giovedì 10 marzo 2011

Remissione atti alla Corte Costituzionale Legge milleproroghe salva banche

Oggetto: Ordinanza Tribunale di Benevento remissione atti alla Corte Costituzionale Legge milleproroghe salva banche

Come al solito il Tribunale di Benevento si distingue ancora, adottando una decisione in materia bancaria attesa da molti cittadini, imprese e professionisti.

Rimetto in allegato ordinanza del Giudice Dr. Andrea Loffredo della Sezione Civile del Tribunale di Benevento che in data odierna, primo in Italia, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della scandalosa norma evidenziata in oggetto.

Vi prego di prendere visione dell’allegato.

Cari Saluti.

Alfredo Montefusco


STUDIO COMMERCIALE MONTEFUSCO

CONSULENZA IN MATERIA BANCARIA E CREDITIZIA

dott. comm. alfredo montefusco

dott. ssa roberta salvatore

dott. gennaro martini

dott. carmine cocchiarella

via tommaso bucciano nr. 6

82100 benevento

' +39 824.52130 6 +39 824.51652

) +39 339 2501101



Il TRIBUNALE ORDINARIO DI BENEVENTO
-SEZIONE CIVILE-
Il giudice unico dr. Andrea Loffredo, all’udienza istruttoria civile del
10/3/2011, ha emesso, dandone lettura alle parti, la seguente
ORDINANZA
nella causa iscritta al n. 2102/2007 R.G.A.C. avente ad oggetto: azione di
ripetizione di somme indebitamente percepite in rapporto di conto corrente
bancario
TRA
M U, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Romano sito
in Benevento Viale Mellusi n. 40, come da procura in atti
ATTORE
E
B s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, con domicilio
eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Criscoli , sito in Benevento Via
Giustiniani n. 18, come da procura in atti
CONVENUTA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 11/6/2007 M U esponeva di
aver intrattenuto con la filiale B s.p.a. di Benevento un rapporto di conto
corrente bancario contraddistinto dal n. 7073
( numero erroneamente
indicato e poi successivamente corretto in quello portante il n. 27/90 ),
iniziato in data 14-21/09/1992 e chiuso in data 31/12/2006 con saldo
debitorio a carico di esso attore.
Allegava che su detto conto, la banca aveva calcolato e addebitato
commissioni di massimo scoperto ed interessi anatocistici in violazione
1
dell’art. 1283 c.c., sulla base di clausole contrattuali nulle e prive di effetto,
per cui, non essendo stato possibile ottenere bonariamente dalla banca
quanto indebitamente dalla stessa percepito – giusta richiesta raccomandata
di restituzione notificata alla banca in data 5/3/2007 - l’attore chiedeva al
giudice di dichiarare che il B s.p.a. durante il rapporto bancario intercorso
aveva addebitato interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto
non dovuti e quindi di conseguenza condannare la banca alla restituzione
delle somme indebitamente percepite per le causali suindicate, oltre vittoria
di spese di lite da distrarsi in favore del procuratore anticipatario.
Instaurato regolarmente il contraddittorio, la banca eccepiva in via
preliminare
la
nullità
dell’atto
di
citazione
per
genericità
ed
indeterminatezza dei fatti costitutivi posti a base della domanda e nel merito
tempestivamente eccepiva la prescrizone decennale dell’azione di
ripetizione dell’indebito in quanto decorrente il periodo prescrizionale dalla
data di annotazione di ogni singola posta contestata.
Deduceva, peraltro, l’avvenuta decadenza dalla contestazione degli
estratti conto, atteso che il correntista, pur avendoli ricevuti periodicamente,
non li aveva mai impugnati entro il termine di sessanta giorni di cui all’art.
119 del T.U. n. 385/93.
Affermava, inoltre, la legittimità delle pattuizioni – e delle
conseguenziali annotazioni in conto corrente - relative alla capitalizzazione
periodica degli interessi passivi e alla commissione di massimo scoperto,
per cui concludeva per il rigetto della domanda attorea, con vittoria di spese,
diritti ed onorari di giudizio.
Indi, prodotti dalle parti i contratti, gli estratti conto ed i conti scalari
relativi al c/c 27/90, il giudice istruttore, sul presupposto non esplicitato
della nullità della clausola anatocistica per violazione dell’art. 1283 c.c. e
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della calusola di commissione di massimo scoperto per violazione degli artt.
1418 comma 2 e 1346 c.c. ( indeterminatezza ed indeterminabilità della
stessa , atteso che il contratto contiene solo l’indicazione in percentuale
della commissione ma non l’indicazione dei criteri di calcolo ) disponeva
una consulenza tecnica finalizzata alla ricostruzione contabile del rapporto
bancario depurato dagli effetti della commissione di massimo scoperto e
della capitalizzazione trimestrale degli intertessi debitori, con applicazione
del criterio della capitalizzazione annuale degli stessi.
Successivamente, depositata una prima relazione di consulenza, resi
chiarimenti alla stessa con redazione di una relazione integrativa che
accertava - con il criterio della capitalizzazione annuale degli interessi
debitori - un saldo reale attivo a favore dell’attore di euro 26.832,87 al
