lunedì 31 agosto 2009

NUOVA LUCE SULL' AMBROSIANO

Da: SVIZZERA Connection

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NUOVA LUCE SULL' AMBROSIANO

Le inchieste dei procuratori di Mani Pulite riportarono al centro dell'interesse la bancarotta del Banco Ambrosiano milanese del 1982, un avvenimento chiave dello scandalo italo-ticinese.(1) Il caso Ambrosiano vuol dire di più di un buco di un miliardo di franchi nel bilancio di una banca: l'Ambrosiano rappresentava l'interfaccia centrale fra la finanza sommersa italiana e la circolazione monetaria legale. Oltre al business principale e legale con la media borghesia fedele al Vaticano (2), quella che era allora la più grande banca privata italiana aveva sistematicamente fatto confluire in una, quattro correnti di denaro provenienti da quattro fonti oscure e in compenso tanto più redditizie: la fuga di capitali all'estero, la mafia, la circolazione di tangenti e infine dalle manipolazioni finanziarie illegali della loggia massonica segreta P2.

ASCESA E CADUTA DI ROBERTO CALVI

Motore della crescita dell'Ambrosiano negli anni '50 furono l'investimento e l'amministrazione di capitale italiano all'estero. Il ceto medio del nord Italia, che aveva avuto successo, voleva proteggersi dalla pressione fiscale, dall'inflazione alta e dalla lira debole e cercava per questo possibilità di investimento all'estero. Ma ciò era più facile a dirsi che a farsi, considerate le norme allora rigide contro l'esportazione di capitali. L'ambizioso giovane manager di banca Roberto Calvi si accinse alla creazione di un'organizzazione all'estero. Nel 1957 fondò a Lugano la Banca del Gottardo, poi sopravvennero filiali a Zurigo, Chiasso, Losanna, Locarno, Francoforte sul Meno e anche a Nassau (Bahamas). Vicepresidente della Banca del Gottardo fu fin dalla fondazione l'avvocato Carlo von Castelberg, avvocato a Zurigo, dove dal 1975 al 1987 fu presidente della Casa dell'arte e, più tardi, presidente onorario della Società dell'arte. L'attività giornaliera era diretta da due manager di banca ticinesi, precisamente Fernando Garzoni e Francesco Bolgiani. Già nel 1956 l'avvocato del Liechtenstein Walter Keicher aveva fondato a Vaduz per l'Ambrosiano la ditta Lovelock, che doveva divenire più tardi base di una struttura segreta più ampia accanto alla legale Banca del Gottardo. (3) L'autore inglese Charles Raw suppone che la Lovelock abbia avuto un ruolo determinante alla fondazione della banca del Gottardo e l'abbia anche controllata finchè l'Ambrosiano nel 1960 acquisì una partecipazione del 40% alla Gottardo. Nel 1963 la Lovelock fondò in Lussemburgo la Compendium che cominciò presto a far segretamente incetta di azioni dell' Ambrosiano alla Borsa di Milano. Alcuni anni più tardi la Lovelock fondò a Lugano la Ultrafin, nel cui consiglio di amministrazione entrò Calvi. Negli anni '60 Calvi continuò sistematicamente a lavorare alla sua doppia struttura all'estero. La parte segreta fu posta sotto la copertura della Radowal in Liechtenstein (che più tardi cambiò nome in United Trading), del cui consiglio di amministrazione facevano parte anche entrambi i manager ticinesi della Banca Gottardo Garzoni e Bolgiani. (4) Come Raw scoprì, le società dissimulate controllate dalla Radowal, ad esempio la Compendium, percepivano dalle filiali ufficiali dell'Ambrosiano notevoli crediti e operavano anche con azioni dell'Ambrosiano allo scopo di manipolare i corsi.

LA BANCA VATICANA IOR

Dopo che il Banco Ambrosiano, tradizionalmente vicino al Vaticano, nel corso degli anni '60 aveva intensificato la collaborazione con la Banca Vaticana IOR (Istituto Opere di Religione) (5), Calvi, divenuto nel frattempo capo supremo dell' Ambrosiano, strinse agli inizi degli anni '70 un' alleanza strategica con lo IOR. Presidente dello IOR era dal primo gennaio 1971 l'arcivescovo Paul Marcinkus. L'ex guardia del corpo del papa, cresciuta in un sobborgo di Chicago, si era ora impegnato per incrementare in maniera massiccia la redditività dello IOR, per mettere a disposizione del Santo Padre i mezzi necessari alle sue opere cattoliche e per divenire lui stesso cardinale. (6) Marcinkus festeggiò l'entrata nel business finanziario internazionale e fece partecipare lo IOR all' illegale "struttura Radowal" di Calvi. Inoltre lo IOR acquisì partecipazioni alla Cisalpine Bank a Nassau nelle Bahamas, una filiale ufficiale dell'Ambrosiano, che Calvi aveva fondato all'inizio del 1971 con Fernardo Garzoni della Gotthard Bank. Come manager della Cisalpine firmava allora lo svizzero Pierre Siegenthaler.

