domenica 14 giugno 2009

EXCURSUS: FILA DELLO SCANDALO BCCI

Da: SVIZZERA Connection

EXCURSUS: FILA DELLO SCANDALO BCCI


Seguiamo ancora un istante il destino successivo di questa banca, spinta qua e là come una figura degli scacchi. Dopo una ristrutturazione operata da Rolf Balli, vicedirettore della SBG, (36) la Bankgesellschaft vendette, nel febbraio 1977, l'85 % del capitale azionario al banchiere pachistano Agha Hasan Abedi, che entrò anche nel consiglio di amministrazione BCP. Il compratore Abedi era fondatore e presidente della Bank of Commerce and Credit International (BCCI) con sede a Londra e Lussemburgo. Azionista principale di questa con circa tre quarti del capitale era lo sceicco Zayed bin Sultan di Abu Dhabi. Altri azionisti erano l'ex presidente del servizio segreto dell'Arabia Saudita Kemal Adham e il finanziere saudita Ghait Pharaon. Abedi era nato musulmano nell' India britannica e quando nel 1947 ci fu la divisione tra un'India induista e un Pakistan musulmano, dovette fuggire a Karachi. Qui egli portò a compimento l'apprendistato bancario, iniziato a Bombay alla Habib Bank.(37) Più tardi entrò al servizio della United Bank della famiglia Saigol a Karachi, per la quale egli negli anni '60 fondò una filiale a Zurigo. Dopo la statalizzazione della United Bank da parte di Ali Bhutto, Abedi nel 1971 fu per breve tempo in prigione. Nel 1972 fondò la BCCI, destinata a diventare tristemente famosa. La Banque de Commerce et de Placements (BCP) era dunque ora una filiale della BCCI. Nuovo presidente della BCP divenne Franz Muheim di Urn, ex consigliere degli stati.(38) Abedi aveva conosciuto Franz Muheim all'inizio degli anni '70 come direttore amministrativo della United Bank a Zurigo, dove quest'ultimo faceva parte del consiglio d'amministrazione. Muheim portò alla BCP come consigliere amministrativo il connazionale Marco Bruesch, un ex direttore della fabbrica di articoli di gomma Daetwyler a Altdorf. In seguito anche il braccio destro e numero due della BCCI, Mohammed Swaleh Naqvi, entrò nel consiglio d'amministrazione della BCP, cosa che sottolinea ulteriormente l'importanza di questa banca nel sistema criminale BCCI. A Muheim, dopo sei anni di presidenza della BCP, subentrò Alfred Hartmann (39), che più tardi entrò anche nel consiglio di amministrazione della BCCI Holding in Lussemburgo. La BCP divenne, soprattutto con le filiali a Zurigo e in Lussemburgo, un anello di congiunzione tra la BCCI ufficiale ed una "banca nella banca" illegale, creata da Abedi. (40) La relazione della Bank of England, che portò alla chiusura della BCCI, registra che alla BCP di Zurigo e di Lussemburgo venivano tenuti sistematicamente conti sotto falso nome, dove il denaro scompariva anonimamente in buchi neri. Per quanto riguarda BCP di Zurigo questa relazione parla di 226 milioni di dollari di pagamenti inspiegabili. (41) Presidente di questa filiale BCP zurighese era dalla fine del 1986 Kazem Naqvi.

L' UNICA FILIALE BCCI PULITA AL MONDO ?

