martedì 30 giugno 2009

LA PIU' GRANDE BANCAROTTA SVIZZERA

Da: SVIZZERA Connection

15. LA PIU' GRANDE BANCAROTTA SVIZZERA

Quando i funzionari dell'Ufficio fallimenti di Ginevra sigillarono il 30 ottobre 1992 gli uffici della Sasea Holding, ciò significò la più grande bancarotta in assoluto nella storia dell'economia svizzera. Il re di questo impero fallimentare era Florio Fiorini, dapprima direttore e più tardi delegato del consiglio di amministrazione. Lo stesso Fiorini che dieci anni prima era stato licenziato, senza preavviso, da direttore finanziario del gruppo petrolifero statale ENI. Allora, egli aveva proposto un piano di risanamento per la banca privata dell'Ambrosiano di Calvi - a spese della statale ENI - senza informare i suoi diretti superiori. Dopo questo allontanamento inglorioso, Fiorini dovette emigrare in Lussemburgo, dove per sua stessa ammissione riuscì a tenersi a galla alla meno peggio. Ma grazie alle sue buone relazioni con l'alta finanza europea, le cose andarono presto meglio e, alla fine del 1984, fu in grado di rilevare la società per azioni Sasea di Ginevra, in passivo anche se quotata in borsa.(1) Nel corso di una prassi decennale Fiorini era diventato un virtuoso dell'economia italiana corrotta. Poi venne a Ginevra e creò una piattaforma girevole internazionale per manipolazioni finanziarie occulte, che ben presto comprese circa 300 società affiliate in tutto il mondo. In maniera analoga al paese di cuccagna rappresentato dalla Holding Omni di Werner K. Rey, sorse un gruppo miliardario immaginario senza base economica reale. La totale assenza di attivi si rivelò al momento del fallimento: di fronte alle richieste di 5,1348 miliardi di franchi, fatte nel primo annuncio di debito dell'Ufficio fallimenti di Ginevra, erano presenti solo 2,8 magri milioni di franchi di attivi.(2) (Poichè non tutte le richieste annunciate furono riconosciute dall'Ufficio fallimenti, l'ammontare del debito si ridusse poi a circa tre miliardi di franchi). La natura della Sasea come piattaforma finanziaria girevole internazionale si deduce dal fatto che la lista dei creditori, pubblicata dall'amministrazione fallimentare, non conteneva nessun grande creditore svizzero. La corte penale di Ginevra, alla fine di giugno 1995, dopo due giorni e mezzo di dibattimento,condannò Fiorini per frode, falsificazione di documenti, fallimento sconsiderato e captazione di eredità, a sei anni di prigione detratti i 32 mesi di carcere preventivo già scontati, a dieci anni di bando dal paese e al pagamento dei costi del procedimento giudiziario. L'avvocato di Fiorini, reo confesso, lasciò passare il termine del ricorso di solo cinque giorni senza farne uso.(3) Il procedere spedito per non dire frenetico del processo è in contrasto stridente con il lavoro lungo e difficile del giudice istruttore Jean-Louis Crochet. Lavorò 28 mesi, cosa che costò complessivamente 1,8 milioni di franchi, e riempì 2482 pagine di protocollo e 642 raccoglitori di atti federali. Per audizioni dell'imputato e di testimoni Crochet aveva avuto bisogno di non meno di 1.010 ore. Nonostante queste indagini singolarmente dispendiose per la Svizzera, il tribunale non fu in grado di acquisire una visione complessiva dei fatti, come scrisse il cronista giudiziario della "Neue Zuercher Zeitung": " Nello stesso tempo la procura usò lo spazio libero argomentativo per supposizioni e allusioni non documentabili, volte a collocare Fiorini in una criminalità finanziaria internazionale, soprattutto di origine italiana, che andava al di là della Sasea.")4) L'atto accusatorio di 45 pagine della procura motivava i reati di Fiorini in maniera sommaria. E si rimandava al parere degli esperti, secondo i quali il capitale azionario della Sasea Holding, già nel 1985, era sopravvalutato e coperto al massimo per metà. Alla fine del 1988 fu stimato un sovraindebitamento nell'ordine di 144 milioni, che alla fine del 1989 salì a 194 milioni e, alla fine del 1990, a 640 milioni. La Sasea non si preoccupò delle severe disposizioni del diritto azionario in relazione ad un indebitamento del genere. Nel maggio 1989 il capitale azionario fu invece elevato da 201 a 402 milioni e nel giugno 1990 fu emesso un prestito obbligazionario di 340 milioni di franchi. Ma con ciò, contrariamente a quanto contenuto in comunicazioni pubbliche della Sasea, non si ebbe nessun afflusso di nuova liquidità. La società di revisione KPMG Fides non vide alcun motivo d'allarme e autenticò la contabilità del gruppo Sasea alla fine del 1990 e quello della holding di fine giugno 1990, ma questo solo nel novembre 1991.(5) A metà luglio 1991 Fiorini stesso aveva valutato "il buco finanziario" in 1,4 miliardi di franchi.(6)