IL BANCHIERE DELLA MAFIA MICHELE SINDONA

Il terzo uomo nella congrega di Calvi e dell'arcivescovo Marcinkus fu all'inizio degli anni '70 Michele Sindona, il banchiere della mafia siciliana. Per aggirare i regolamenti italiani per le operazioni in valuta estera, l'irrequieto terzetto fondò numerose società di comodo in esotiche piazze finanziarie offshore. (7) Sindona era originariamente un consulente finanziario di Messina, che nel 1946 si era trasferito a Milano e, dagli anni '50, lavorava per la mafia. Egli prese parte ai leggendari incontri familiari dei Gambino di New York con i cugini siciliani del clan Inzerillo, il 2 novembre 1957, al Grand Hotel des Palmes a Palermo. In seguito Le cose andarono sempre meglio per Sindona. Egli fondò a Vaduz la Fasco che poco dopo si accapparrò la Banca Privata Finanziaria di Milano, confluita più tardi con la Banca Unione nella nuova Banca Privata Italiana. In seguito, Sindona cominciò a lavorare con i banchieri dello IOR Massimo Spada e Luigi Mennini e comprò da loro nel 1964 a Losanna la Banque de Financement (Finabank). Di questa banca mafiosa lo IOR si tenne una partecipazione di minoranza. Negli USA, Sindona lavorava con la Continental Illinois Bank (Chicago), che più tardi sarebbe fallita. Ne era allora presidente David Kennedy, che il presidente Richard Nixon poco dopo chiamò al governo quale ministro delle finanze. Nell'autunno 1974 la Banca Privata Italiana di Sindona e la sua banca ancor più grande negli USA, la Franklin National Bank, fallirono.(8) Era l'epoca della prima crisi petrolifera e del crollo dei corsi di cambio fissi (sistema Bretton-Woods). Le quotazioni delle azioni crollarono e inoltre Sindona aveva fatto speculazioni sbagliate sui mercati valutari. Anche gli afflussi di denaro dalla cassa privata dei suoi padrini di mafia Gambino e Inzerillo non poterono più salvarlo. Fuggì negli USA, dove tuttavia non riuscì più ad avere successi finanziari. Nel 1980 fu qui condannato a 25 anni di prigione per bancarotta fraudolenta, nel 1984 gli USA lo rispedirono in Italia. Nel 1986 infine fu inflitto a Sindona l'ergastolo come mandante degli assassini di Giorgio Ambrosoli, che aveva fatto un'inchiesta ufficiale sulla bancarotta dell'Ambrosiano. Due giorni dopo la sentenza morì nella prigione di Voghera per una dose di cianuro di potassio nel caffè.

LA P2 SALVA CALVI

Il fallimento delle banche di Sindona procurò notevoli problemi ai suoi soci Calvi e Marcinkus. Inoltre, l'economia mondiale era entrata a metà degli anni '70 in una fase di recessione e una grande insicurezza dominava i mercati finanziari mondiali. Calvi e Marcinkus dovettero non solo far fronte al venir meno del denaro della mafia proveniente dalle banche di Sindona, ma anche ristrutturare la loro rete segreta internazionale indebolitasi. Sindona, che dopo la bancarotta se ne era andato negli USA, seppe cosa fare. Calvi avrebbe dovuto entrare a far parte della loggia massonica segreta P2, di cui il banchiere della mafia siciliano era membro già da alcuni anni.(9) Dall'ampia rete di relazioni del gran maestro della P2 Licio Gelli e del suo braccio destro, il finanziere romano Umberto Ortolani, Calvi poteva aspettarsi un aiuto efficace per la fuga di capitali all'estero. I contatti della P2 nella burocrazia statale potevano fornire quell'aiuto, necessario per la fuga di capitale. Esempio concreto di un soccorrevole funzionario dirigente del genere, appartenente alla P2, è a Roma Ruggero Firrao dapprima presidente dell' Ufficio Italiano dei Cambi (UIC), l'ufficio delegato ai rigidi controlli statali dei cambi, e dopo il 1979 direttore in Italia dell’ente per la garanzia contro i rischi dell'esportazione (SACE). Alla fine degli anni '80 Firrao lasciò il servizio statale e fondò a Lugano la Finexpo SA. (10) Secondo i verdetti del procuratore Dell'Osso, egli faceva transazioni illegali e usava a questo scopo il conto 633.369 presso la SBG (Lugano). (11) Alla fine del 1993, Dell'Osso lo fece arrestare con un mandato di cattura internazionale e fece perquisire i suoi uffici. Fu espulso a Milano e nel dicembre 1994 condannato in prima istanza per concorso sistematico in esportazione illegale di capitali a due anni e mezzo di prigione con la condizionale. (12) I servizi prestati da fratelli di loggia come Firrao o Gelli, non furono gratuiti per Calvi. Al contrario. Gelli chiese in cambio molto denaro. "Spremette Calvi come un limone", scrive Charles Row e valuta la cifra complessiva che Calvi tra il 1976 e il 1981 ha stornato dal Banco Ambrosiano, a 250.000 milioni di dollari (?). Quindi Gelli e Calvi riconvertirono il Banco Ambrosiano a macchina per far soldi della P2. Per far sì che la cassa dell'Ambrosiano fosse in pareggio, i due derubarono lo stato con l'aiuto di politici e manager corrotti. I massimi creditori dell'Ambrosiano, al momento della bancarotta, erano non per caso le aziende di stato ENI e la Banca nazionale del lavoro (BNL). Sia all'ENI che alla BNL c'erano in posizioni direttive persone della P2. All'ENI il socialista Leonardo Di Donna era vicepresidente, alla BNL il socialista Alberto Ferrari era direttore generale. Di Donna e Ferrari, per ordine del gran maestro, fecero avere ancora crediti al Banco Ambrosiano quando la banca era da lungo tempo sull'orlo del fallimento. L'esempio per eccellenza è il già ricordato credito di 50 milioni di dollari del 1981 che aveva portato ai sette milioni di tangenti sul conto Protezione.

