sabato 6 giugno 2009

La cartamoneta di Milano - Anno Domini 1240

La cartamoneta di Milano - 1240

Da: Pietro Verri - Storia di Milano - 1783
CAPITOLO IX
http://it.wikisource.org/wiki/Storia_di_Milano/Capitolo_IX

"Il popolo, dopo la morte di Pagano, scelse il di lui nipote, Martino della Torre, per essere da lui protetto contro de' nobili, ed a questo fu dato il titolo di Anziano della credenza. L'ufficio di questo tribuno del popolo era difendere ciascun popolare contro la usurpazione o prepotenza d'un nobile; sopraintendere all'uso ed amministrazione del pubblico erario; acciocché le entrate della Repubblica non venissero convertite in comodo privato. Oltre ciò la Repubblica era sempre in que' tempi a cassa vuota, sebbene i privati fossero benestanti; quindi si voleva dal popolo assicurare un fondo stabile, che potesse servire alle pubbliche spese, e prevenisse le angustie all'occasione della difesa; angustie provate singolarmente nell'ultima guerra che ci portò Federico II, siccome or ora dirò. Allora non vi è memoria che si ricevesse per anco tributo sul sale. Il pedaggio che pagavano le mercanzie era tutto a profitto della comunità de' negozianti; i quali avevano l'obbligo di conservare le strade, ripararle e custodirle, in modo che delle mercanzie rubate sulle pubbliche strade la comunità medesima era tenuta a rifarne il danno. La tariffa si vede annessa all'antico codice de' primi statuti, compilati nel 1216, siccome ho detto, e il conto si vede fatto a quattro denari di pedaggio per ogni lira di valore della merce; il che rimonta al tenue tributo di uno e due terzi per cento sul valore. Nemmeno la mercanzia adunque contribuiva alla cassa pubblica. Alcuni che pretendevano alla signoria delle terre, obbligavano gli abitatori di quelle a ricevere da essi i pesi, le stadere e le misure. Alcuni privati possedevano un consimile diritto in Milano medesima, e chiamavasi jus sextarii. Ma nemmeno di questi tributi sopra i pesi e le misure colava alcuna somma nell'erario della Repubblica. V'erano anche allora i diritti esclusivi di poter tenere osteria nelle terre e di vendere vino minutatim ad modum tabernae, come da una carta dell'archivio di Monza pubblicata dal conte Giulini. Ma di essi non pare che fosse al possesso la comunità di Milano. Erano dritti posseduti da privati. Da ciò facilmente si comprende che pochissima rendita doveva avere la Repubblica, e quella sola che proveniva dai delitti i quali, per l'antica tradizione longobardica, erano condannati con pene pecuniarie. Ma questa rendita era insufficiente, massimamente ne' bisogni straordinari; tanto più che le terre dei banditi si abbandonavano senza cultura, con incauto consiglio, se puramente si consideri l'economia pubblica; ma non affatto senza ragione, qualora si rifletta a que' tempi burrascosi, nei quali conveniva che nessuna utilità uomo alcuno potesse ritrarre dalla rovina d'un cittadino. Una legge è come una fabbrica d'architettura; conviene averla osservata da tutt'i lati, prima di poterne dare una opinione ragionevole; e le più strane talvolta, in alcune circostanze, sono le più sapienti. Per riparare la miseria della Repubblica già s'era, l'anno 1228, fatto un decreto per cui sei eletti aver dovessero l'ufficio di censura e conoscere ogni amministrazione pubblica; ed è una prova della difficoltà somma che s'incontrava nelle elezioni per il contrasto dei partiti, l'osservare come il decreto stabilì: che diciotto uomini si scegliessero a sorte, e di questi se ne eleggessero sei, i quali, dopo sei mesi, terminassero il loro ufficio ed eleggessero altretanti loro successori. Questo modo di eleggere a sorte, per necessità s'era anco esteso ad altri uffici. Ma queste circospezioni non rimediavano alla povertà del fondo pubblico. Perciò, all'occasione della guerra di Federico II, i nostri antenati ricorsero ad uno spediente che comunemente si crede una invenzione de' tempi a noi più vicini: e lo spediente fu, di porre in corso della carta in vece del denaro. Abbiamo nel Corio, all'anno 1240, i decreti fatti dalla Repubblica per conservare il credito a questa carta. Decreti saggi veramente, coi quali si ordinava che tutte le condanne pecuniarie si potessero pagare al comune di Milano colla carta; che nessun creditore privato fosse obbligato a riceverla in pagamento; che nessun debitore potesse essere nemmeno soggetto a sequestro, sì tosto che possedesse tante carte corrispondenti al suo debito. Si doveva pensare dunque a ritirare le carte in giro, sostituendovi egual valore in denaro. Si doveva pensare a costituire alla Repubblica una rendita indefettibile e proporzionata ai bisogni dello Stato. Non v'era altro spediente, se non se quello di formare un catastro delle terre, e sopra del loro valore distribuire un carico. A ciò naturalmente si opponevano i ricchi ed i nobili; su questo insisteva il popolo; e di ciò singolarmente venne commessa la cura al nuovo anziano della Credenza, Martino della Torre. Per dare un'idea delle somme angustie di denaro nelle quali la nostra repubblica si trovò in que' tempi, e per comprendere sempre più lo spirito del sistema nostro civile e delle opinioni, non sarà discaro a' miei lettori ch'io per intiero trascriva in questo luogo il contratto che si fece fra la città di Milano e il capitolo di Monza, per ottenere un calice d'oro in mero deposito, per servircene di pegno affine di ritrovare denaro. La carta sta nell'Archivio di Monza, segn. n. 91, e a me fu cortesemente somministrata dal signor canonico teologo Frisi, noto scrittore di quella basilica. (...) La necessità di stabilire un carico indefettibile sulle terre, si è conosciuta abbastanza da quanto si è detto. Questo era il voto del popolo: a questo fine Martino della Torre era stato creato anziano della Credenza; e si eresse un ufficio censuario, che si chiamò Officium inventariorum, perché ivi contenevasi il catastro, ossia l'inventario (siccome volgarmente si dice) di tutt'i fondi stabili, coi loro possessori, senza eccettuarne gli ecclesiastici. Il legato apostolico proibì con suo decreto l'imporre gravezza veruna alle persone o case religiose; ma, ridotto a termine il generale catastro, si pensò a porre un sistema. Si fece una ricapitolazione dei debiti pubblici; e, ripartita questa somma in otto eguali porzioni, si stabilì che per otto anni si distribuisse sopra del censo una di queste porzioni ogni anno, col nome di fodro ovvero taglia; e così dopo otto anni venisse saldato ogni debito e tolta alla circolazione la carta. (1248) Questo regolamento fu pubblicato l'anno 1248, come può vedersi nel Corio a quell'anno, e questa è la più antica memoria del carico prediale nel nostro paese: giacché prima non si ha notizia se non di tributi sopra i frutti ovvero sulle persone. Col terminare dell'anno 1256 i debiti pubblici dovevano essere pagati. (1257) Fu eletto podestà di Milano, per l'anno 1257, Beno de' Gozadini, bolognese. Egli aveva già, negli anni precedenti, servito utilmente la Repubblica, perfezionando il catastro de' fondi censibili."

Nota Bene: Nel 1240 era ancora reggente Pagano della Torre. Morì l'anno dopo, nel 1241.

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