Da: SVIZZERA Connection
6. IL MISTERIOSO CONTO PROTEZIONE
"Ciò che portò al successo Mani Pulite" disse il procuratore Gherardo Colombo, "fu la scoperta del conto 633.369 Protezione presso la Schweizerische Bankgesellschaft di Lugano. Coloro che stavano dietro questo conto delle tangenti alla Bankgesellschaft luganese si rivelarono i principali burattinai della corruzione italiana" (1). Il conto Protezione collegava il segretario socialista Bettino Craxi con il presidente del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, e con Licio Gelli, il gran maestro della loggia massonica segreta P2. L'elevato ruolo politico ed economico di questo terzetto faceva ben capire che qui non si trattava di un caso singolo ma del sistema delle tangenti nel suo complesso. Anche in Svizzera, lo smascheramento del conto Protezione alla fine di gennaio 1993 segnò una svolta. Da quel momento gli aiuti sistematici, forniti per decenni alla corruzione italiana sulla piazza finanziaria Svizzera, non poterono essere più oggetto di rimozione.
UNA VECCHIA STORIA
L'esistenza del conto Protezione era già divenuta nota nel maggio 1981. Allora Colombo e il suo collega Giuliano Turrone indagavano contro il banchiere della mafia Michele Sindona. Nel corso delle indagini la Guardia di Finanza perquisì anche la villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi presso Arezzo.(2) Nel corso di questo rastrellamento i funzionari scoprirono una busta inappariscente con la scritta: " Deputato Claudio Martelli", e all'interno la seguente annotazione: "SBG-Lugano, Conto 633.369 Protezione: numero di Claudio Martelli, sul quale il 28.10.1980 all'attenzione di Bettino Craxi per il contratto con l'ENI è stata versata, per ordine del Dr. Roberto Calvi, una somma di 3,5 milioni di dollari. Dopo la firma il 20.11.1980 da parte del Dr. C.R. e D.D.L. vengono pagati ancora 3,5 milioni di dollari." (3) Dopo che la rivista romana "L'Espresso" ebbe pubblicato questo documento, Martelli si preoccupò di avere una spiegazione alla SBG (Lugano) e la ottenne, nel senso che egli non era intestatario di un conto presso la banca né aveva beneficiato di un bonifico. La procura romana (4) rivolse una richiesta di rogatoria alla Svizzera per la consegna della documentazione del conto. Al ché l'avvocato di Lugano John Rossi, dello studio legale Tettamanti & Spiess, a stretto giro di posta fece ricorso in nome della SBG e dell' (allora) sconosciuto intestatario del conto presso il Tribunale cantonale di seconda istanza.(5) Dopodichè non successe più nulla. Secondo dichiarazioni di Rossi i giudici istruttori romani avrebbero archiviato il procedimento.(6)
UN GIUDICE SUPERIORE DI DEBOLE MEMORIA
Ma del misterioso Conto Protezione non ci si dimenticò. Nel 1984 giunse a Lugano una seconda rogatoria. Questa volta da Milano da parte dei due giudici istruttori Antonio Pizzi e Renato Bricchetti, che indagavano contro i responsabili del Banco Ambrosiano per sospetto di bancarotta fraudolenta. Di nuovo l'avvocato Rossi fece ricorso a nome della SBG e dell'intestatario sconosciuto del conto. Il giudice superiore Claudio Lepori, presidente della Camera dei ricorsi ticinese, tirò poi per le lunghe questa richiesta in maniera sistematica. La domanda di rogatoria per anni fu come dimenticata. Più tardi Lepori non riuscì più a ricordarsi come si fosse arrivati a questo. "Negli ambienti del palazzo di giustizia di Lugano si viene a sapere che sotto il giudice Lepori sono scomparsi o sono stati rinviati altri ricorsi. E' stato biasimato questo giudice venuto meno ai suoi doveri? No. Come giudice superiore appartenente al partito popolare cristiano-democratico, con maggiore anzianità di servizio nel Cantone, egli ha rinunciato nel 1992 a presentarsi al suffragio popolare diretto per questo tribunale. Ma alla fine dello stesso anno il Gran Consiglio Ticinese l'ha eletto nel piccolo collegio dei giudici istruttori, che egli da gennaio [1993] anche presiede." (7) La cortina di ferro con cui Lepori, il giudice superiore smemorato aveva protetto per otto anni il Conto Protezione presso la SBG (Lugano), fu infine aperta con forza. E precisamente da una direzione inaspettata, precisamente da Ginevra, dove il 30 ottobre 1992 la Sasea Holding era finita in bancarotta. Il suo delegato al consiglio di amministrazione Florio Fiorini era già in prigione per frode nel pignoramento. Con un ammontare del danno a circa tre miliardi di franchi, il fallimento della Sasea diventò la più grande bancarotta della storia economica svizzera; del caso si parlerà ancora nei particolari.