CALVI IN GRANDE DIFFICOLTA'

Nonostante tutto l'aiuto da parte dei fratelli della P2, presenti nell'apparato statale, Calvi ebbe problemi con le autorità. Nel 1978 la Banca d'Italia aprì un'inchiesta contro la sua società La Centrale Finanziaria per sospetto di esportazione illegale di capitale. Nel consiglio di amministrazione della Centrale c'era, oltre a Calvi, anche il suo rappresentante in Svizzera Carlo von Castelberg, vice presidente della Gottardo. La Banca d'Italia sospettava la Centrale Finanziaria di avere venduto un pacchetto di azioni dell'Assicurazione Toro ad una società estera dell'Ambrosiano, solo tuttavia per ricomprarlo più tardi ad un prezzo notevolmente più alto. La differenza di prezzo era passata all'estero come esportazione illegale di capitale.(13) Dopo che la Banca d'Italia ebbe affidato l'inchiesta alla procura milanese si giunse ad una richiesta di assistenza giuridica alla Svizzera. I procuratori supposero che la Banca del Gottardo, filiale ticinese dell'Ambrosiano, fosse stata inserita nel traffico illegale e chiesero di poter vederne la contabilità. La Banca del Gottardo fece ricorso con successo. Il 15 giugno 1980 la Camera dei ricorsi del tribunale penale ticinese respinse la richiesta. (14) Un anno dopo gli eventi precipitarono. A metà maggio 1981 la polizia finanziaria trovò nel corso della perquisizione domiciliare della villa di Gelli, oltre alle liste dei membri della P2 e ai documenti del Conto Protezione, anche carte che dimostravano l'esportazione illegale di capitale per circa 23 miliardi di lire (allora circa 100 milioni di franchi) con l'aiuto della finta vendita delle azioni Toro. Questa notizia arrivò improvvisa nel corso del processo in corso dalla fine di maggio 1981 contro Calvi, Castelberg e altri nove dell'Ambrosiano. Calvi e otto dei suoi collaboratori furono immediatamente arrestati. Contro Castelberg c'era a Zurigo un mandato di cattura italiano, che la polizia zurighese non rese tuttavia mai esecutivo, perchè reati del genere in Svizzera non portano alla richiesta di estradizione. Mentre la procura di Milano lasciò cadere l'accusa di frode e si concentrò sul reato, ormai dimostrabile, di fuga illegale all'estero di capitale, la Banca del Gottardo di Lugano andò all'offensiva. Informò la stampa del rifiuto, rimasto fino allora sconosciuto al pubblico, da parte della giustizia ticinese di prestare assistenza legale all'Italia. "Questo rifiuto fa mancare il terreno sotto i piedi all'accusa italiana" (15), si leggeva sulla stampa svizzera. Il giorno dopo il "Corriere della Sera" rispose: "La giustizia svizzera assolve Calvi e rifiuta la collaborazione con le autorità italiane". (16) La camera dei ricorsi del tribunale cantonale ticinese si vide costretta a pubblicare un comunicato. Si richiamò alla convenzione europea per l'assistenza giuridica in questioni penali, che prevede il rifiuto di un aiuto del genere in caso di reati in materia di valuta. La richiesta si basava sulla presunzione di reato di frode, compiuto da Calvi e dagli altri membri del consiglio di amministrazione de La Centrale Finanziaria. La nuova accusa parlava invece solo di violazione delle norme valutarie italiane. (17) Sebbene l'ordine cronologico degli avvenimenti contraddica il comunicato della Camera dei ricorsi ticinese, questa trovò sostegno nella stampa della Svizzera tedesca. Nessuno sembrò accorgersi che la richiesta di assistenza giuridica era già stata respinta il 15 giugno 1980, un anno prima che i procuratori milanesi avessero lasciato cadere l'accusa di frode. Il 21 luglio 1981 il tribunale di Milano condanò Roberto Calvi per esportazione illegale di capitale a quattro anni di prigione e a una pena pecuniaria di 16,5 miliardi di lire (allora circa 30 milioni di franchi). Altri tre coimputati furono condannati, i restanti sei, tra cui von Castelberg a Zurigo, furono assolti per mancanza di prove. Alla lettura della sentenza Calvi era assente. Aveva compiuto un tentativo di suicidio nella prigione di Lodi ed era in ospedale, gravemente ferito. Nonostante la condanna e il tentativo di suicidio, Calvi continuò a rimanere a capo del Banco Ambrosiano. Poichè la struttura della proprietà era impenetrabile, la stampa si chiese allora chi fosse mai a voler mantenere ad ogni costo Calvi al suo posto. L'interrogativo ha da quegli anni trovato risposta. Il gruppo dell'Ambrosiano era controllato da Gelli, Ortolani e Calvi mediante un complesso sistema di società di comodo inserite le une nelle altre come matrioske, con la banca vaticana IOR come azionista di minoranza. Il permanere di Calvi al vertice dell' Ambrosiano era in certo qual modo uno schiaffo di Gelli alla giustizia italiana. Lo spettacolare caso giudiziario non andò tuttavia in scena senza conseguenze personali. Von Castelberg diede le dimissioni da consigliere d'amministrazione del Banco Ambrosiano e de La Centrale Finanziaria, ma mantenne i suoi mandati al Banco Ambrosiano Holding SA, al Banco del Gottardo e alla filiale zurighese della Banca del Gottardo Ultrafin AG.(18)

