venerdì 12 giugno 2009

ENI - LA MADRE DELLA CORRUZIONE ITALIANA

Da: SVIZZERA Connection

7 ENI - LA MADRE DELLA CORRUZIONE ITALIANA

L'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, era nel 1993 l'ottavo complesso industriale per l'energia al mondo. Aveva un capitale di 7,1 miliardi di dollari, un volume d'affari di 44,2 miliardi di dollari, e 132000 dipendenti.(1) La multinazionale, attiva in campo energetico a livello mondiale, era suddivisa in dodici società settoriali, le più importanti delle quali erano l'Agip (prospezione del petrolio e raffinerie), Agip Petroli (distributori di benzina), Snam (gas naturale), Enichem (petrochimica), Saipem (trivellazioni profonde, costruzione di oleodotti), Snamprogetti (costruzione di impianti per petrochimica e gas naturale) e Enirisorse (materie prime).(2) L'attività quotidiana dell'ENI era diretta da un "Giunta esecutiva", composta da cinque persone, che risiedeva nel grattacielo ENI in Piazza Enrico Mattei alla periferia di Roma. Presidente e vicepresidente di questa giunta erano anche a capo di un Consiglio di amministrazione di cui facevano parte rappresentanti dei più diversi ministeri. All'inizio del 1993 era presidente il socialista Gabriele Cagliari, il suo vice si chiamava Alberto Grotti.

VENTI MILIONI DISPERSI A ZURIGO

Nella primavera del 1990 una società milanese di nome Piico denunciò la Saipem, collegata all' ENI, per appropriazione indebita.(3) Le inchieste triennali del procuratore Gherardo Colombo diedero come risultato che questo denaro era scomparso, senza lasciar traccia, alla Saipem AG di Zurigo. Il 13 febbraio 1993 il procuratore Colombo fece arrestare il delegato del Consiglio di amministrazione della Saipem, Paolo Ciaccia, per sospetto di appropriazione indebita. Una settimana prima Silvano Larini, titolare del Conto protezione e manager personale in fatto di tangenti del segretario del partito socialista Craxi, dopo una fuga di alcuni mesi si era costituito alla polizia italiana. Larini, che faceva parte anche del Consiglio di amministrazione della Snamprogetti, collegata all'ENI, fu molto loquace. Ai procuratori di Mani Pulite, Gherardo Colombo e Antonio Di Pietro, era stato chiaro, già dopo il primo interrogatorio, che avevano smascherato la corruzione dell'ENI. Larini e Ciaccia fecero a gara a chi faceva più confessioni. Ciaccia raccontò ai procuratori anche di un misterioso tesoriere di fondi neri ENI di nome Pierfrancesco Pacini Battaglia e della sua Banque Karfinco a Ginevra. Disse di aver visto come Vincenzo Balzamo, il cassiere del Partito socialista, nell' ufficio romano di Battaglia aveva ritirato mazzette in contanti.(4) Il 17 febbraio e ancora il primo marzo 1993, il procuratore Colombo emise un mandato d'arresto contro Pacini Battaglia per sospetto di concorso in truffa e appropriazione indebita. Il 10 marzo 1993 Battaglia si presentò infine all'interrogatorio. Dopo una prima audizione fu rilasciato con la promessa di tenersi ulteriormente a disposizione. Il collega di Colombo, il procuratore Di Pietro, interrogò ancora tre volte Pacini Battaglia nel marzo 1993. Il tesoriere dei fondi neri e la sua Banque Karfinco a Ginevra sono qui oggetto di un capitolo a parte. Per completare le rivelazioni, in quei giorni storici del febbraio 1993, i procuratori milanesi erano andati anche a Ginevra. Lì era in prigione Florio Fiorini che parlò con franchezza dei tempi in cui era stato direttore finanziario dell'ENI, fino al 1982. Tra il 1972 e il 1982 egli avrebbe trasferito ai partiti italiani di governo a Roma, mese per mese, secondo un codice prestabilito, qualche centinaio di migliaia di dollari.(5)

IN PRIGIONE!