VIENE SOLLEVATO IL VELO
Il giudice istruttore di Ginevra Jean-Louis Crochet, che guidava le indagini contro Fiorini, perquisì alla fine del 1992 a Montecarlo gli uffici di una piccola banca sospetta appartenente al gruppo delle più di 300 banche collegate alla Sasea-Holding. La SI Bank a Montecarlo si presentò come un ufficio inappariscente, sulla cui scrivania c'era tra le altre carte una lettera che identificava un certo Silvano Larini quale titolare del conto Protezione a Lugano. Crochet sapeva che in Italia fino allora 10 procuratori e la commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2 non erano riusciti a trovare l'intestatario del conto. Il 22 dicembre 1992 egli fece visita alla SBG (Lugano). Più tardi ha così descritto questo episodio: "Chiedemmo al direttore di poter prendere visione degli estratti conto, del cui titolare eravamo in grado per la prima volta di dire il nome. Il direttore dichiarò che questo nome non esisteva sulle liste della banca. Dopo che con la dovuta chiarezza gli ebbi spiegato che avrei apposto legalmente i sigilli alla sua banca, se non mi avesse fornito immediatamente le documentazioni dei conti, disse scusandosi che il conto era effettivamente esistito ma che era stato estinto".(8) La risposta della SBG alla visita del giudice istruttore di Ginevra fu un ricorso contro la consegna del materiale richiesto. "Questi documenti li avrete solo quando avrete vinto in tribunale" disse il direttore.(9) Egli sapeva di non avere cattive chances. L'assistenza giuridica o rogatoria intercantonale dovette superare ostacoli grandi quasi quanto quella internazionale. (10) Il primo procuratore del Cantone di Ginevra, Bernard Bertossa, si vide più tardi costretto a protestare: "E' inaccettabile che in Ticino un cantone svizzero venga trattato come un paese del terzo mondo, ad esempio le Filippine".(11) In un'intervista alla rivista "L'Espresso" di Roma Bertossa ha confermato con più forza la critica alla letargica giustizia ticinese. (12) La risposta del primo procuratore ticinese Piergiorgio Mordasini fu immediata: "Per quanto concerne la rogatoria intercantonale e internazionale", disse Mordasini, "non abbiamo bisogno di lezioni" (13). Il 23 gennaio 1993 la radio ticinese annunciò che il giudice superiore Michele Rusca, successore di Lepori presso la Camera dei ricorsi, aveva respinto le istanze della SBG a proposito del conto Protezione, ma il rivio di anni il giudice non seppe spiegarlo. (14) L'avvocato Rossi bloccò immediatamente questa sentenza con un'impugnazione presso il tribunale federale. Ma alcuni giorni più tardi, il 7 febbraio 1993, il titolare del conto Silvano Larini si presentò alla polizia italiana. La cosa prese l'avvio. L'amico intimo e, come più tardi si rivelò, tesoriere di Bettino Craxi, era scomparso nel maggio 1992, sottraendosi ad uno dei primissimi ordini d'arresto dell'inchiesta di Mani Pulite. (15) Interrogato dai due procuratori Antonio Di Pietro e Pierluigi Dell'Osso, Larini si rivelò loquace. Il suo cliente sapeva fin troppo bene - disse più tardi un avvocato di Larini alla stampa - che la colpa in un affare del genere era sempre dei fuggiaschi e dei morti. Larini chiarì anche il mistero del Conto Protezione: Un bel giorno del 1980 egli aveva fatto una passeggiata a Milano con i suoi due vecchi compagni, Bettino Craxi (più tardi presidente del consiglio dei ministri) e Claudio Martelli (poi ministro della giustizia). Craxi mi interrogò su conti bancari all'estero. "Io risposi: alla SBG di Lugano, dopo di che Bettino mi chiese il numero del conto che Claudio annotò subito su un foglietto." (16) Questo foglietto -disse ancora Larini- poteva essere lo stesso dell'appunto trovato nella villa di Gelli. Quando del conto Protezione si parlò sui giornali, lui aveva prelevato quasi tutto il denaro in contanti, precisamente 4,7 milioni di dollari. Larini sottolineò che non aveva tenuto una lira per sè ma aveva sempre portato tutto a Craxi - un servizio da amico socialista nel contesto di una militanza politica comune decennale.