LA FINE DI CALVI

Nei pochi mesi prima di morire Calvi cercò disperatamente di trovare nuovi finanziatori per la sua banca in difficoltà. Cosa estremamente difficile da quando Gelli e Ortolani erano scomparsi e il presidente dello IOR Marcinkus si era ritirato. Dopo gli inutili tentativi di Calvi di procurarsi denaro attraverso lo speculatore sardo Flavio Carboni (19) e Cosa nostra siciliana, la polizia inglese rinvenne infine il suo cadavere il 18 giugno 1982 sotto il ponte dei Frati neri a Londra. La sua segretaria privata Graziella Corrocher, già un giorno prima, si era gettata dalla finestra a Milano. Poche settimane dopo il Banco Ambrosiano fallì con una montagna di debiti di più di due miliardi di franchi. La controversia sulle esatte circostanze della morte di Roberto Calvi da allora non si è spenta. L'autore Charles Row e la giustizia inglese ritengono che si sia trattato di suicidio. Calvi si sarebbe suicidato per disperazione in seguito alla rovinosa revoca del credito da parte della banca vaticana e l'oltraggioso tradimento dell'arcivescovo Marcinkus. (20) Un'altra tesi, sostenuta dalla vedova di Calvi, Clara, fondata su ricerche dell'ufficio di investigazioni private Kroll, parla di assassinio. La tesi del suicidio è stata decisamente rigettata da Kroll dopo uno studio, condotto con acribia, degli atti giudiziari inglesi e una ricostruzione minuziosa del caso di morte. Di delitto ha parlato anche il chiacchierato banchiere svizzero Juerg Heer. L'ex direttore della Rothschild Bank di Zurigo dichiarò al “Wall Street Journal” di avere consegnato ai killer mafiosi di Roberto Calvi, per ordine della P2, una valigia piena di contanti.(21) Il contatto tra Heer, Calvi e Gelli esisteva già dalla fine degli anni '70. Gelli usava regolarmente per le sue operazioni internazionali la banca Rothschild di Zurigo. Così Rothschild comprò ad esempio, alla fine degli anni '70 per ordine di Gelli, un notevole pacchetto di azioni della casa editrice milanese Rizzoli. Con ciò il presidente della P2 si trovò a controllare il più importante quotidiano italiano, cosa che era stata uno dei principali obiettivi. (22) Una settimana più tardi l'allora ancora sconosciuto imprenditore edile Silvio Berlusconi, membro in segreto della P2, ottenne che gli fosse dedicata settimanalmente sul "Corriere della Sera" una colonna.(23)

LA BANCA DEL GOTTARDO DI LUGANO SOPRAVVIVE

In quanto filiale svizzera del Banco Ambrosiano anche la Banca del Gottardo finì naturalmente nel vortice dello scandalo milanese. Ma i liquidatori lasciarono che la banca continuasse provvisoriamente un'attività ridotta e la vendettero due anni dopo alla banca giapponese Sumitomo. I topmanager di Calvi Fernando Garzoni e Francesco Bolgiani poterono mantenere i loro posti. L'istituto ebbe un nuovo presidente nella persona dell'ex consigliere governativo Claudio Generali, vicepresidente restò Carlo von Castelberg.(24) A differenza del presidente Calvi, i quadri dirigenziali della Banca Gottardo hanno superato bene lo scandalo dell'Ambrosiano. All'inizio del 1994 von Castelberg era ancora vice della Gottardo e presidente dell'Ultrafin, Bolgiani era direttore dell'Ultrafin mentre Garzoni era diventato presidente onorario della Banca del Gottardo. Nel suo studio già citato più volte, Charles Row dimostra il ruolo centrale della Banca del Gottardo nella gestione della United Trading a Panama, cuore della banca segreta illegale all'interno del Banco Ambrosiano, creata da Calvi e Marcinkus dopo il crollo di Sindona nel 1974.(25) Nel consiglio di amministrazione della United Trading Corporation SA di Panama (UTC) c'erano Fernando Garzoni, Francesco Bolgiani e Otto Husi.(26) "Fernando Garzoni", scrive Raw, "era presidente della Banca del Gottardo dal 1979 e sapeva con ogni probabilità più di ogni altro degli affari di Calvi."(27) Garzoni da parte sua non ha rimorsi e non permette che gli si rimproveri nulla. "Se la Svizzera esige con una nuova legge un attestato che il denaro accettato nel territorio nazionale o all'estero sia tassato, dobbiamo abolire tra i 30.000 e i 40.000 posti di lavoro", sostenne nel settembre 1993 con un giornalista.(28) Garzoni contestò l'influsso negativo della fuga di capitale all'estero sull' economia italiana. Il flusso di capitale internazionale era – affermò - un dato di fatto, su cui si fondava il benessere della Svizzera e di cui vivevano le banche. Un collega di Garzoni, membro della direzione della Gottardo, era Walter Canepa. Il 10 gennaio 1994 Canepa fece un attentato a Generali, presidente della banca. Irruppe nel suo ufficio, gli sparò, ferendolo gravemente. Poi tornò nel suo ufficio e abbattè il suo cliente privato Luciano Richina, colpendolo con l'impugnatura della pistola. Quindi salì sul davanzale della finestra di Mario Botta e gridò che voleva buttarsi giù, cosa che tuttavia non fece. L'inchiesta del procuratore Pietro Simona diede come risultato che Canepa, per coprire le sue speculazioni sbagliate, aveva oltrepassato le sue mansioni di vicedirettore. Inoltre, lo angustiavano anche grandi problemi finanziari personali. Sulla stampa ticinese si mise in genere, alla base dell’accaduto, il fatto che Canepa, oppresso da problemi finanziari, fosse stato piantato in asso da Generali. All' inizio del 1995 il procedimento istruttorio era ancora in corso. Il nome di Walter Canepa non appare nel grosso libro di più di 500 pagine di Raw. Stranamente l’autore non nomina neppure Carlo von Castelberg. Stranamente- perchè Castelberg era uno dei più importanti collaboratori di Calvi in Svizzera. Significativo è a questo proposito che Raw negli anni '80 lavorasse per il liquidatore della Holding Ambrosiano SA in Lussemburgo, precisamente per Brian Smoutha dell' ufficio fiduciario Touche Ross. Smouha fu scelto come liquidatore dal tribunale del Lussemburgo, sebbene - o perchè- la Fiduciare Gènèrale affiliata alla Touche-Ross, aveva sempre controllato senza problemi la gestione annuale dell'Ambrosiano Holding del Lussemburgo e perciò poteva essere considerata corresponsabile di tutto il disastro. Negli ambienti dei piccoli azionisti italiani danneggiati dell'Ambrosiano non si sono mai placate le accuse che nella bancarotta dei denari fossero scomparsi in Lussemburgo in modo non chiaro. (29)