Nel luglio 1991 la BCCI fu chiusa per l'azione congiunta della Bank of England e dell'autorità di vigilanza bancaria del Lussemburgo. Era fallita con un buco in bilancio di circa dieci milioni di sterline. La bancarotta si rivelò il più grande scandalo bancario della storia.(42) Abedi non aveva solo trasferito in Inghilterra e negli USA da paesi in via di sviluppo capitali in fuga di elites corrotte e comprato banche centrali, affinchè investissero le loro riserve valutarie presso la BCCI, ma aveva anche riciclato sistematicamente i proventi da narcotraffico dei baroni della cocaina. In apparenza egli restava nonostante tutto un galantuomo che si valeva di personaggi illustri come l'ex presidente Jimmy Carter e l'ex cancelliere dello scacchiere britannico lord Calaghan in qualità di consiglieri regolarmente retribuiti. Grazie ad una struttura offshore, composta da una holding in Lussemburgo, una società di comodo sulle isole Cayman e un quartier generale di fatto, giuridicamente non indipendente, a Londra, la BCCI aveva potuto lavorare indisturbata da controlli bancari di qualsiasi genere. Solo nel 1988 i riciclatori di denaro della BCCI incapparono nei doganieri USA. Questi scoprirono una rete di riciclaggio di proporzioni mondiali in cui comparivano anche conti della filiale svizzera BCP. Ora Abedi cominciò ad avere gravi difficoltà con l'autorità inglese di sorveglianza bancaria. Quando la pressione a Miami divenne più forte, si attivò anche la Banca di Inghilterra, che aveva archiviato per anni il caso BCCI. Negli USA si arrivò più tardi al processo contro alcuni rappresentanti di alto rango della BCCI. Il numero due, Swaleh Naqvi, fu condannato nel 1994 a 11 anni di prigione. Abedi era fuggito nel 1991 in Pakistan, che lo protesse da un'estradizione, e morì nel 1995. Delle più di settanta filiali e società consociate della BCCI in tutto il mondo - con l'eccezione del Pakistan- solo la filiale svizzera BCP restò indisturbata. Cinque giorni dopo la chiusura della casa madre la BCP fu venduta dalla SBG, che all'epoca della BCCI era rimasta sempre azionista di minoranza, alla holding turca Cukurova. Perché la BCCI ufficialmente chiusa abbia potuto vendere la sua filiale svizzera e quale ruolo abbia avuto in ciò l'azionista di minoranza SBG è rimasto fino ad oggi una domanda senza risposta. Alla fine del giugno 1995 l'avvocato di Ginevra Laurent Kasper-Ansermet rese nota in un comunicato la fine dell'inchiesta sul fallimento della BCCI. Non si arrivò ad una denuncia, e i 250 milioni di dollari, confiscati nel giugno 1991, vennero messi a disposizione della liquidatrice Touche Ross. Dopo questo piccolo excursus torniamo all'ENI: Anch'essa aveva collaborato con la banca dello scandalo, la BCCI. Nell'ottobre 1979 Florio Fiorini per l'ENI, Mohammed Swaleh Naqvi e Sayed Mohammed Akbar per la BCCI e Cristina d' Alessandro per la Kuwait International Finance Company, fondarono a Roma la società finanziaria Italfinance international Spa. Fiorini fu sostituito più tardi dall'uomo dell'ENI Giorgio Della Flora e dal capo dell'Agip Raffaele Santoro.

SERVIZIO COMPLETO SVIZZERO

Anche se i gruppi statali per l'energia, come ad es. la Elf-Aquitaine in Francia, la Repsol in Spagna o la Pemex in Messico, sono generalmente inclini alla corruzione - nessun altro è stato così fortemente pervaso dall'etica perversa delle tangenti come l'ENI. L'organizzazione estera legale dell'ENI in Svizzera fu per trenta anni parte integrante di questo sistema illegale di tangenti e di finanziamento dei partiti unico al mondo. In Svizzera il pagamento di tangenti all'estero a stranieri non è, a differenza di quanto accade in Italia, un crimine. Al contrario. E' detraibile dalle tasse come spesa sostenuta per la propria attività. L' ENI non aveva quindi problemi a ricoprire decine di posti di consigliere d'amministrazione delle sue società svizzere affiliate con ogni sorta di persone importanti, dal marito della consigliera federale Hans W. Kopp all'ex consigliere di stato Luregn Cavelty fino all'uomo di punta del gruppo Curator Giancarlo Cappello. Gli italiani presenti nei consigli di amministrazione delle filiali svizzere dell'ENI, ad es. Gianni Dell' Orto o Francesco Chiariello, dovettero andare in prigione. I rappresentanti dell'economia svizzera naturalmente no, a differenza dei loro colleghi italiani non si erano infatti resi colpevoli di alcun reato. Anche la più grande banca svizzera per trenta anni non si curò affatto della corruzione all'ENI. Alla SBG l'ENI era tradizionalmente affare del presidente, la banca collocava i suoi più alti dirigenti come Nikolaus Senn o Karl Janiöri tra i consiglieri d'amministrazione dell'ente italiano. Con ciò Senn e Janiöri vennero a contatto personalmente con i grandi burattinai della scena delle tangenti ENI come Florio Fiorini e Silvano Larini. Anche l'esame prescritto per legge (revisione) della contabilità e del rendiconto annuale delle società svizzere affiliate all'ENI non trovò mai motivo di scandalo nell'economia delle tangenti. Il nono principio della revisione del bilancio di chiusura della Camera fiduciaria svizzera esclude espressamente dalla categoria delle azioni delittuose il pagamento illegale di tangenti o la violazione di norme fiscali. Per la maggior parte delle società svizzere affiliate all'ENI fungeva tradizionalmente da ufficio di controllo la Curator Revision di Zurigo.(43) Fondatore e uomo di punta del gruppo Curator era Giancarlo Cappello. Dall' inizio degli anni '70 egli compare anche in parecchi consigli di amministrazione delle società ENI, che sono state controllate dalla Curator, ad es. la Hydrocarbons International Holding (Zurigo), la Saipem Zuerich AG, la Snam International (Ginevra) e molte altre. Con ciò Cappello fungeva de facto contemporaneamente da consigliere d'amministrazione e da revisore, e di conseguenza non c'era una revisione contabile indipendente. Perfino quando Cappello non esaminava e convalidava personalmente le contabilità, lo facevano impiegati che dipendevano da lui. Si può obiettare che questo era perfettamente conforme alla legge e si atteneva alla prassi regolare in Svizzera. Può darsi. Teniamo a mente che l'ENI stessa nel corso del suo processo di "autodepurazione" ha ammesso l'esistenza di fondi neri per l'ammontare di 500 miliardi di lire, allora circa 500 milioni di franchi. Si trattava esclusivamente di fondi, che dal 1985 al 1992 sono stati accresciuti da Saipem, Snamprogetti e Nuovo Pignone. (44) Gran parte di questi transitò per le società affiliate svizzere. Passando il confine il denaro illegale italiano diveniva denaro svizzero legale.