MAZZETTE PER I SOCIALISTI
A poco a poco il mistero si svelò. Il conto Protezione, di cui era titolare Larini, serviva da stazione di transito per tangenti del valore di sette milioni di dollari al partito socialista italiano (PSI), guidato da Bettino Craxi e Claudio Martelli. Chi pagava era Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, la più grande banca privata italiana. Con questo denaro Calvi, vicino alla bancarotta, acquisì un credito di cinquanta milioni di dollari dall'impresa petrolifera di stato ENI. L'operazione fu ordita dal Gran Maestro della P2 Licio Gelli. Il vice dell'ENI, Leonardo Di Donna, era membro della P2. Inoltre l'ex comunista era insieme a Bettino Craxi e a Claudio Martelli un leader del partito socialista (PSI). Contro il pagamento di 7 milioni di dollari i socialisti tollerarono infine che l'ENI, a spese del contribuente fiscale, cedesse al malconcio Banco Ambrosiano 50 milioni di dollari poco prima del fallimento della banca. Fu il capo del settore finanziario dell'ENI, Florio Fiorini, più tardi bancarottiere della Sasea a Ginevra, a eseguire la transazione illegale. Egli non stava con i socialisti né nella P2, sapeva tuttavia di che cosa un tecnocrate senza partito era debitore al suo presidente.(17) Dopo la confessione di Larini la procura milanese aprì un'inchiesta contro Craxi e il ministro della giustizia Martelli. Martelli lasciò l'incarico di ministro e Craxi diede le dimissioni da segretario del partito socialista. Il 10 febbraio 1993 i procuratori italiani interrogarono Fiorini a Ginevra. Egli confermò le dichiarazioni di Larini.(18) Nelle sue memorie, scritte nella prigione di Ginevra Champ Dollon, che vennero pubblicate nel 1993 col titolo ‘Ricordàti da lontano’, Fiorini si occupa anche del Conto Protezione. Inoltre parla di due noti banchieri svizzeri: il presidente della SBG Nikolaus Senn e il direttore della SBG Karl Janjoeri. Secondo Fiorini, i due sarebbero intervenuti presso organi della giustizia svizzera contro la rogatoria italiana. E racconta così la storia: "Un anno dopo il mio licenziamento dall'ENI [1981] mi chiamò Leonardo Di Donna, il mio ex capo: Craxi voleva diventare presidente dei ministri ed era estremamente inquieto per via del Conto Protezione. Il vertice della SBG doveva essere sensibilizzato ad ogni prezzo, disse Di Donna. Il vicedirettore della SBG Romano Bertoli [a Lugano], che gestiva il conto, era tuttavia troppo poco importante, per ottenere qualcosa. Io invece avevo coltivato secondo lui contatti cordiali con i capi della SBG a Zurigo, ad esempio con il direttore generale [Karl] Janjoeri, presidente della holding ENI all'estero Hydrocarbons International (HIH), e con il presidente della SBG [Nikolaus] Senn, predecessore del primo presso la HIH. Di Donna chiese un intervento alla SBG contro la consegna della documentazione del conto all'Italia. E non dimenticare -disse minaccioso- che se la storia viene alla luce, sei nei guai anche tu. Alla fine accettai di parlare col capo supremo della SBG, ma volli prima essere informato con esattezza sul retroscena della faccenda. Alcuni giorni più tardi in uno studio notarile di Lugano (19) Di Donna mi fece conoscere l'architetto Larini che si rivelò un idiota completo. In confronto all'ENI, Larini usava metodi da età della