ECONOMIA DI CLAN ALLA SASEA

La Sasea di Fiorini era in fondo una variante del capitalismo di clan italiano, dove i lealismi personali contano più della legge, del fisco e degli accordi. Il tentativo di costituire a Ginevra un sistema analogo di clan all'italiana, fallì clamorosamente - pur dopo successi iniziali di rilievo. "A causa dell'elevato ammontare del debito", scrisse l'edizione europea del "Wall Street Journal"," dell'alto numero di istituzioni colpite e delle molte denuncie giudiziarie, la bancarotta della Sasea ha sconvolto gli ambienti economici e finanziari locali e internazionali molto di più di altri scandali".(7) A far nascere la Sasea era stato il terzetto Florio Fiorini, Giancarlo Parretti e la famiglia L.D. Tutti questi avevano lasciato l'Italia all'inizio degli anni '80 non proprio per scelta. Ognuno dei tre soci portò nella nuova impresa relazioni eccellenti, i L., a differenza di Fiorini e Parretti, anche un considerevole capitale proprio. Fiorini, pur senza appartenere ad alcun partito, era in buoni rapporti con i dirigenti socialisti e aveva pagato loro di quando in quando le tangenti ENI. All'inizio del 1985 i compagni a capo del PSI avevano raggiunto posizioni di grande rilievo: Bettino Craxi era presidente del Consiglio dei ministri, Gianni de Michelis era ministro per le partecipazioni statali e più tardi divenne ministro degli esteri, Claudio Martelli era ministro della Giustizia. Inoltre Fiorini aveva amici, dai tempi dell' ENI, anche in molti paesi produttori di petrolio, ad esempio il colonnello Gheddafi in Libia. Egli si vantava dell'amicizia del multimilardario austriaco Karl Kahane, e come scrive nel suo libro 'Ricordati da lontano', aveva un rapporto "cordiale" (8) con Nikolaus Senn e Karl Janjoeri, rispettivamente presidente e direttore generale della Schweizerische Bankgesellschaft.


VECCHIA NOBILTA' NAPOLETANA

La famiglia L.D., con il padre A. e il figlio M., completava la rete di relazioni di Fiorini in maniera ideale. Essa discendeva dalla vecchia nobiltà napoletana. A. L. (8-bis), detto "il professore", faceva da consulente, come avvocato, ai più ricchi d'Italia e divenne con ciò molto ricco lui stesso. Soprattutto nella Democrazia Cristiana, A. conosceva tutte le persone importanti e influenti. Nello scandalo Lockheed manovrò, attraverso le sue società a Panama, le tangenti per i politici italiani per conto del produttore statunitense di aerei Lockheed.(9) La gran parte delle tangenti finì nelle tasche di un politico d'alto rango, che in genere si suppone fosse l'allora presidente della repubblica Giovanni Leone. Leone dovette dimettersi e il suo stretto amico A. L. fu condannato, come capro espiatorio, a due anni e sei mesi di prigione. All'inizio degli anni '80 l'ottantenne A. si ritirò dall’attività a favore di suo figlio M. Degli affari dei L. scrisse il "Wall Street Journal": "La gran parte delle partecipazioni L. è fatta di società oscure nei settori immobiliare, della navigazione e dell'industria, se si esclude la loro partecipazione [per l'8%] alla Banque Bruxelles Lambert (BBL), la seconda banca per grandezza in Belgio.(10) La quota della BBL, una banca ben introdotta anche in Italia, con grande filiale a Lugano, è considerata il capolavoro della famiglia L. I L. si vantavano spesso della loro partecipazione alla BBL e usavano a proprio vantaggio il prestigio della banca, disse un socio in affari, che conosceva bene da anni padre e figlio."(11) Nel consiglio di amministrazione della BBL i L. furono rappresentati, fino al 1985, da Alberto Ferrari, ex direttore generale della statale Banca Nazionale del Lavoro, statale, e membro della P2.


