[nota bene: sapendo come le banche creano denaro dal nulla, la notizia acquista un sapore ancora più horror, se possibile. Ormai è bancarotta morale anche nell'enclave degli gnomi]
La polemica
Darbellay fa scandalo: “Vale la pena curare i malati terminali?”
“Interrompere le cure costose” così la politica distrugge l’etica
Patrizia Guenzi, caffè.ch
Nessuno se l’aspettava un interrogativo così choccante. Tanto meno dal presidente di un partito cristiano quale Christophe Darbellay. Eppure, il presidente del partito popolare democratico svizzero, dalle colonne de “Le Matin”, s’è chiesto: “Bisogna pagare 50mila franchi per trattare un cancro senza speranza, o è meglio sviluppare le cure palliative per alleggerire le sofferenze?”. E la polemica è divampata. “Guai lasciar decidere ai contabili come e in che modo curare un malato”, dice il teologo Alberto Bondolfi, professore di etica all’università di Losanna. “Significa che dobbiamo ammazzarli tutti prima che si ammalino”, tuona il vescovo Giacomo Grampa, sollecitato dal Caffè per un commento. “Piuttosto - riprende Bondolfi -, aumentiamo il grado di libertà di apprezzamento del medico e del paziente”. L’oncologo Franco Cavalli aggiunge: “L’affermazione di Darbellay è troppo populista. Inoltre, confonde i termini del problema. Una cosa sono le cure palliative, spesso altrettanto costose dei farmaci oncologici, un’altra il razionamento delle cure”.
Ma monsignor Grampa non molla. Parlare di risparmi sui pazienti lo fa imbestialire. E punta il dito contro una società attenta solo al denaro: “Il malato ha più bisogno di rispetto, attenzione, solidarietà e cure di chiunque altro - dice -. Concetti, questi, che attengono alla civiltà di un popolo”. Insomma, l’uscita di Darbellay ha scatenato e riaperto il dibattito sull’assistenza ai pazienti in fin di vita. “La scelta di quali e quanti cure spetta al paziente e ai familiari - dice al Caffè Felix Gutzwiller, consigliere nazionale liberale. Piuttosto, sviluppiamo la medicina palliativa che in Svizzera è ancora parecchio indietro”. E non dimentichiamo che la ricerca scientifica si rivolge anche ai tanti pazienti, oggi, incurabili.
Certo, è indubbio, la medicina in Svizzera è di prima qualità, ma costosa: 60 miliardi l’anno! Siamo il terzo paese più caro al mondo, come ha ricordato Darbellay. Ma Cavalli, a sentirlo parlare di risparmi storce il naso e si toglie qualche sassolino dalla scarpa: “Non mi risulta che il Ppd abbia mai cavalcato alcuna iniziativa, né lanciato proposte per diminuire i costi sanitari”. E ancora: “Darbellay pensa di usare le terapie palliative come fossero un metodo di razionamento”.
Tra l’altro, il problema riguarda pure i pazienti anziani. “Non conta l’età anagrafica, bensì quella biologica - afferma Cavalli -. E vi assicuro che i medici prestano sempre più attenzione a non fare dell’accanimento terapeutico”. Ma Cavalli è indignato anche dal costo di alcuni farmaci. “Fino a dieci anni fa un trattamento poteva costare in media 500-800 franchi al mese. Oggi si è passati da 6-9mila! E non sempre i farmaci di ultima generazione sono più efficaci”. Non solo. “L’Ufficio federale della sanità ha la tendenza a ritardare l’inserimento di alcuni nell’elenco di quelli pagati dalle casse malati. E a volte sono ritardi che anticipano la morte di un paziente. In fondo chi ha il diritto di decidere se valga o meno la pena regalare ancora 6-8 mesi di vita ad una persona?”.
pguenzi@caffe.ch
24.05.2009 - 01:00
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