MANDATI D' ARRESTO NEI CONFRONTI DEI BANCHIERI DEL VATICANO

Cinque anni dopo la bancarotta, il Banco Ambrosiano ebbe di nuovo titoli a caratteri cubitali sui giornali. Nel febbraio 1987 il procuratore Pierluigi Dell'Osso emise un mandato d'arresto nei confronti di tre funzionari della Banca Vaticana IOR: precisamente il presidente dello IOR arcivescovo Paul Marcinkus e i due manager dello IOR Pellegrino De Strobel e Luigi Mennini. Poichè i tre risiedevano in Vaticano, non poterono essere arrestati. Lo IOR e Marcinkus avevano sempre respinto ogni responsabilità e tuttavia nel 1984 avevano pagato volontariamente 242 milioni di dollari ai creditori danneggiati del Banco Ambrosiano. Un passo, raccomamndato allo IOR da una commissione papale di saggi, di cui era membro anche l'allora presidente onorario della SBG Philippe de Weck. Il denaro necessario per il risarcimento dei danni lo IOR se lo procurò con la vendita della sua filiale svizzera Banco di Roma per la Svizzera a Lugano (oggi Banco di Lugano) alla SBG. (30) Come conseguenza della cattiva amministrazione dell'arcivescovo Marcinkus il deficit annuo del Vaticano fino a metà degli anni '80 salì a più di 50 milioni di franchi. Solo nel 1993 il cardinale Edmund Casimir Szoka potè presentare un bilancio in pareggio. Szoka che in qualità di arcivescovo di Detroit aveva chiuso chiese poco frequentate, per risparmiare, è dal 1990 ministro delle finanze del Vaticano. Lo IOR non è tuttavia diretto da Szoka, ma da una particolare commissione papale. ("Die Zeit", 17.11.95)

CARLO VON CASTELBERG NON FA LE VACANZE IN ITALIA

Ai primi di maggio 1987 il procuratore Dell'Osso emise infine a Milano altri venticinque mandati di arresto contro persone che, a suo parere, si erano rese colpevoli di complicità in bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, appropriazione indebita e di altri reati economici. Tra questi c'erano il finanziere italiano Orazio Bagnasco di Lugano e il vice della Banca del Gottardo Carlo von Castelberg a Zurigo. La "Neue Zuercher Zeitung" annunciò questi arresti il 6 maggio e fece il nome di Orazio Bagnasco, ma si guardò bene dal parlare ai suoi lettori di Carlo von Castelberg. La polizia svizzera non procedette all'arresto come era avvenuto nel 1981 col primo mandato di cattura contro von Castelberg. Egli si dichiarò tuttavia pronto a rispondere, nell'ambito dell'assistenza giuridica, alle domande della procura milanese di fronte ad un giudice istruttore svizzero. (31) Gli atti giudiziari che il procuratore Dell'Osso ha messo insieme a Milano, riempiono 30 volumi di più di 100.000 pagine, solo l'atto d'accusa contro i 44 imputati nel processo principale dell'Ambrosiano del 1988 conta 1.652 pagine. Il processo gigantesco finì infine il 16 aprile 1992 con verdetti di colpevolezza per concorso in fallimento fraudolento contro 33 imputati e sfociò in lunghi e complicati procedimenti d'appello . (32) Umberto Ortolani, vicepresidente della P2, si prese 19 anni di prigione, il gran maestro Licio Gelli 18 anni e 6 mesi, Flavio Carboni, complice nella fuga di Calvi, 15 anni, la guardia del corpo di Calvi Francesco Pazienza 14 anni e sei mesi, Carlo von Castelberg otto anni e otto mesi, Carlo de Benedetti sei anni e quattro mesi e Orazio Bagnasco sette anni e sei mesi. La motivazione scritta del verdetto occupa 4.409 pagine e fu pubblicata il 10 ottobre 1994, due anni e mezzo dopo la sentenza. (33) Von Castelberg definì incomprensibile e non eseguibile la sentenza all'agenzia stampa AP Svizzera. Egli avrebbe contato su un'assoluzione e intendeva impugnare la sentenza. Nel giugno 1996 la Corte d'appello di Milano ha confermato in seconda istanza i verdetti del caso Ambrosiano, ma ha mitigato il grado della pena. La condanna al carcere di Castelberg è stata ridotta a quattro anni e tre mesi, l'ordine di cattura è stato ritirato. Egli può rivolgersi ancora alla corte di cassazione a Roma come ultima istanza. (34)