NELL'ORBITA DELLA MAFIA

Giancarlo Parretti, il terzo padre fondatore della Sasea dopo i L. e Fiorini, cominciò la sua ascesa come cameriere di un bar. Alla fine degli anni '60 era già diventato il gestore dell' albergo ristorante Figaro sul Lungomare di Marotta presso Pesaro, sulla costa Adriatica. Poi si imbarcò come cameriere su una nave da crociera, dove - presumibilmemte per caso - incontrò Graziano Verzotto, allora il politico DC più potente della Sicilia. All'ombra di Verzotto cominciò una carriera fantastica. Verzotto era dal 1967 presidente dell'Ente Minerario Siciliano (EMS), una società creata secondo il modello dell'ENI per sviluppare l'estrazione di minerali in Sicilia con allora circa 6.000 dipendenti e un fatturato di 200 miliardi di lire. A metà del 1975 la EMS e Verzotto furono coinvolti nello scandalo del banchiere della mafia Michele Sindona. Due banche di Sindona fungevano esclusivamente da banche di riferimento dell'EMS e corrompevano Verzotto. per questo lucroso privilegio. con uno sconto sugli interessi debitori. Verzotto dovette dare le dimissioni, fuggì in Libano e da allora scomparve. Il 13 maggio 1976 il tribunale di Milano lo condannò per appropriazione indebita di denaro pubblico, a due anni e otto mesi di prigione. Poco prima di venir avvelenato nel carcere di Voghera, Sindona identificò Verzotto come il più importante uomo di collegamento tra la Democrazia Cristiana e la mafia. Secondo il deputato del parlamento francese Francois d'Aubert (UDF) e autore del libro 'L'Argent Sale' su Parretti e Fiorini (12), Verzotto, contro il quale c'è ancora un ordine di cattura internazionale, vive dall'inizio degli anni '80 a Parigi sotto il nome di Franco Forte. (13) Quest'uomo produsse dunque nell'esistenza del capo cameriere Parretti un cambiamento in meglio. Giancarlo Parretti divenne dapprima capocameriere dell'hotel Politi a Siracusa, la nave ammiraglia della catena di alberghi di Verzotto. Affinchè i suoi alberghi potessero profittare di più delle sovvenzioni statali per la promozione turistica, il politico DC Verzotto non faceva parte del consiglio di amministrazione. Il capo cameriere Parretti fu promosso nel 1972 consigliere d'amministrazione dell'hotel e fu presto presidente di tutti e quattro gli hotel Verzotto, presidente dell'associazione alberghiera di Siracusa e, infine, presidente dell'associazione degli alberghi italiani. Anche la caduta e la fuga del suo padrino Verzotto non poterono fermare la sua ascesa. Comprò i quattro hotel Verzotto - sulla provenienza del denaro utilizzato non si hanno notizie - divenne presidente del club locale di football Syracusa Calcio e fondò un quotidiano regionale dal nome "Diario". Da dove Parretti traesse i mezzi per quest'ultima costosa operazione è altrettanto ignoto. Il "Diario" divenne rapidamente un giornale di successo, quotidiani analoghi spuntarono come i funghi anche a Ragusa, Catania, Caserta e Napoli. Parretti fece conoscenza con il parlamentare socialista veneziano e più tardi ministro Gianni de Michelis, che insieme a suo fratello Cesare possedeva la casa editrice Marsilio, e fondò con i due un "Diario" veneziano che suscitò ben presto imitazioni a Treviso e a Padova. All'inizio degli anni '80 terminò all'improvviso il periodo fortunato che durava ormai da dieci anni, e cominciarono alcuni anni magri. Il successo della catena dei quotidiani "Diario" si rivelò un fuoco di paglia, un'edizione dopo l'altra fallì. A Siracusa Parretti impiegò come liquidatrice sua moglie Maria Cecconi. A Napoli i giornalisti del "Diario" denunciarono il loro ex presidente e dopo un procedimento durato anni, Parretti fu condannato nel 1990 per fallimento fraudolento e falso in bilancio in prima istanza a tre anni e dieci mesi di prigione. Anche le edizioni del "Diario" a Venezia, Padova e Treviso furono liquidate. Il successore di Parretti nell'ufficio di presidente della Siracusa Calcio lo denunciò per gestione fraudolenta, per cui il 12 aprile 1981 finì in custodia cautelare per 26 giorni. Qualche tempo dopo Parretti vendette (in un affare fino ad oggi assolutamente oscuro) i suoi quattro hotel di lusso siciliani (acquisiti con denaro proveniente da fonti del tutto inspiegate) allo speculatore milanese Giuseppe Cabassi. Questo solo per comprare a stretto giro di posta da Cabassi, con il denaro guadagnato, le due società assicuratrici Ausonia e De Angeli Frua - che più tardi finiranno alla Sasea. Alla fine del 1983 Parretti lasciò poi Siracusa per Parigi.


