Un saggio che squarcia la melma stagnante dei dibattiti e delle analisi su tutto ciò che concerne quella che è stata definita “integrazione europea”
“La dittatura europea”, l’ultima fatica di Ida Magli
|
“La copertina è blu, ma fate conto di avere in mano il libretto rosso”, dice Ida Magli parlando del suo ultimo lavoro, La dittatura europea, davanti al numeroso pubblico che ha affollato, sabato scorso, la sala Pirelli presso la sede della regione Lombardia in Milano. Ida Magli, antropologa, giornalista, autrice, tra l’altro, di numerosi saggi e articoli volti a smascherare la vera natura antipopolare e plutocratica delle istituzioni europee, si conferma essere una salutare “scheggia impazzita” del panorama culturale e accademico nazionale, il volto sano e battagliero di un universo (quello della “cultura” nazionale) addomesticato e uniformato. Ne avevamo già avuta l’impressione leggendo le sue lucide e puntuali analisi su Il Giornale, che brillavano nel contesto spesso allineato e coperto del quotidiano milanese; ne abbiamo avuta conferma scoprendo appunto questo sua ultima fatica scrittoria, già puntualmente recensita su queste pagine da Lidia Sella, uno dei rari esempi di politicamente scorretto riuscito a sfuggire alle fitte maglie della rete della censura che vorrebbe opere del genere confinate ai circuiti più ristretti, alle editrici di nicchia, alle librerie-bunker, catacombe scrittorie degli ultimi uomini liberi. Invece, lei no. Ha pubblicato per i tipi della Rizzoli, edizione a prezzo popolare, reperibile in tutte le librerie: tutti i requisiti necessari perché non restino inascoltate le volontà del’Autrice, che non desidera lanciare un messaggio in bottiglia ai posteri e agli storici di domani, vuole uscire dalle logiche della fredda testimonianza accademica e vuole fornire ai suoi lettori un agile strumento di lotta e di conoscenza del volto orribile del potere.
Un’opera, La dittatura europea, che lancia un sasso sulla superficie melmosa e stagnante del dibattito e dell’analisi su tutto ciò che concerne quella che è stata definita “integrazione europea”. Che svela la natura occulta e coperta da una spessa coltre delle sue stanze del potere, che denunzia come sia proprio questa sua fumosità il suo punto di forza, e come il linguaggio burocratico e omissivo che caratterizza i suoi atti pubblici sia il fondamento dell’ignoranza popolare sulle sue reali caratteristiche. Un segreto verbo che l’Autrice impreca senza alcuna remora, quello di questa unione di potentati economici sovranazionali che si cela dietro la maschera di un’Unione Europea fondata nella realtà sulla moneta unica, sul signoraggio bancario, sull’omologazione culturale, sulla grigia monocromia politica, sulla distruzione della spiritualità, sul pensiero omologato, sul traffico di merci e di uomini, sull’addomesticamento delle scienze e della critica sociale, sullo sradicamento delle identità popolari, sulla cancellazione dell’autorità degli Stati, sullo smarrimento di ogni peculiarità, sull’annullamento della storia e delle tradizioni creatrici di ogni identità nazionale, sulla mancanza di qualsivoglia misura volta al benessere popolare e alla giustizia sociale – un’anti-europa, dunque, nella quale troverete banche, commerci, predicatori di multiculturalismo, annunziatori della lieta novella (“vi porteremo in Europa!”) e ogni scintillante colore della modernità, ma da cui hanno eliminato ogni riferimento alla sua vera chiave di volta: i popoli.