31/12/2006 , precisate le conclusioni, all’udienza del 28710/2010 la causa
veniva riservata in decisione, con concessione dei termini di cui all’art. 190
c.p.c.
Con ordinanza depositata in cancelleria in data 1/2/2011 il giudice,
essendo intervenuta in data 23/11/2010-2/12/2010 la sentenza n. 24418/10
della Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Unite Civili che sanciva
l’illegittimità della capitalizzazione anche solo annuale degli interessi in
quanto contrastante con la nullità dell’anatocismo di cui all’art. 1283 c.c. ,
rimetteva la causa in istruttoria, disponendo la comparizione del c.t.u. per
l’udienza del 10/3/2011 per incaricarlo di ricostruire il rapporto bancario
dedotto in giudizio alla luce dei principi giuridici affermati in detta sentenza
e segnatamente per il ricalcolo del saldo epurato integralmente dall’interesse
anatocistico ( c.d. criterio dell’interesse semplice ).
Nel frattempo, in data 26/2/2011 veniva pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 47 – Supplemento ordinario n.53 la legge 26/2/2011 n.10 di
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conversione con modificazioni del decreto legge 29/12/2010 n. 225, recante
“Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti
in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie” ( c.d. Decreto
Milleproroghe ), la quale all’art. 1 comma 1, richiamando l’allegato
“Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto legge 29
dicembre 2010 n. 225” ha introdotto nell’ordinamento giuridico ( con
decorrenza dal giorno successivo a quello della pubblicazione ( art. 1 ) la
seguente norma: “Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto
legge 29 dicembre 2010 n. 225 : all’art. 2 dopo il comma 19 sono aggiunti i
seguenti commi: ...omissis...
“61.In ordine alle operazioni bancarie
regolate in conto corrente l’art. 2935 del codice civile si interpreta nel
senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in
conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso
non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge” (
per facilità di comprensione e reperimento vedansi articolo art. 2 comma 61
del testo del decreto legge 29/12/2010 n. 225 coordinato con le modifiche
apportate con la legge di conversione 26/2/2011 n.10, secondo il testo
redatto dal Ministero della Giustizia ai sensi degli artt. 10 comma 2 e 3 e 11
comma 1 del D.P.R. 28/12/1985 n. 1092 – Testo Unico delle disposizioni
sulla promulgazione delle leggi e sulle pubblicazioni ufficiali della
Repubblica Italiana ).
Orbene questo giudicante, nel dover rendere i provvedimenti
istruttori e segnatamente dovendo decidere se ed in quali termini affidare al
c.t.u. un incarico integrativo di ricalcolo del rapporto bancario in conto
corrente sulla base dei criteri sanciti dalla sentenza n. 24418/10 della Corte
Suprema di Cassazione – Sezioni Unite Civili , non può prescindere
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dall’applicazione della nuova norma, la cui portata innovativa si presta a
varie interpretazioni, alcune delle quali palesemente in contrasto con i
principi costituzionali di cui agli artt. 3 ( principi di uguaglianza e di
ragionevolezza ), 24 e 102 ( diritto di tutela dei propri diritti davanti agli
organi giurisdizionali ordinari ) , 41 e 47 ( principi di libertà dell’iniziativa
economica privata e di tutela del risparmio ) della Costituzione.
La banca convenuta, infatti, in comparsa di costituzione ha
tempestivamente eccepito la prescrizione
dell’azione di restituzione
dell’indebito proposta dall’attore ai sensi dell’art. 2033 c.c., per cui se la
nuova norma dovesse intepretarsi nel senso che la prescrizione decennale
decorre non dalla data di estinzione del rapporto di conto corrente ( come di
recente confemato da Cass. Civ. S.U. n. 24418/10 ) ma dal giorno di ogni
singola annotazione in conto ( art. 2 quinquies comma 9 prima parte della
impugnata legge ), la conseguenza sarebbe l’estinzione per prescrizione del
diritto dell’attore alla restituzione degli importi versati a titolo solutorio e
annotati in data anteriore al 5/3/1997, vale a dire annotati oltre dieci anni
prima della data di notificazione della richiesta stragiudiziale di restituzione
dell’indebito (raccomandata notificata alla banca in data 5/3/2007 ), che
rappresenta il primo degli atti interruttivi della prescrizione risultante in atti.
Inoltre, se la seconda parte della norma impugnata ( ... In ogni caso
non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto legge” ) dovesse
interpretarsi nel senso che nelle operazioni bancarie regolate in conto
corrente ciascuna delle parti può non restituire gli importi già versati alla
data del 27/2/2011, anche se non dovuti, la conseguenza sarebbe il rigetto
totale della domanda di restituzione dell’attore, in quanto, il rapporto
bancario in conto corrente è stato chiuso consensualmente dalle parti in data
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31/12/2006, per cui i versamenti sono tutti antecedenti alla data di entrata in
vigore della legge 26/2/2011 n.10.