COMINCIA L'AVVENTURA

Questo terzetto pittoresco, con le migliori relazioni e con ferite non del tutto rimarginate, si trovò dunque a Ginevra. Se fu un piano a lungo termine a far lavorare insieme nel 1984 Fiorini, Parretti e i L., o se si misero insieme spontaneamente, non si sa. E' un fatto che Parretti, alla fine di dicembre del 1984, acquisì la Interpart Holding Luxemburg, dove una volta il presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi aveva fatto parte del consiglio di amministrazione (14), mentre contemporaneamente Fiorini a Ginevra comprava dalla Kreditanstalt la Sasea, inattiva ma quotata in borsa. Alla fine del 1985 Fiorini entrò nel consiglio di amministrazione della Interpart Holding lussemburghese di Parretti, qualche tempo dopo lo seguì Elena Badaloni, la sua ex moglie. Da dove Parretti abbia preso 50 milioni di dollari per l'acquisto della Interpart, ex società di Calvi, non si è potuto chiarire. Parretti stesso il 24 giugno 1990, nel corso di una conferenza stampa a Parigi, mise in giro la storia della vendita di un albergo al finanziere milanese Giuseppe Cabassi. La relazione del deputato UDF d'Aubert sull'affare Sasea/ Parretti al parlamento francese pervenne a conclusioni completamente diverse: "E' impossibile che l'aumento di capitale della Interpart-Comfinance a 50 milioni di dollari derivi dalla vendita di società. Le operazioni finanziarie del tutto prive di trasparenza tra Parretti e la Sasea di Fiorini, che a sua volta è alla berlina per fonti finanziarie sospette, non esclude alcuna ipotesi, forse neppure fonti illegali." (15) Per d'Aubert è dimostrato che Parretti, il quale si è sempre servito di prestanome, era lui stesso un prestanome con sponsor generosi ma misteriosi. D'Aubert li colloca nell'orbita di Graziano Verzotto, sospetto di mafia, della bancarotta dell'Ambrosiano e dello scandalo P2. Anche l'origine del capitale iniziale della Sasea di Fiorini è oscura. Fiorini stesso indica nel suo libro come primi finanziatori la famiglia Lefebre e il finanziere norvegese Audrun Krohn. Krohn entrò più tardi anche nel consiglio d'amministrazione della Interpart Holding di Parretti in Lussemburgo. Francois d'Aubert cita inoltre i due norvegesi Arild Nedrun e Einer Lange come finanziatori iniziali della Sasea. Fiorini aveva buone relazioni in Norvegia, dove aveva lavorato per le affiliate dell'ENI Snam (metano) e Saipem (prospezione petrolifera, costruzione di oleodotti).(16)


Note:

1) La Sasea era stata fondata nel 1896 dal Vaticano per la commercializzazione di prodotti agrari. Era proprietaria di grandi vigneti in Toscana e aveva possedimenti fondiari in Sudamerica. Nel decennio tra il 1970 e il 1980 di questo secolo, la maggioranza delle azioni fu acquisita per vie oscure dal gruppo Winefood italiano, che era una parte della Texon illegale, la società finanziaria clandestina notoriamente malfamata all'interno della filiale della Kreditanstalt di Chiasso. Dopo il grande scandalo del 1977, la SKA avrebbe chiuso la Texon. Alla fine del 1984 la SKA vendette la Sasea alla Transmarine Holding del Lussemburgo, controllata da Fiorini e da un gruppo internazionale di investitori. Il Vaticano mantenne una partecipazione di minoranza, gestita dalla sua società finanziaria APSA. Uomo dell'APSA nel consiglio d'amministrazione della Sasea era André Curiger, direttore della filiale zurighese del Crédit Commerciale de France.