IL CASO DUFT

Nei diversi procedimenti secondari della bancarotta dell'Ambrosiano, che vengono trattati separatamente in tribunale, troviamo anche due importanti imputati svizzeri: gli avvocati Peter Duft di Zurigo e Charles Poncet di Ginevra. Duft era accusato di ricatto nei confronti del presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi. Nel luglio 1994 il tribunale distrettuale di Milano condannò Duft in prima istanza a sette anni di prigione, una piccola pena pecuniaria, il pagamento dei costi del procedimento e il pagamento di circa 500.000 franchi a garanzia di eventuali richieste di diritto civile dei liquidatori dell'Ambrosiano. A causa di questa condanna, Duft, nell'autunno 1994, dovette dare le dimissioni da presidente dell'associazione zurighese dei proprietari di casa, ma potè restare nel consiglio direttivo. Alla fine degli anni '80 Duft faceva parte del consiglio di amministrazione del Neumarkt-Theater e fu fino al 1987 nel consiglio cantonale per la Christlichdemokratische Volkspartei (CVP). Testimone principale dell'accusa milanese contro Duft è Francesco Pazienza. Lui stesso non è certo un novellino inesperto, tanto che nel procedimento principale dell'Ambrosiano fu condannato a 14 anni. Pazienza era per Roberto Calvi l'uomo a cui venivano assegnati i compiti ingrati o moralmente discutibili. Il presidente dell'Ambrosiano l'aveva arruolato poco prima di morire, sottraendolo al servizio segreto militare italiano SISMI. Pazienza era membro della P2 e nei servizi segreti era considerato uno specialista del Vaticano. Spiando il Vaticano, era entrato in contatto con Giorgio Di Nunzio, informatore del SISMI e giornalista della rivista romana della destra cattolica "Il Borghese". Di Nunzio possedeva un rapporto segreto del cardinale Egidio Vagnozzi sugli affari sospetti della Banca Vaticana IOR con il banchiere della mafia Michele Sindona. Gli avversari del presidente dello IOR Marcinkus l'avevano steso nel 1976 all'epoca dell'elezione di Giovanni Paolo I. Di Nunzio era un cliente di Peter Duft e si dice che allora abbia portato al sicuro il rapporto di Vagnozzi nella cassaforte dell'avvocato zurighese. (35) Nelle sue ricerche, Di Nunzio si era imbattuto anche in affari illegali di Roberto Calvi. Calvi aveva finanziato allo speculatore edilizio romano e piduista Mario Genghini, allo scopo di esportazione illegale di capitale, progetti milionari all'estero. Dopo aver scoperto questo, Di Nunzio pretese da Calvi quattro milioni di dollari, altrimenti avrebbe informato la polizia. Calvi incaricò Pazienza di trattare una riduzione della cifra del ricatto. E in effetti riuscì a Pazienza di abbassare la somma a 1,2 milioni di dollari. Una parte avrebbe dovuto essere pagata in Italia, il resto in Svizzera. Della consegna della tranche svizzera avrebbe dovuto occuparsi Peter Duft. Per attuare il piano in Svizzera Pazienza si servì del suo vecchio conoscente Alain Aboudaram (36) di Losanna, che si dichiarò d'accordo nel mettere a disposizione i propri conti bancari come stazione di transito, in cambio di una provvigione del 2 %. Il 16 marzo 1981 la United Trading, controllata da Calvi, pagò mediante la società di comodo ZUS a Panama 1,5 milioni di dollari su un conto della società Finanzco di Aboudaram presso la filiale svizzera della Banque Nationale de Paris a Basilea. Alcuni giorni più tardi, la Finanzco versò 333.000 dollari su un conto della SBG di Ginevra con l'annotazione "Duft". Il 7 aprile 1981 la United Trading accreditò 800.000 dollari su un conto della società di Aboudaram Real Fin presso la filiale di Losanna della Banque Bruxelles Lambert. Il 5 maggio 1981 due milioni di dollari passarono ancora sullo stesso conto presso la stessa banca. Il 27 maggio infine 600.000 di questi 2,8 milioni di dollari finirono su un conto di Duft presso la Banca del Commercio di Zurigo. Aboudaram ha confermato di fronte alla giustizia italiana il pagamento, confessato da Pazienza, di un totale di 933.000 dollari sui conti di Duft. Calvi non potè più essere interrogato, e anche Di Nunzio morì nell'estate 1981 di infarto cardiaco. Duft stesso non contesta che allora su uno dei suoi conti dei clienti siano affluiti denari di Di Nunzio, definisce però una bugia bella e buona (37) l'accusa mossa contro di lui da Dell'Osso, che egli sia stato implicato in un ricatto contro Calvi, e questo in contrasto con il verdetto di prima istanza del tribunale penale di Milano.

IL CASO PONCET

Il 6 dicembre 1993 la Procura di Milano mise in stato di accusa l'avvocato di Ginevra e consigliere nazionale liberale Charles Poncet. (38) Nell' estate 1996 il procedimento giudiziario era ancora in sospeso. Ebbe la sfortuna che l'amministratore fiduciario Chistopher Delaney nel febbraio 1992 fosse stato arrestato a Jersey, l' isola del Canale, per infrazioni in un contesto diverso. Contro Delaney c'era un ordine di cattura internazionale, emesso dal procuratore di stato Dell'Osso, in rapporto al processo contro Marco Ceruti, uno dei 41 imputati principali del processo dell'Ambrosiano. Allorchè Delaney fu arrestato a Jersey, Dell'Osso rimandò l'udienza contro Marco Ceruti per interrogare Delaney.(39) Ceruti era uno stretto collaboratore del capo della P2 Licio Gelli e viene accusato di aver alleggerito il Banco Ambrosiano di 11,6 milioni di dollari. Questo denaro prese una via tortuosa attraverso società di comodo nel Liechtenstein (Nordeurop Anstalt) e a Panama (ZUS Corporation). Finì infine sui conti numerati "Tortuga" e "Bukada", che Ceruti aveva alla SBG (Lugano). Ceruti è di professione antiquario a Firenze e sosteneva che gli 11,6 milioni fossero il prezzo d'acquisto di gioielli, appartenenti al patrimonio dello scià di Persia, comprati da Licio Gelli. Mediatrice sarebbe stata la società Merlin sull'isola britannica di Jersey. Dell'Osso accettò questa versione, sebbene il presidente della Merlin Christopher Delaney avesse disdegnato il mandato di comparizione della Procura di Milano. Dopo il suo arresto per altri reati la musica cambiò. Delaney disse che i documenti che i difensori di Ceruti avevano presentato, per provare un acquisto di gioielli, erano stati falsificati per preservare Ceruti da una condanna. Accusò il consigliere nazionale di Ginevra Poncet di complicità nella elaborazione di queste falsificazioni. L'azione sarebbe stata concordata nel corso di una riunione a Marbella in Spagna, dove Poncet avrebbe fornito le formulazioni delle falsificazioni. Poncet ha confermato la partecipazione alla riunione di Marbella. Avrebbe ritirato più tardi i documenti all'isola di Jersey e li avrebbe custoditi per un certo tempo nel suo ufficio a Ginevra. Alla falsificazione non avrebbe tuttavia partecipato. "Mi sento completamente innocente e non ho niente da rimproverarmi", affermò Poncet. Avrebbe "veramente pensato che i documenti fossero autentici".(40) La faccenda acquistò pregnante attualità per il comportamento di Poncet come politico al consiglio nazionale. Il 17 dicembre 1993, Poncet presentò una proposta nel corso del dibattito per la revisione della legge bancaria. Poncet richiese che l'autorità di controllo straniera potesse passare alle autorità giudiziarie del proprio paese le informazioni ricevute dalla commissione bancaria, solo quando questa avesse prima avuto dalla Svizzera assistenza giuridica in cause penali. Se la commissione delle banche dovesse attendere la conclusione di un procedimento di assistenza giuridica, che dura di regola parecchi anni, la rogatoria internazionale tra le autorità di controllo delle banche sarebbe praticamente eliminata, perchè le informazioni sarebbero sempre superate e con ciò prive di valore. Perciò la Svizzera avrebbe rotto gli accordi internazionali che prevedono l'assistenza giuridica tra i diversi organi di controllo bancari, per verificare la qualità della concessione di credito, la serietà del management e l'amministrazione accurata. Non è una pagina gloriosa per il consiglio nazionale aver accettato la proposta di Poncet con 73 voti contro 62 - prima di tutti i sostenitori Christoph Blocher e il lobbista finanziario di Zug Georg Stucky. Solo in seconda lettura, dopo una violenta critica della sinistra consigliare e dei media, il consiglio nazionale respinse infine la richiesta di Poncet.