pietra. Si serviva del suo numero di conto personale, senza mettere in mezzo una società. E ancora: I pagamenti avvenivano senza plausibilità economica e privi di qualsiasi legittimazione. Maledizione, se questo Larini avesse per lo meno stipulato in Italia un contratto di consulenza! In questo caso la giustizia svizzera avrebbe dovuto dimostrare che questo contratto era solo fittizio, cosa che è praticamente impossibile. Ma se nonostante tutto ci fosse riuscita, saremmo ricorsi ad una superperizia.[...] Nel corso della mia visita mi riuscì infine di convincere la SBG di non dare pubblicità eccessiva a questa faccenda. Il dossier finì poi nelle mani dei migliori avvocati di Lugano e al tribununale federale di Losanna. Avemmo pure fortuna. Il pubblico ministero ticinese a noi ostile, Bernasconi, diede le dimissioni e fu sostituito dal Lahmsieder Luison. Per leggere le 500 pagine di memorandum che noi depositavamo a scopo di rinvio ogni venerdì presso il pubblico ministero a Lugano, il poveretto aveva bisogno ogni volta di due settimane di tempo; Bernasconi li gettava regolarmente nel cestino della carta senza leggerli. Passarono così gli anni e infine Roma archiviò la richiesta di rogatoria per insufficienza di prove" (20).
CERTIFICATO PERSIL PER LA SBG
Le denunce di Fiorini nei confronti di Senn e Janioeri fecero straripare all' inizio dell'aprile 1993 lo scandalo nei media svizzeri. L'addetta stampa della SBG Gertrud Ehrismann smentì: "Queste accuse sono prive di ogni fondamento e lesive dell'onore."(21) La SBG avrebbe fatto allora ricorso contro la richiesta italiana di avere visione del Conto Protezione, perchè si trattava di una questione politica piuttosto che penale. Alla riunione generale della SBG di fine aprile 1993 allo stadio Hallon di Zurigo un presidente Senn visibilmente agitato rispose alla domanda di un azionista che aveva chiesto cosa significassero le accuse di Fiorini. Egli non contestò di conoscere Fiorini né di avere parlato con lui del Conto Protezione. Respinse invece in maniera categorica l’accusa di essere intervenuto presso le autorità svizzere contro la richiesta di rogatoria. "Se quest’italiano sostiene", disse Senn, "che i miei rapporti con lui siano stati di natura particolarmente cordiale, è affar suo." Sulla base delle accuse di Fiorini si attivò anche la Confederazione confederale delle banche, l'organo di controllo statale per una gestione d'affari irreprensibile da parte delle banche svizzere. Dopo un'inchiesta di due mesi la SBG ricevette il 18 luglio 1993 dalla Commissione confederale delle banche il certificato Persil: il conto collettivo Protezione presso la SBG (Lugano) era stato gestito in modo corretto senza occultare nulla e senza irregolarità. La SBG trasse da parte sua le conseguenze: il sistema di pagamento dei conti collettivi cifrati per "clienti con elevate necessità di discrezione" (22) sarebbe stato cambiato, per ovviare alle interpretazioni errate che c'erano state. Si rinunciava al sistema del numero collettivo comune per una pluralità di singoli clienti, identificati con una parola in codice. Ad ogni singolo cliente che aveva bisogno di un conto per fare incassi o pagamenti senza render noto il suo nome, fu assegnata non solo una parola in codice separata ma anche un numero separato.
