Sì, qualcuno di essi è l'uomo che cercate.
ERZI: Il lebbroso.
CUST: Oggi egli è un uomo in alto. Il giorno in cui voi riusciste a smascherarlo egli rimarrebbe per un momento come fulminato; milioni di occhi su lui; poi egli precipiterebbe in un abisso di tenebre.
ERZI: E allora?
CUST: E allora egli si difenderà, caro collega. Credo che la sua situazione gli conferisca una strana inebriante libertà.
ERZI (fissandolo): Io immagino che una sera, a ora inoltrata, quest'uomo, questo giudice che noi cerchiamo, sollevò il volto dal suo scrittoio. La persona che entrò era deferente, la visita aveva un motivo legittimo. Poi la conversazione divagò, alte amicizie, segreti poteri, attraenti lusinghe balenarono in essa...
CROZ (appare sulla porta della cancelleria e si ferma in ascolto, non veduto da alcuno).
ERZI (continuando senza interruzione): ...Il prudente visitatore tentava di incontrare qualcosa che nell'anima del giudice era in attesa, e che si chiamava ambizione; oppure avidità; oppure invidia; oppure odio. Quando è che quella lecita cordialità, quelle vaghe promesse, quel sottile legame divennero un laccio, tenuto dalla mano di un padrone?
CUST (leggermente sudato): Trovo la vostra ricostruzione molto verosimile.
ERZI (incalzando impalpabilmente): Fu così che quel giudice pose a servizio di un padrone e dell'ingiustizia una mente acuta e dominatrice. Falsò decisioni, tradì segreti, alterò destini umani; sparse qui un turbamento che presto inquinò l'intiero palazzo; condusse la ferrea ruota della legge su molti innocenti. Persino l'omicida può immaginare di essere un giustiziere. Ma il nostro uomo sapeva bene di falsare proprio la sacra bilancia della giustizia. In nome di che cosa? Perché?
CROZ (dal fondo, intervenendo inopinatamente): Ma perché probabilmente gli erano venuti dei dubbi.
ERZI (voltandosi): Su che cosa?
CROZ: Sulla sacra bilancia eccetera. (Ride, tossisce, s'inoltra.) Il diavolo - voglio dire Ludvi-Pol - era venuto a trovarlo, quella sera. Ma probabilmente il nostro uomo lo aveva desiderato, non è vero Cust? Succede al giudice come al prete: dopo avere officiato tutta la vita davanti al ciborio, gli viene una uggia terribile, e una gran voglia di vedersi apparire davanti appunto il diavolo.
ERZI (fissando ora Croz): Ma non lo rese saggio l'essere in là con gli anni, l'essere ormai fuori dal gioco?
CROZ (sghignazzando): Fuori dal gioco? Ma non si è mai fuori dal gioco, caro Erzi! Mio caro, voi figuratevi uno di quegli insetti neri, brutti, pinzuti. E uno lo stuzzica: e quello pinza. E uno lo storpia: e quello pinza. E uno lo stronca in due: e quello pinza. E uno gli trafigge e gli schiaccia anche la testa: e le pinze seguitano a pinzare, a pinzare, a pinzare. Così, per nulla. La vita è questo.
CUST (tendendo l'indice): ...un puntiglio che diverte anche i moribondi, vero Croz?
ERZI (voltandosi improvvisamente a Cust): Ma allora, Cust, se il filo dei fatti è troncato, e se la persona è così ostinata, decisa, prudente, come mai voi dite che sarà difficile trovarla, e non impossibile? Sì, voi l'avete detto. Che cos'è che potrebbe tradirla?
CUST (prima con gli occhi bassi e poi alzandoli sull'interlocutore): Questo: che gli uomini sono un po' gracili; e invece ciò che essi stessi fabbricano, pensieri... leggi... delitti... è troppo pesante per le loro spalle.
ERZI (stringendo leggerissimamente): Voi dite che il colpevole di questo delitto non riesce a coricarsi con naturalezza.
CUST: Sì.
ERZI: E perché?
CUST: Perché pensa troppo ad esso.
ERZI: Rimorsi?
CUST: No. Egli sta al di là di questo.
ERZI: E perché dunque?
CUST (sorridendo e guardando fisso): Perché egli non vuole che la sua piccola rosea pustola sia scoperta.
ERZI: E allora?
CUST (un po' sudato): E allora, con straordinaria sottigliezza e pazienza egli calcola, immagina che la più leggera incrinatura della sua voce, il più fuggevole dei suoi sguardi, abbiano potuto lasciare qua e là delle tracce, delle scie impalpabili...
ERZI: ...che però qualcuno potrebbe ritrovare, seguire...
CUST: Sì, e che egli con suprema cautela provvede a confondere e disperdere.
ERZI: E in che modo?
CUST: Correndo incontro ad ogni più vago sospetto, prima ancora che esso nasca, magari suggerendolo, e poi guardandolo fisso, rendendolo perplesso, incerto, abbagliato, distrutto dalla sua stessa sottigliezza.
CROZ (sghignazzando): È un gran lavoro, vero Cust?
CUST: Certo. Il segreto, per scoprire quell'uomo, è di essere lui.
ERZI: E cioè?
CUST: ...sentirsi lui. (Leggerissimamente ansante:) Provare lo stesso freddo qui ai capelli, lo stesso forte battito non proprio al cuore, più sotto, quasi al ventre: tun... tun... tun..., la stessa spossatezza alle giunture, lo stesso sudore. Spero che mi comprendiate.

[Tratto dal copione teatrale disponibile sul sito di Gruppo Teatro Tempo: http://www.gttempo.it]

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