Ciò posto, essendo evidente la rilevanza della questione di
costituzionalità ai fini della adozione dei provvedimenti istruttori e decisori
della causa civile in esame, appare opportuno svolgere brevemente i motivi
di diritto in base ai quali questo giudicante ritiene costutizionalmente
illegittima l’impugnata norma.
MOTIVI DI DIRITTO
Invero nella prima parte della impugnata norma il legislatore
manifesta apertamente l’intento di attribuire alla stessa natura di norma di
interpretazione autentica dell’art. 2935 codice civile ( “ La prescrizione
comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere “ )
aggiungendo che “ In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto
corrente l’art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la
prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a
decorrere dal giorno dell’annotazione stessa “.
E’ evidente l’intento e la finalità di consentire l’applicazione
retroattiva, e quindi anche ai giudizi pendenti, della norma, alla stregua di
ogni vera ed autentica legge di interpretazione autentica.
Orbene le norme interpretative, che il legislatore può adottare quando
la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo
originario di una norma, non possono violare i limiti generali all'efficacia
retroattiva delle leggi, che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi
costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela
dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento. Tra detti principi
spiccano il rispetto del principio generale di ragionevolezza, il principio del
divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, il principio della
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tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti per l’effetto
nomofilattico delle pronunce della Corte di Cassazione, la coerenza e la
certezza dell'ordinamento giuridico, il rispetto e la non invasione delle
funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario.
Nel caso dell’impugnata norma tali limiti risultano platealmente
superati, atteso che:
1) non vi era alcun dubbio interpretativo in ordine alla decorrenza
della prescrizione dei diritti nascenti dall’annotazione nelle operazioni
bancarie regolate in conto corrente, atteso che sul punto vi era costante ed
uniforme giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ultima
peraltro, recentemente, con sentenza a Sezioni Unite n. 24418/10 del
2/12/2010, aveva ribadito quanto sostenuto da anni e cioè che “ Se, dopo la
conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto
corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che
prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di
quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione
decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i
versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto
solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il
saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati
“.
Relativamente a tale recente decisione, giova precisare che la
Suprema corte ebbe a pronunciarsi a Sezioni Unite non per difformità di
orientamenti tra diverse Sezioni della stessa, ma unicamente “per la
particolare importanza delle questioni sollevate”.
2) da decenni gli esperti di diritto bancario e la stessa giurisprudenza
hanno chiarito come sia corretto distinguere gli atti giuridici da cui sorgono
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diritti di credito dalle semplici operazioni contabili di accreditamento ed
addebitamento, le quali si effettuano secondo la tecnica delle scritture e delle
registrazioni, per cui l'operazione contabile di accredito o di addebito non
corrisponde alla costituzione di crediti o di debiti, ma è semplicemente un
modo di rappresentare le modificazioni oggettive e quantitative che subisce
un unico rapporto obbligatorio nel corso del suo svolgimento. Ne consegue
che durante il corso del rapporto non si attribuisce a nessuno dei due
contraenti la veste di debitore o di creditore ma si lascia ciascuna delle parti,
fino a completa estinzione del rapporto, nella sua rispettiva posizione
originaria. Per tali motivi sia la dottrina che la giurisprudenza hanno sempre
ritenuto che i contratti bancari di credito con esecuzione ripetuta di più
prestazioni, sono contratti unitari, che danno luogo ad un unico rapporto
giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutiv e che la serie di
versamenti, prelievi ed accreditamenti determina solo variazioni quantitative
dell'unico originario rapporto. Per cui solo con il conto finale si stabiliscono
definitivamente i crediti e i debiti delle parti fra di loro e se ne determina
l’esigibilità.
Ne deriva l’irragionevolezza della norma impugnata, in quanto sotto
forma malcelatamente interpretativa, di fatto innova e si scontra non solo
con la disciplina normativa e la natura giuridica propria delle operazioni
bancarie in conto corrente di cui agli artt. 1852-1857 c.c. ma anche con il
principio generale affermato dall’art. 2935 c.c. in tema di decorrenza della
prescrizione
3) le norme sulla prescrizione, pur avendo una natura sostanziale,