Il libro di Ida Magli, dicevamo, è stato quindi presentato sabato 5 marzo in una conferenza pubblica presso la regione Lombardia. L’evento, seguito da Rinascita e da L’Uomo Libero, che hanno diffuso copie e si sono intrattenuti con i relatori e con il pubblico, suscitando generale interesse, attenzione e condivisione, è stato organizzato da Max Bastoni, esponente locale della Lega Nord, e ha visto la partecipazione, oltre che dell’Autrice, del presidente del consiglio regionale Davide Boni, del giornalista Maurizio Cabona de Il Giornale e dell’onorevole Mario Borghezio, parlamentare europeo. Dopo l’introduzione di Bastoni e del presidente Boni, i quali hanno rimarcato il fatto che questa Europa porta dentro di sé il “peccato originale” della mancanza delle identità popolari, hanno sottolineato di come omologhi le nostre vite fino ad imporci un diametro standard per le zucchine e hanno auspicato che si torni a fare affidamento sulle capacità delle nazioni, esortando i popoli a chiedersi cosa e se saranno tra venti o trenta anni, è stata la volta dell’Autrice.
Ida Magli, determinata e battagliera, ha raccontato delle difficoltà che la saggista e accademica ha incontrato nel trovare le parole per parlare sul serio di questa Europa, e della sua conseguente scelta di affrontare il discorso consapevole che altra forma scrittoria non sarebbe stata possibile se non quella del foglio di lotta, dello spietato scritto di denuncia che avrebbe messo definitivamente i colpevoli dell’uccisione dell’Europa dei popoli e degli Stati dinanzi le loro proprie responsabilità storiche, rinunziando alla mera trattazione scientifica e allo sterile vittimismo e facendo appello a quanti sono o diventeranno consapevoli che occorre affrontare una battaglia di civiltà contro l’imbarbarimento. E’ con un piglio deciso e un’accesa oratoria, sorprendenti nella sua figura composta e minuta e al cui confronto appariva ridimensionata addirittura la pirotecnica presenza di Borghezio (!) che l’Autrice ha tracciato i punti focali verso cui indirizzare i suoi lettori/militanti: a) la necessità di una radicale interruzione dei flussi migratori, cavallo di Troia del più pernicioso multiculturalismo e dello sfaldamento del tessuto socioeconomico e culturale europeo; b) denunzia e fuoriuscita dal sistema della moneta unica europea e ritorno alla monete nazionali di proprietà dello Stato all’atto dell’emissione e accreditate ai cittadini, riappropriazione della sovranità monetaria quale viatico per la riappropriazione della sovranità tout court; c) esercitare pressioni costanti sulla grande informazione affinché cominci a trattare queste tematiche, al fine di rompere la cortina di silenzio che le soffoca all’interno dei soliti circoli ristretti e le sminuisce al rango di teorizzazione complottista e apocalittica.
Alle puntuali analisi di Ida Magli ha voluto controbattere Maurizio Cabona de Il Giornale il quale, inserendosi in un copione ormai consueto di critica a quanti affermano un modello di sviluppo sostanzialmente rivoluzionario ha sostenuto che – pur condividendo le tesi dell’Autrice – è d’obbligo un “richiamo alla realtà”, bisogna essere consapevoli che l’uscita dall’Euro e il blocco dell’immigrazione sono solo delle oniriche chimere e che la grande informazione non potrà mai essere spinta su questi binari perché essa è lo specchio delle società che la producono. Non solo: il giornalista del quotidiano milanese ha ritenuto di dover far presente all’Autrice che i temi quali l’analisi dei gruppi di potere del mondialismo e quello della sovranità monetaria sono da lei stati scoperti solo in tarda età, e che anni or sono lei scriveva su La Repubblica per Scalfari mentre lui invece parla di Biderberg e di Trilateral da quando aveva i calzoni corti. Sorvoliamo su quest’ultima questione (l’analisi dei fenomeni politici non è come la festa della matricola, dove più sei fuori corso, più bollini hai sul libretto, e più “conti”); sul tema dell’informazione, invece, Cabona dovrebbe fare autocritica proprio in quanto redattore de Il Giornale. Il quotidiano milanese, infatti, pur ospitando talvolta delle lucide analisi critiche del modello occidentale e del sistema di potere capitalista transnazionale (pensiamo appunto agli articoli della Magli, ma ve ne sono stati anche altri) ha sempre sfruttato queste tematiche in maniera funzionale alla difesa delle proprie posizioni sulla politichetta nazionale: bene la critica ai poteri forti, dunque, ma solo quando questi si oppongono al capo del governo; per il resto, la linea de Il Giornale si attesta sulla difesa ad oltranza dell’occidentalismo più spinto, nelle sue dimensioni culturale, economica, militare. Potreste proprio voi dare l’esempio, che so, traendo le logiche conseguenze di quanto talvolta affermate nei vostri corsivi politicamente scorretti, e ammettere finalmente che certe tesi non possono essere svincolate da una complessiva critica al modello occidentale e al sistema socioeconomico capitalista. Certo, smettereste di essere un grande quotidiano e – come per Rinascita – non sareste più presenti neanche nelle rassegne stampa di Telesanterno, ma tant’è. Diventereste sì, per usare le parole dello stesso Cabona, lo “specchio” di quella parte di società che l’informazione embedded ha lasciato senza voce.