Note:

36) Negli anni '70 Rolf Bolli fu uno specialista della SBG per il grande business con i petroldollari. Più tardi creò nella sede principale l'archivio storico. Morì nel 1992 inseguito ad un tragico incidente - era caduto dal tetto della sua villa nell'Arni di Aargau.

37) Anche gli Habib nel 1947 si rifugiarono in Pakistan. Nel 1974 la loro banca, la più grande di questo paese, fu statalizzata da Zulfikar Ali Bhutto. Gli Habib dovettero emigrare per la seconda volta, questa volta in Svizzera, dove a Zurigo possedevano già una piccola banca. Fino al 1995 la loro Habib Bank AG Zürich ebbe uno sviluppo enorme. Divenne la banca svizzera con la più grande rete internazionale di filiali dopo le tre grandi banche. Habib AG Zuerich ha più di trenta filiali in tutto il mondo, un importo di bilancio di 1,8 miliardi di franchi e circa 900 dipendenti. La banca Habib rappresenta un problema per la commissione delle banche, perchè la sua attività si svolge in gran parte in paesi islamici (Pakistan, Stati del Golfo) e viene condotta in lingue come l'arabo e l'urdu che alla commissione delle banche nessuno capisce.

38) Franz Muheim, di origini proletarie - suo padre, socialdemocratico, lavorava nell’ufficio della fabbrica di munizioni Altdorf - potè fare la maturità nel collegio Carlo Borromeo ad Altdorf e più tardi studiare legge. All'inizio degli anni '50 aprì uno studio d'avvocato a Altdorf e fece rapidamente carriera in ambito economico, politico e militare. In politica militò all'inizio nell'ala cristiano-sociale dei lavoratori della CVP e già a 31 anni divenne presidente comunale di Altdorf. La sua fiorente attività d'avvocato lo portò a passare all'ala cattolico-conservatrice della CVP, vicina al mondo economico. Per lunghi anni Muheim fu consigliere degli stati di Urn e presidente della commissione militare. Nel 1973 e nel 1982 si candidò senza successo al consiglio federale. Come colonnello di stato maggiore ebbe un ruolo importante nella politica svizzera della sicurezza. "Alternative Uri" del dicembre 1990-gennaio 1991 informò che Muheim negli anni '80 era anche membro del comitato consultivo parlamentare segreto autoproclamatosi dell'esercito segreto P-26. Negli anni '70 Muheim fu successivamente presidente di due banche pachistane in Svizzera, precisamente della United Bank e della BCCI. "L'atmosfera da mondo degli affari orientale", scriveva "Bilanz" nell'agosto 1983, "la Weltanschauung" degli uomini d'affari di fede maomettana è molto vicina alla sensibilità di Muheim". Come si è rivelato più tardi, l’ideologia della BCCI di Abedi prevedeva fin dall'inizio il riciclaggio e la frode sistematici. Alla fine degli anni '80 Muheim raggiunse l'apice della carriera come consigliere d'amministrazione del Bankverein e presidente della Schindler.

39) Alfred Hartmann era stato all’inizio direttore generale della Bankgesellschaft, che lasciò più o meno volontariamente. Più tardi diventò direttore generale della Hoffmann-La Roche a Basilea, dove dovette andare nel 1976 dopo lo scandalo di Seveso. Presto ricomparve come direttore generale della Rothschild Bank AG (Zurigo). Alcuni mesi dopo che la Bank of England aveva chiuso la BCCI, Hartmann diede le dimissioni nel febbraio 1992 da presidente della BCP. Più di un anno dopo lo scandalo che aveva coinvolto il direttore della Rothschild Jürg Heer, egli dovette rinunciare anche all'incarico di direttore generale della Rothschild. Strano che uno debba lasciare per quattro volte il posto di presidente in seguito ad uno scandalo, senza che questo abbia per lui altre conseguenze.

40) Nel consiglio di amministrazione della BPC furono presenti di tanto in tanto anche John Hilbery e Johann D. Van Oenen. I due erano inizialmente manager della Bank of America, che alla fondazione della BCCI, avevano preso e poi nuovamente venduto una partecipazione di minoranza. Vennero più tardi alla BCCI per compiti speciali.

41) Bank of England : Report on Sandstorm SA [nome in codice per la BCCI] under Section 41 of the Banking Act 1987. 22. June 1991

42) Cfr. a questo proposito ad esempio Truell, Peter e Gurwin, Larry: ’False Profits’, New York, 1992 o Kochan, Nick e Whittington, Bob: ‘The BCCI Fraud’. Londra 1991

43) A proposito della Curator vedi anche p.210 segg.

44) "L' Unità", 8.1.91

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