producono i loro effetti sul piano processuale, atteso che invocando l’effetto
estintivo delle stesse è possibile impedire ai titolari di diritti di ottenerne la
realizzazione in via giudiziaria.
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Ne consegue che, ove l’impugnata norma si applicasse anche per il
passato e ai giudizi in corso, si avrebbe non solo una violazione del
principio di uguaglianza e un’ingiustificata disparità di trattamento, ma
anche una frustrazione dell'articolo 24 della Costituzione, oltre che un
invasione ingiustificata delle prerogative proprie della Magistratura
Ordinaria con violazione dell’art. 102 della Costituzione.
4) l’impugnata norma realizza, infine, un’eclatante violazione dei
principi di tutela del risparmio delle famiglie e delle imprese, delle quali
ultime intacca la libera di iniziativa economica, così violando gli artt. 41 e
47 della Costituzione.
La norma in parola, infatti, paradossalmente contenuta in una legge
titolata “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi
urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie” più
che sostenere famiglie ed imprese incide invece negativamente sulle
legittime aspettative di esse di ottenere in restituzione ingenti somme
indebitamente contabilizzate dalla controparte durante lo svolgimento di
rapporti in conto correnti e percepite in violazione di norme di ordine
pubblico quale il divieto dell’anatocismo e del decorso della prescrizione dal
giorno in cui il diritto può essere fatto valere, favorendo così anche condotte
dagli effetti tendenzialmente usurari.
D’altra parte la norma, di iniziativa governativa ed inserita con un
maxi emendamento nel testo di un ennesimo decreto legge c.d.
Milleproroghe a pochi giorni dalla scadenza dello stesso e sottoposto a voto
di fiducia con conseguenziale sostanziale frustrazione del potere del
Parlamento di apportarvi delle modifiche ( è noto che molti dei deputati e
dei senatori sono avvocati che ben conoscono il contenzioso civile in atto tra
banche e correntisti ), pur se definita dai primi commentatori come “legge
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salva banche”, rischia di pregiudicare irrimediabilmente anche il diritto delle
banche ad ottenere in restituzione somme date a mutuo ai correntisti in
regime di apertura di credito in conto corrente, se annotate prima di dieci
anni dalla formale richiesta di rientro o di pagamento del saldo finale di
chiusura del conto.
Le considerazioni sopra sviluppate valgono a maggior ragione
riguardo alla seconda parte dell’impugnata norma, vale a dire a quella sorta
di norma transitoria la quale dispone che “...In ogni caso non si fa luogo alla
restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto legge”.
Trattasi di norma del tutto assurda ed incomprensibile, la quale,
senza null’altro aggiungere e precisare, determina che chi ( anche una banca
) per sua sventura si trovi ad aver versato alla data del 27/2/2011 (data di
entrata in vigore della legge di conversione n. 10/2011 ) degli importi a
credito in un rapporto regolato in conto corrente non può ottenerli “in ogni
caso” in restituzione dal suo debitore.
Per non far torto all’intelligenza di nessuno si omette ogni ulteriore
commento, semplicemente rilevando che detta seconda parte dell’impugnata
norma fa strage non solo delle principali regole giuridiche e costituzionali
sopra richiamate , ma anche dei più elementari canoni di logica e
avvedutezza richiesti nella regolamentazione normativa dei rapporti tra
consociati.
P.Q.M.
Letti gli artt. 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale
9/2/1948 n. 1 e 23 della legge 11/3/1953 n. 87
il Tribunale Ordinario di Benevento
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promuove di ufficio, per violazione degli artt. 3, 24, 41, 47 e 102 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale della legge 26/2/2011
n.10 di conversione con modificazioni del decreto legge 29/12/2010 n. 225
nella parte in cui all’art. 1 comma 1, richiamando l’allegato “Modificazioni
apportate in sede di conversione al decreto legge 29 dicembre 2010 n. 225”
ha introdotto nell’ordinamento giuridico la seguente norma: “Modificazioni
apportate in sede di conversione al decreto legge 29 dicembre 2010 n. 225 :
all’art. 2 dopo il comma 19 sono aggiunti i seguenti commi: ...omissis...
“61.In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’art.
2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa
ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno
dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di
importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto legge”.
Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri
nonché comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei
Deputati e all’esito sia trasmessa alla Corte Costituzionale insieme al
fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette
notificazioni e comunicazioni.
Benevento, 10 marzo 2011
Il giudice unico dr. Andrea Loffredo
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