Onorevoli Senatori. – Il presente provvedimento nasce in seguito alla necessità di colmare un vuoto legislativo del nostro ordinamento, al fine di costringere la Banca d’Italia a restituire allo Stato italiano quanto incassato a titolo di «diritto di signoraggio», cioè di differenza tra i costi di produzione della carta moneta e il suo valore nominale; e quindi, in base a quanto ha stabilito con una recente sentenza il giudice di pace di Lecce Cosimo Rochira, cinque miliardi di euro per il periodo compreso tra il 1996 e il 2003. Si dispone altresì che tale cifra venga destinata ad alimentare un Fondo di cittadinanza, finalizzato a indennizzare i risparmiatori vittime dei crack finanziari.
Il diritto di signoraggio, spiega Rochira nella sentenza, del 26 settembre 2005, nasce in passato, «quando la circolazione era costituita soprattutto da monete in metalli preziosi (oro e argento)» e «ogni cittadino poteva chiedere al suo sovrano di coniargli monete con i lingotti d’oro e d’argento che egli portava alla zecca».
«Il sovrano – continua la sentenza – ponendo la sua effigie sulla moneta, ne garantiva il valore. In cambio di questa garanzia, tuttavia, tratteneva per sè una certa quantità di metallo: l’esercizio di questo potere sovrano veniva chiamato signoraggio». In definitiva, si tratta di una sorta di «reddito monetario» che la Banca d’Italia ha incassato regolarmente e, a giudizio dell’avvocato Rochira, illegittimamente. Il consulente tecnico d’ufficio nella sua relazione – scrive infatti il giudice di pace nella sentenza – ha chiarito che il reddito dell’istituto, causato dall’attività e dalla circolazione di moneta posta in essere dalla collettività nazionale, dovrebbe vedere lo Stato quale principale beneficiario e non gruppi di privati. Cioè le banche che di fatto sono proprietarie della Banca d’Italia.
In definitiva, alla figura storica del sovrano si sostituisce lo Stato nella persona dei suoi cittadini come beneficiario del diritto, ragiona Rochira, e non la Banca d’Italia, con i suoi azionisti, e cioè le varie banche, citate dalla stessa sentenza: Gruppo Intesa, Gruppo SanPaolo Imi, Gruppo Assicurazioni Generali, Bnl, eccetera. Conclusione: la Banca d’Italia è stata condannata a restituire al cittadino che ricorreva in giudizio la sua «quota», e cioè 87 euro.
Nella passata legislatura è stato necessario inserire nella legge 28 febbraio 2005, n. 262, di riforma del risparmio, disposizioni urgenti riguardanti la Banca d’Italia, con l’obiettivo di sanare le molte storture venutesi a verificare nell’assetto finanziario del Paese a causa della sua principale istituzione monetaria. Lunghe ombre erano state gettate sulla proprietà della Banca d’Italia, sulla regolarità delle modalità di esercizio delle funzioni di controllo sul sistema bancario e sui meccanismi che regolano le relazioni finanziarie tra lo Stato, la Banca d’Italia stessa, le istituzioni finanziarie private e il pubblico. Tutti questi problemi sono stati affrontati; al contrario, non si è affrontato il tema del debito creato in modo immotivato con l’emissione di banconote.
I meccanismi che regolano l’emissione della moneta sono stati oggetto di studi approfonditi, tra cui si segnalano quelli del professor Giacinto Auriti, ed esiste un forte movimento che, con fondate argomentazioni, denuncia l’esistenza di un iniquo arricchimento di pochi con i frutti del signoraggio a danno della finanza pubblica. Si ricorda che il «signoraggio» consisteva nel profitto che lo Stato ricavava dando alle monete messe in circolazione un valore d’acquisto superiore al valore del metallo in esse contenuto; oggi, poiché le principali monete non contengono metalli preziosi, né sono immediatamente convertibili in essi, né rappresentano un bene depositato che il portatore del biglietto possa reclamare, ma sono solo unità di misura realizzate con carta e inchiostro, il signoraggio è rappresentato dalla differenza tra il valore facciale delle cartamoneta e il costo di carta e inchiostro per stampare i biglietti.