NOTE:

1) Sulla storia della bancarotta dell'Ambrosiano esistono alcune monografie dettagliate, ad esempio: Raw, Charles: ‘The Money Changers’. Londra 1992, o Calabrò, Maria Antonietta: ‘Le Mani della Mafia’. Roma 1991. Raw era redattore dell'inglese "Sunday Times" e lavorò più tardi come consulente del liquidatore dell'Ambrosiano, la società fiduciaria britannica Touche Ross. La Calabrò aveva seguito il caso dell'Ambrosiano come redattrice del "Corriere della Sera" di Milano. Le due esposizioni del caso si completano a vicenda nella misura in cui la Calabrò descrive soprattutto i legami del Banco Ambrosiano con la mafia, mentre Raw pone l'accento sui legami di Calvi con la P2 e con la Banca vaticana IOR.

2) I piccoli capitalisti che facevano amministrare i loro fondi non tassati da una banca statale (Banca Commerciale Italiana, Credito italiano, Banco di Napoli o Banca Nazionale del Lavoro), rischiavano molto di più di essere scoperti di quanto non accadesse con il Banco Ambrosiano privato. Il sistema bancario italiano è stato fino alla (timida) ondata di privatizzazioni del 1994/95 per l'80% statale. Una situazione del genere era un'eredità del corporativismo fascista tipico della dittatura di Mussolini. Questo sistema delle due correnti (legale e illegale) dell'afflusso di denaro si rispecchiava anche nell'organigramma: dietro la rete ufficiale di filiali nazionali e estere c'era una complessa struttura sommersa situata nella zona grigia tra legalità e illegalità. Ma procediamo per ordine.

3) Raw, Charles: 'The Money Changers'. London 1992, p.63

4) Ivi, p. 72 e p.113

5) L'Istituto Opere di Religione fu fondato nel 1942 da papa Pio XII e occupa nell'unica sede legale in Vaticano circa 40 persone, ha più di una dozzina di sportelli e tre bancomat. Oltre al piccolo business a favore degli ecclesiatici e dei laici che abitano lo stato vaticano, lo IOR amministra una gran parte del patrimonio papale. Ha rapporti con le grandi banche internazionali e conformemente ai patti lateranensi, si sottrae all'intervento delle leggi e delle autorità italiane; lo IOR è una banca offshore nel centro di Roma. Il primo presidente dello IOR, Bernardino Nogara, estese la sua sfera di attività dopo la seconda guerra mondiale anche in Svizzera, dove negli anni '50 faceva parte del consiglio di amministrazione della Banca della Svizzera Italiana. Più tardi Nogara fondò il Banco di Roma per la Svizzera a Lugano. La seconda fonte di guadagno del Santo Padre è accanto allo IOR, l'Amministrazione Patrimonio santa Sede (APSA). Sebbene l'APSA sia attiva anche all'estero, il suo compito principale è quello di rappresentare all'interno una specie di Banca centrale del Vaticano.

6) Originariamente lo IOR era responsabile solo nei confronti del papa. Dopo che la bancarotta dell'Ambrosiano e la cattiva gestione di Marcinkus, destituito nel 1989, avevano fatto sprofondare lo IOR in una crisi profonda, Papa Giovanni Paolo II riorganizzò la sua banca privata e stabilì un regolamento che per la prima volta ne fissava per iscritto il ruolo. Sulla base di questo lo IOR deve mettere a disposizione del Vaticano le finanze necessarie alle sue opere religiose di portata mondiale. Supremo comitato dello IOR è un consiglio, composto da dieci persone, cinque cardinali e cinque laici. Nel 1993 questi erano i cinque cardinali Angelo Sodano (segretario di stato del Vaticano), John O' Connor (arcivescovo di New York), Angelo Rossi (decano del collegio dei cardinali), Bernhardin Gantin (prefetto della congregazione), e Eduardo Martinez Somalo, vicino all'Opus Dei. I cinque laici erano il presidente dello IOR Angelo Caloia, Theodor Pietzcher (direttore della Deutsche Bank a Essen e consulente della conferenza tedesca dei vescovi), Thomas Macioce (consulente economico del cardinale O'Connor), Philippe de Weck (Grand Old Man della società bancaria svizzera) e José Angel Sanchez Asiain (copresidente del Banco de Bilbao-Vizcaya). Da cerniera tra gli ecclesiastici e i laici fungeva monsignor Donato de Bonis, già segretario dell'arcivescovo Marcinkus. Evidentemente la riorganizzazione dello IOR nel 1989 non è servita a molto: nell'estate 1993 emerse che la Banca vaticana nel 1991/92 era servita a inoltrare tangenti nel caso Enimont (vedi p.217 segg.).