L’intervento dell’onorevole Borghezio a chiusura della giornata, passati in rassegna i punti salienti dell’opera della professoressa Magli, ha sottolineato – si trattava pur sempre di un evento di matrice… verde – i meriti della Lega Nord nell’organizzazione di questi eventi e nel dare voce e visibilità alle voci più scomode e alle tesi più eretiche. L’europarlamentare torinese ha inoltre auspicato una convergenza tra le diverse correnti del pensiero libero, ha citato le recensioni che de La dittatura europea hanno fatto Rinascita e La Padania, rallegrandosi della comunanza di vedute tra un giornale legato all’indipendentismo settentrionale e un altro di matrice nazionale e tricolore, si è spinto fino al volersi rivolgere a tutte le frange della contestazione a questo modello di sviluppo, compresi i “no-global che quando mi incontrano mi vogliono spaccare la testa”.
Bene, onorevole Borghezio (noi ‘sanculotti’ della sinistra nazionale spesso utilizziamo il titolo di onorevole con ironia neanche troppo celata: ma nel Suo caso ne facciamo ricorso con sincerità, poiché “onorevole” è quanto ha sostenuto, e Le dirò il perché). Leggendo queste pagine avrà constatato che non abbiamo mai mancato di riconoscere i meriti della Sua organizzazione politica. Abbiamo riconosciuto nella Lega, quantomeno in alcune sue manifestazioni, la forza politica più (me lo conceda) “nazionale” del desolante panorama partitico italiano; abbiamo riconosciuto la genuinità di parte della sua base militante e di parte della sua dirigenza; abbiamo guardato con sospetto chi l’ha voluta dipingere come un conato politico anti-meridionale o quanti (con indole prettamente bourgeoise) l’hanno descritta come un’accozzaglia di bifolchi con elmo vichingo sulla testa; abbiamo apprezzato le posizioni coraggiosamente critiche talvolta manifestate nei confronti del padrone d’oltreatlantico; ne abbiamo riconosciuto il merito di aver portato a livelli di visibilità politica e addirittura istituzionali le teorizzazioni più politicamente scorrette (cento copie tra Rinascita e L’Uomo Libero e discorsi sul signoraggio dentro il Pirellone sono indubbiamente un raro piacere per gli occhi e per le orecchie); ne abbiamo apprezzato il radicamento autenticamente popolare e il saldo legame col territorio. Per questo è onorevole il suo auspicio di convergenze.
Rimangono però, da parte nostra, delle criticità, e l’adesione a un modello fissato nei cieli cui non possiamo rinunciare. Che ci spinge a rimproverare – con sincero rammarico – alla Sua organizzazione politica una mancanza di completezza, una rottura della circolarità e dell’organicità della critica sociale al Sistema. Quella completezza che non può scindere l’elemento nazionale da quello della giustizia sociale, che non può disgiungere la sovranità dalla socialità, che non può non ravvisare nella lotta al sistema capitalista e alla grande finanza apolide la fase suprema dell’affermazione identitaria dei popoli e delle nazioni libere, quell’organicità secondo cui ogni patriota è un socialista, e ogni socialista è un patriota.
E’ questa la via maestra per liberarsi dalla dittatura europea e per tornare a sperare in un Europa di popoli e nazioni libere e federate. Altre strade, ci si creda, non ve ne sono.
Nessun commento:
Posta un commento