DIRIGENTI DELLA SBG IN VESTE DI TESTIMONI
In Svizzera il caso Conto Protezione si considerò chiuso, per la SBG, nell'estate 1993 con il certificato Persil della commissione delle banche. Le cose andarono diversamente in Italia. Nel luglio 1994 il tribunale penale di prima istanza a Milano condannò Silvano Larini, Bettino Craxi, Claudio Martelli, Leonardo di Donna e Licio Gelli, a lunghe pene detentive e ad un risarcimento danni ai liquidatori del Banco Ambrosiano per concorso in bancarotta fraudolenta. Nel corso delle indagini della giustizia milanese erano stati interrogati grazie alla rogatoria anche il presidente della SBG Nikolaus Senn e il direttore generale della SBG Karl Janjöri. I verbali degli interrogatori relativi a queste audizioni rivelano che Fiorini, nel suo libro prima citato, non ha detto tutta la verità. In effetti egli aveva parlato del Conto Protezione alla SBG non solo dopo il suo licenziamento dall'ENI, ma già nel 1981, ancora in qualità di direttore finanziario dell'ente. Come il presidente della SBG Senn ha spiegato al giudice istruttore nel maggio 1994, che Fiorini, a lui noto come direttore finanziario dell'ENI, gli fece visita nel 1981. Egli aveva supposto si trattasse di una faccenda che riguardava l’ente. Ma Fiorini aveva portato la sua attenzione sul Conto Protezione che sarebbe stato una questione molto delicata per motivi politici. "Io assicurai Fiorini", disse Senn, "che in Svizzera un conto in banca era sempre protetto dal segreto bancario, anche se era implicato in delitti punibili secondo il diritto svizzero."(23) Inoltre Senn disse che in seguito egli era stato informato sullo sviluppo dell'affare solo in modo sommario da Karl Janjöri [direttore generale della SBG]. Janjöri da parte sua dichiarò al giudice istruttore che nell'estate 1981 Fiorini aveva affermato al telefono che in Italia erano in corso inchieste per identificare il titolare del conto Protezione," e mi chiese se fosse possibile tener segreta quest'informzione. Io consigliai a Fiorini", così Janjöri, "che l'unica cosa che il titolare o i titolari del conto potevano fare era andare da un avvocato, per poter difendere i loro interessi nell'ambito delle leggi svizzere. (24) Janjöri disse inoltre di aver parlato brevemente con il direttore della SBG (Lugano), Amilcare Berra,(25) che gli aveva confermato che il conto esisteva e che era in corso un'inchiesta. Janjöri continuò: " Più tardi Fiorini comparve di persona da me, in compagnia di Leonardo Di Donna, un altro manager ENI che io non conoscevo. Allora, nel 1981/82, non avevo ancora sentito il nome di Larini. In seguito l'ho incontrato una sola volta a Zurigo, in compagnia del direttore della SBG Bertoli. Egli si limitò a porgermi i saluti di Fiorini. Non so più la data esatta della visita, ma deve essere stato un anno dopo l'incontro con Fiorini e Di Donna. Il direttore Romano Bertoli avrebbe sostenuto, di avere parlato ripetutamente con me del conto Protezione, e questo è possibile, sebbene io non me ne ricordi con esattezza. Ma sicuramente non siamo più entrati nei dettagli. Con Bertoli io ho regolari contatti di lavoro. Probabilmente anche con il Dr.Senn ho scambiato alcune parole sul conto Protezione, sicuramente però senza soffermarmi sui particolari, perchè la cosa era di competenza della direzione della filiale a Lugano".(26)
ASSISTENZA GIURIDICA RESTRITTIVA