Non vi è alcun motivo per cui l’uso delle banconote debba creare debito pubblico: come giustificazione non è possibile nominare la necessità di una riserva, i rischi di inflazione o la convertibilità. Con il meccanismo attuale dello scambio tra Stato e Banca d’Italia di banconote in euro contro debito di Stato, ad arricchirsi sono in pochi a danno di tutti.
Per modificare tale situazione si propone, con questo disegno di legge, di introdurre, nei meccanismi relativi all’emissione di moneta tra Banca d’Italia e sistema finanziario, un Fondo di cittadinanza gestito senza profitto dalla Banca d’Italia, in cui vanno versati i frutti del signoraggio. Senza interrompere i flussi di credito e di debito che si svolgono tra Stato e Banca d’Italia nelle operazioni di produzione della moneta, l’introduzione del Fondo di cittadinanza permette di disinnescare la diatriba sul signoraggio mettendolo nelle mani dei cittadini.
L’articolo 5 del disegno di legge, oltre a cancellare le norme in contrasto con l’istituzione del Fondo di cittadinanza, abroga una norma del testo unico sulla circolazione dei biglietti di banca la quale prescrive l’esistenza di una fantomatica riserva a garanzia esclusiva per i portatori dei biglietti di Banca d’Italia, riserva che non è solo anacronistica, ma invero mendace.
Con questo meccanismo la Banca d’Italia e il sistema bancario privato svolgeranno la funzione pubblica della creazione di ricchezza legata all’emissione di denaro a favore degli italiani piuttosto che degli azionisti delle banche, a favore di tutti i cittadini e non soltanto di chi ha i fondi da investire in titoli di Stato.
Disegno di legge
Art. 1. (Princìpi)
1. La moneta all’atto dell’emissione è di proprietà dei cittadini italiani e va accreditata dalla Banca centrale allo Stato.
Art. 2. (Istituzione del Fondo di cittadinanza finalizzato alla restituzione di somme alle vittime di dissesti finanziari)
1. Presso la Banca d’Italia è attivato un Fondo finalizzato alla restituzione di somme alle vittime di dissesti finanziari, di seguito denominato «Fondo di cittadinanza».
3. L’accensione del Fondo di cittadinanza avviene automaticamente entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ed è finalizzato alla restituzione di somme per tutti i cittadini italiani rimasti vittime di dissesti finanziari.
4. A valere sulle risorse del Fondo di cittadinanza non sono permesse operazioni se non quelle previste dalla presente legge.
Art. 3. (Operazioni a valere sul Fondo)
1. Il valore delle banconote emesse da parte della Banca d’Italia in base all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43, è accreditato sul Fondo di cittadinanza al momento dell’emissione.
2. I costi di stampa e di emissione delle banconote sono rimborsati dallo Stato alla Banca d’Italia tramite un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze e alimentato dalla fiscalità generale.
3. Le operazioni della Banca d’Italia con il sistema bancario o con lo Stato avvengono attraverso il Fondo di cittadinanza, che è gestito dalla Banca d’Italia gratuitamente.
4. Il valore delle banconote emesse costituisce una passività per il solo Fondo di cittadinanza; tale passività è addebitata al momento in cui le banconote sono scambiate con lo Stato o con gli istituti bancari.
5. Il valore delle attività scambiate con lo Stato o con gli istituti bancari per le banconote emesse è accreditato sul Fondo di cittadinanza.
Art. 4. (Disposizioni di attuazione)
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’economia e delle finanze adotta, con proprio decreto, il regolamento di attuazione delle disposizioni finalizzate al funzionamento del Fondo di cittadinanza, nonché le modalità di accesso al Fondo medesimo da parte dei cittadini in base a quanto stabilito agli articoli 2 e 3.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Banca d’Italia accredita il valore di tutti i crediti in suo possesso sul Fondo di cittadinanza.
3. Dalla data di entrata in vigore della presente legge le operazioni della Banca d’Italia devono essere effettuate in osservanza della prescrizione della non riduzione del valore dei crediti e del patrimonio in possesso della Banca stessa.
Art. 5. (Abrogazioni)
1. È abrogato il terzo comma dell’articolo 15 del testo unico delle leggi sugli istituti di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, di cui al regio decreto 28 aprile 1910, n. 204.
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