2) "Neue Zuercher Zeitung", 18.2.93

3) Oltre a Fiorini sono state messe in stato di accusa a Ginevra altre persone, precisamente i due ex manager della Sasea, il belga Jean Bellemans e l'italiano Francesco Freddi. Inoltre i tre consiglieri d'amministrazione Rodolphe Rossi, Eric Baudat e Jean-René Bickart. Nell'estate 1996 il loro processo non si era ancora tenuto. Anche a Milano e a Parigi si ebbero processi penali riguardanti la Sasea: a Parigi contro Rodolphe Rossi e due manager della Sasea-France, a Milano contro 40 imputati, tra cui i tre dirigenti dell'Assicurazione di Basilea Luzius Gloor, Ueli Vischer e Bruno Dallo (vedi p.339 segg.)

4) "Neue Zürcher Zeitung", 29.6.95

5) La filiale olandese del Crédit Lyonnais francese ha denunciato più tardi, mediante i suoi avvocati Vincent Solari e Dominique Poncet, la responsabilità di Fides e Fiorini.

6) "Neue Zürcher Zeitung", 27.6.95

7) "Wall Street Journal Europe", 15.5.94

8) Fiorini, Florio: 'Ricordati da lontano.' Milano 1993, p.77 (vedi cap.6)

8-bis) Il 2 novembre 2010, abbiamo ricevuto una email dallo studio legale dell'Avv. Pieremilio Sammarco che ci ha chiesto di oscurare il nome di un Suo cliente, A.L.D. Di norma non oscuriamo i nomi poiché riteniamo che dare pubblicità ad alcune notizie possa funzionare da deterrente per determinati atti disdicevoli. Tuttavia, solo per questa volta, abbiamo deciso di fare una eccezione.

9) Come reazione allo scandalo Lockheed gli USA emanarono sotto il presidente Carter una legge antitangenti, il Foreign Corrupt Practices Act, che negli USA prevede una pena anche per la corruzione di funzionari stranieri all'estero.

10) Alla fine del 1993 la Banque Bruxelles Lambert aveva approssimativamente 11.000 dipendenti in circa 1.000 filiali ed un importo di bilancio che toccava i 90 miliardi di franchi. A livello internazionale la BBL fece parlare di sè come azionista principale della Investmentbank Drexel Burnham Lambert di New York, fallita agli inizi degli anni '90, il cui presidente, l'inventore del bond spazzatura Ivan Boesky, era stato condannato ad una pena carceraria pluriennale. I Grandi azionisti (dopo il ritiro dei L.) sono il Groupe Bruxelles Lambert GBL, il gruppo ING (Amsterdam), l'assicurazione Royale Belge (Bruxelles), il gruppo Crédit Communal (Bruxelles) e l'assicurazione Winterthur. Determinante in questo illustre contesto è la GBL dell'ex re belga dell'acciaio Albert Frère, che più tardi si è spostata nel settore dei media (Compagnie Luxembourgeoise de Télédiffusion, CLT). La GLB è una subholding della Pargesa Holding di Ginevra, fondata nel 1981 dopo la vittoria elettorale socialista in Francia, per salvare l'affiliata svizzera del gruppo Paribas in vista dell'ondata di nazionalizzazioni di Mitterand. Essa è controllata dalle famiglie Desmarais (Montreal, Power Corp. Canada) e da Albert Frère. Le altre due subholding Pargesa sono la svizzera Orior e la francese Parfinance.

11) "Wall Street Journal Europe", 2.11.93

12) D'Aubert, Francois: ’L'Argent Sale. Enquete sur un Krach Rètentissent’. Parigi 1992

13) D'Aubert, Francois: Proposition de Rèsolution No 2740. Assemblé Nationale, 26.5.92, p.11

14) ''Eurobusiness'', Nov. 93.

15) D'Aubert, Francois: Proposition de Résolution No 2740. Assemblée Nationale, 26.5.92, p.23

16) Uomo della Sasea è considerato agli inizi anche il finanziere zurighese residente in Inghilterra Hans Willi, che divenne più tardi presidente della Sasea-Trading, un'affiliata della Sasea con un capitale azionario di 10 milioni di franchi. E non meno il ricchissimo olandese Frederik Fentener Van Vlissingen, il finanziere austriaco Karl Kahane, nel frattempo morto, la famiglia svedese Gyllenhammer (Volvo) e il barone Heinrich von Thyssen Bornemisza. ("Le Nouveau Quotidien", 18.2.92)

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