Per dodici anni la SBG e Larini avevano impedito la rogatoria con ricorsi sistematici. Forse un caso estremo ma sicuramente non un caso unico di ostruzione. Al contrario. Complessivamente l'Italia ha fatto dal 1992 al 1995 più di 800 richieste di rogatoria alla Svizzera. Una delle prime fu l'istanza collettiva della procura di Milano del 13 Maggio 1992 presentata per poter esaminare i documenti bancari di 44 conti in totale, sospetti di corruzione. Contro questa richiesta l'associazione ticinese delle banche ha invitato il 19 maggio 1992 i suoi membri ad un ricorso comune.(27) Tre anni più tardi, il 19 maggio 1995, il procuratore milanese Colombo rispose alla domanda se la Svizzera avesse trattato i ricorsi del 13 maggio con sollecitudine: "Molte risposte e documenti non sono ancora pervenuti. Anche delle documentazioni bancarie richieste successivamente è giunta solo una piccola parte." (28) I motivi della lentezza dell'assistenza legale svizzera sono le possibilità di ricorso quasi sconfinate contenute nella legge federale sulla rogatoria internazionale in materia penale. (29) Le persone coinvolte possono non solo impugnare la decisione di principio, ma anche opporsi ripetutamente alla trasmissione di ogni singolo documento finchè non si arrivi all'ingiunzione del tribunale federale.(30) In linea di principio la Svizzera, conformemente all'articolo 3 comma 3 della legge sulla rogatoria, non concede alcuna assistenza giuridica nel caso di evasione fiscale, per violazione delle disposizioni valutarie e per contravvenzione alle leggi commerciali. Nonostante questa complessa situazione giuridica non ci sono nè libri di testo né commenti alle leggi, e le sentenze praticamente non vengono mai pubblicate.(31) Nell'estate 1996 mancava ancora una statistica nazionale della rogatoria. L'Ufficio federale di polizia a Berna ha indicato un numero forfettario di richieste di assistenza legale compreso tra 15.000 e 20.000. Nel gennaio 1990 il consiglio federale aveva deciso il riesame della legge per la rogatoria in vigore dal 1983. Solo cinque anni più tardi, nel dicembre 1995, questa revisione della legge è stata infine discussa al consiglio nazionale, la prima Camera. Il Consiglio nazionale approvò una limitazione delle possibilità di ricorso e inserì nella legge la disposizione che l'assistenza legale di regola doveva avvenire entro nove mesi. La rogatoria in caso di evasione fiscale fu respinta con 100 voti contro 62. (32) Nel 1996 l'entrata in vigore della legge si presentava ancora quanto mai lontana.
Note:
1) Conversazione di Colombo con Gian Trepp e Paolo Fusi, il 2 agosto 1994.
2) Il principale ritrovamento durante questo rastrellamento fu l'elenco dei membri della loggia massonica segreta P2, di cui si parla ancora più avanti.
3) "La Repubblica", 26. 1. 93
4) A Roma per il fatto che le indagini per lo scandalo P-2 erano state sottratte ai procuratori progressisti Gherardo Colombo e Giuliano Turrone di Milano e trasferite a Roma. La procura romana era considerata allora in Italia "porto delle nebbie", perché indagini contro persone d'alto rango spesso vi si trascinavano fino alla prescrizione.
5) Gli avvocati Tito Tettamanti e Giangiorgio Spiess lavorarono dall'inizio degli anni '60 in uno studio comune. Alla fine degli anni '80 Tettamanti si ritirò, nel 1994 Spiess fuse il suo studio con quello di Gianfranco Cotti.
6) "Corriere della Sera", 27.1.93
7) "Tages-Anzeiger", 17.2. 93
8) "Le Nouveau Quotidien" , 24. 1. 93
9) ivi
10) Da allora numerosi cantoni hanno aderito ad un concordato sulle rogatorie che permette alle autorità responsabili di ognuno di questi di intervenire anche in altri cantoni. Con ciò viene meno la rogatoria intercantonale.
11) "Le Nouveaux Quotidien", 24.1.93
12) "L'Espresso", 26.9.93
13) "La Regione", 23.9.93 (apparsa due giorni dopo l' "Espresso" predatato)
14) "Neue Zürcher Zeitung", 27.1.93
15) Nel marzo 1994 venne denunciata a Milano una serie di ditte e persone per corruzione in relazione all'assegnazione degli appalti per la costruzione della linea 2 della metropolitana milanese. L'accusa imputa a diverse grandi industrie come la ABB, la Siemens e la Ericsson, di avere corrotto alti funzionari statali e funzionari di partito con una somma equivalente circa a 8 milioni di franchi. Tra gli imputati ci sono oltre a Bettino Craxi e a Silvano Larini anche il manager dell’ ABB Werner Huber di Aargau, nel frattempo morto.