7) Cfr. Calabrò, Maria Antonietta: ‘Le Mani della Mafia’. Milano 1991.

8) Anche la banca svizzera di Sindona, la Amincor Bank di Zurigo con filiale a Chiasso, fu chiusa. La Amincor si chiamava in origine American International Corp. (Zurigo) ed era diretta da Raul Biasi e Riccardo Alvino. Il giovane impiegato della Amincor Niculin à Porta perse il lavoro. Più tardi riapparve come direttore della Banca Albis di Zurigo, chiamata più tardi Banca Adamas. La banca Albis/Adamas era una filiale della Fimo SA di Chiasso. (vedi p.23).

9) Della P2 si parla ancora nel capitolo successivo.

10) Fino al 9 giugno 1993, Ruggero Firrao gestì questa società finanziaria insieme con Alfredo Neuroni, poi fu aperta la liquidazione. Alfredo Neuroni scomparve durante le vacanze di Natale del 1993 e non ricomparve più. Un anno dopo fu dichiarato morto.

11) "La Repubblica", 28.5.93

12) L'ente per la garanzia contro i rischi dell'esportazione (SACE) era stato fondato nel 1977 sotto l'egida del ministro per il commercio estero e uomo della P2 Gaetano Stammati. Direttore divenne il suo fratello di loggia Ruggero Firrao. Il suo scopo era la tutela contro i rischi degli esportatori italiani sui mercati non sicuri. Le inchieste del procuratore milanese Pierluigi Dell'Osso rivelarono un esteso braccio illegale della SACE. In cambio di tangenti, la SACE tollerava sistematicamente il trasferimento illegale di capitale all'estero. Nel marzo 1993 Dell'Osso arrestò l'allora direttore Roberto Ruberti e il suo braccio destro Roberto Bonfigli ("L'Unità", 13.3.93)

13) "Neue Zürcher Zeitung", 22.7.81

14) "Basler Zeitung", 9.7.81

15) ivi

16) "Corriere della Sera", 17.6.81

17) "Neue Zuercher Zeitung", 8.7.81

18) "Neue Zuercher Zeitung", 30.7.81

19) Roger Schawinski, direttore di Radio 24 di Zurigo, deve secondo "Bilanz", 5. 83, a Flavio Carboni se nel maggio 1982 potè di nuovo trasmettere da Pizzo Groppera, dopo che tutti avevano creduto che la chiusura del gennaio 1982 fosse definitiva. Schawinski aveva conosciuto nell'ufficio zurighese di Felix Matthis l'uomo d'affari ginevrino e amico di Carboni Hans Albert Kunz, che gli aveva procurato il contatto con Carboni. Secondo Kunz, Carboni diede a Schawinski alcuni indirizzi, Schawinski andò a Roma e poco dopo Radio 24 fu di nuovo in grado di trasmettere. Schawinski confermò questo, con la precisazione tuttavia che l'indicazione di Kunz era stata solo uno dei diversi canali sui quali egli era intervenuto a Roma. (Frischknecht, Jürg, ecc: 'Die unheimlichen Patrioten. Politische Reaktion in der Schweiz.' (‘I patrioti perturbanti. La reazione politica in Svizzera’) Zurigo 1987, p.557)

20) "Corriere della Sera", 3.1.93

21) " Wall Street Journal Europe", 11/12.12.92

22) Ferrara, Giuseppe: 'I misteri d'Italia: La vera storia della P2. 'Volume 3. Film documentario in video. Roma, 1987

23) Ruggeri, Giovanni, e Guarino, Mario: 'Berlusconi. Inchiesta sul signor TV. 2. edizione. Milano 1994, p.74

24) Con l'ex consigliere governativo Claudio Generali la piazza finanziaria di Lugano cercò di darsi nuovo lustro. La nuova costruzione della sede principale da parte di Mario Botta, anche premiata, appartiene allo stesso capitolo.

25) Raw, Charles: 'The Money Changers'. London 1992, p.127 segg.

26) ivi, p. 127

27) Ivi, p.257

28) "Das Magazin", Zürich, 12.9.93

29) Lo stesso Brian Smouha della società fiduciaria è anche liquidatore della banca dello scandalo BCCI, chiusa nel 1991. Anche quando la BCCI andò in bancarotta, ci fu chi accusò che all'ultimo istante, prima della chiusura della BCCI, in Lussemburgo grosse somme fossero passate a Ginevra, alla filiale BCP della BCCI.

30)

31) "Tages-Anzeiger", 7.5.87

32) "Corriere della Sera", 17.4.92

33) "La Repubblica", 11.10.94

34) "Neue Zuercher Zeitung", 11.6.96

35) Raw, Charles: 'The Money Changers'. Londra 1992, p.323 segg.

36) Mandati del consiglio di amministrazione di Alain Aboudaram: Amal Finance Corporation (Genève); Conseil Aboudram Alain SA (Lausanne); Amal currency investments SA (Lausanne). (Fonte: Orell Fuessli/Teledata: Il CD-ROM. Version 1996/1, scadenza: 1.8.95 )

37) Comunicazione dell'Agenzia stampa AP-Schweiz del 15 maggio 1993

38) E' il fratello dell'avvocato di Gelli Dominique Poncet.

39) "L'Unità", 25.1.93

40) "Sonntagszeitung", 2.1.94

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