16) "Corriere della Sera", 11.2.93
17) Grazie ai 7 milioni di tangenti, che col favore di Gelli riuscì a spremere al malconcio Banco Ambrosiano, Craxi fu in grado di diventare il dittatore del Partito Socialista. Il denaro pervenuto attraverso l'allora tesoriere ufficiale del partito, servì a Craxi ad eliminare l'opposizione di sinistra e a prendere il potere. Vicepresidente del partito divenne Claudio Martelli, fino allora praticamente sconosciuto. Nei dieci anni successivi Craxi e Martelli ebbero un ruolo di primo piano nel fare della corruzione in Italia un sistema di dimensioni nazionali.
18) "Corriere della Sera", 11. 2. 93
19) Avvocato John Rossi dello studio Tettamanti & Spiess
20) Fiorini, Florio: ‘Ricordàti da lontano’, Milano, 1993, p.76 segg.
21) "Tages-Anzeiger", 7.5.93
22) "Sonntagszeitung", 18.7.93
23) Citazione dal testo della sentenza pubblicata nel libro: ‘UBS Lugano 633369 Protezione’. Milano 1996, p.32 segg.
24) ‘UBS Lugano 633369 Protezione’. Milano 1996, p.35
25) Amilcare Berra fece parte per alcuni anni, dopo il pensionamento, della commissione delle banche.
26) ‘UBS Lugano 633369 Protezione’. Milano 1996,p.37
27) "Tages-Anzeiger", 17.2.93
28) "Tages- Anzeiger", 19.5.95
29) L'affare Marcos, il caso di rogatoria certamente più noto della Svizzera, dimostra in modo esemplare come la legge sulla rogatoria favorisca coloro che presentano il ricorso. Il 24 marzo il Consiglio federale, in base alla costituzione federale, congelò i fondi del clan Marcos in Svizzera, circa 500 milioni di franchi, soprattutto alla Kreditanstalt, alla Volksbank e alla Bankgesellschaft. Gli avvocati del clan Marcos e delle banche organizzarono una vera e propria cascata di ricorsi e si rivolsero più di cinquanta volte al tribunale federale. Con ciò la decisione di principio della consegna di documenti bancari alle Filippine fu procrastinata di cinque anni fino al 1991. In effetti, fino all'estate 1996 il denaro non era stato ancora rimborsato alle Filippine.
30) Nel 1993 il procedimento di rogatoria svizzero era regolato giuridicamente in numerosi trattati internazionali e in due leggi federali. I più importanti trattati internazionali sono la Convenzione europea del 1959 per l'Europa occidentale e il trattato internazionale con gli USA degli anni '70. Esistono inoltre numerosi trattati singoli che risalgono in parte ancora al secolo scorso. Le due leggi sono la legge federale sulla rogatoria internazionale in materia penale e la legge federale per la rogatoria con gli USA. La posizione privilegiata degli USA, in relazione alla rogatoria, si manifestò anche nella centralizzazione della rogatoria USA presso l'Ufficio federale di polizia a Berna, per tutti gli altri stati sono competenti i cantoni.
31) Secondo la lista di controllo dell' Ufficio federale di polizia (1994) una richiesta di rogatoria doveva comprendere quattro punti: 1. il fondamento giuridico della richiesta d'aiuto; 2. la persona di cui si tratta; 3. l'autorità che richiede la rogatoria; 4. una breve definizione del fatto. La rogatoria può includere l'estradizione di persone, l'appoggio ad un procedimento penale all'estero, l'azione penale sostitutiva o l'esecuzione di decisioni amministrative infliggenti una pena.
32) "Neue Zürcher Zeitung", 21.12.95
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