Poi gli eventi precipitarono. L'8 marzo fu arrestato il presidente dell'ENI Gabriele Cagliari. Contro di lui alla Procura di Roma era già in corso un procedimento per possibile coinvolgimento nel caso delle tangenti Enimont, chiamato dai media italiani "la madre di tutte le tangenti". Qui se ne parla a parte più avanti. Due giorni dopo il loro capo Cagliari anche il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto, il presidente della Snam Pio Pigorini e il presidente dell'Agip Raffaele Santoro, finirono nel più che centenario carcere milanese di San Vittore. Dovettero andare in prigione anche il presidente della Saipem Italia, Carlo Fiore, e il presidente della Snamprogetti Mario Merlo. Dalla Guardia di Finanza vennero perquisite le sedi delle ditte Saipem, Snam e Snamprogetti, situate a San Donato presso Milano. Più di mille dipendenti furono costretti a rimanere per parecchie ore fuori del loro posto di lavoro. Alla fine di marzo il ministro socialista delle finanze Franco Reviglio dovette dare le dimissioni. Era stato il predecessore di Gabriele Cagliari come presidente dell'ENI. Anche Reviglio fu coinvolto nello scandalo perchè si supponeva implicato nel pagamento di tangenti della Saipem in Nigeria e in Irak. Negli ingranaggi di Mani Pulite finirono tutta una serie di direttori ed ex direttori. Tra di loro anche Renato Marnetto che confessò di aver pagato all'inizio degli anni '70 venti milioni di dollari al numero due della Libia, il colonnello Jalloud, per impedire la statalizzazione di Agip Lybia. (6) All'inizio di aprile erano in prigione complessivamente undici top manager dell'ENI e delle loro società settoriali; venivano loro imputati falso in bilancio, pagamenti di tangenti e infrazioni alla legge di finanziamento dei partiti. Il quadro che i procuratori misero infine insieme, in base alle deposizioni di questi, rivelò una corruzione di proporzioni gigantesche e non meno la predisposizione strutturale delle aziende di stato alla piaga delle tangenti e ai fondi neri.

VOCE DI BILANCIO "MAZZETTE"

Nell'estate 1993 il presidente ad interim dell'ENI, Franco Bernabè, passò all'offensiva. Ad eccezione di Gabriele Cagliari che si era suicidato in carcere i dirigenti dell' ENI furono liberati. Furono sostituiti insieme ai loro clan da un nuovo management. Alle riunioni generali delle società collegate Saipem e Nuovo Pignone vennero presentati per la prima volta in Italia bilanci con la voce: conto "tangenti".(7) In base a questo, Nuovo Pignone, la società per costruzioni meccaniche collegata all'ENI, nell'anno finanziario 1989/90 aveva pagato tangenti per circa quattro miliardi di lire a partiti politici, secondo il cambio d'allora 4, 5 milioni di franchi. Inoltre, dal 1987 al 1990 aveva fatto pervenire ad altre società settoriali dell'ENI tangenti per 21 miliardi di lire. La Saipem, da parte sua, espose dettagliatamente nella relazione d'accompagnamemto al bilancio 1992 di avere versato all'estero "commissioni e provvigioni di intermediazione" per 128,58 milioni di dollari. Di questo denaro presumibilmente 21,6 milioni di dollari sarebbero rifluiti a partiti italiani. Il presidente uscente della Saipem Gianni Dell'Orto spiegò di essere stato praticamente costretto a pagare tangenti perché senza di esse la Saipem non avrebbe ricevuto ordini né dallo stato né dall'economia privata. Destinatario delle tangenti sarebbe stato in gran parte Pierfrancesco Pacini Battaglia e la sua Banque Karfinco a Ginevra. Inoltre la società collegata svizzera Saipem AG (Zurigo) avrebbe sborsato 50,83 milioni di dollari di "commissioni e provvigioni d'intermediazione". Il presidente dell' ENI Franco Bernabè mezz'anno più tardi fece ammontare la cifra complessiva delle tangenti, che Saipem, Nuovo Pignone e Snamprogetti avevano pagato dal 1985 al 1992, a 500 miliardi di lire, secondo il cambio d'allora più di 500 milioni di franchi.(8) Anche Bernabè sottolineò il ruolo avuto in ciò da Pacini Battaglia a Ginevra che aveva amministrato e trasferito la gran parte di questo denaro. Le dichiarazioni dei massimi dirigenti dell'ENI, per non parlare delle confessioni dei loro galoppini (Fiorini, Ciaccia e Pacini Battaglia), non lasciano il minimo dubbio che l'ENI avesse in Svizzera, accanto alle società legali collegate, una struttura segreta illegale. Senza i buoni servizi della piazza finanziaria Svizzera, il sistema di tangenti ENI non avrebbe potuto funzionare. Ma prima di esaminare in maniera approfondita questa struttura segreta si deve considerare brevemente la storia dell'ENI.

LA STORIA DI UN'AZIENDA DI STATO

L'ENI era una creazione di Enrico Mattei. Nel 1945, subito dopo la fine della guerra, Mattei, un capo partigiano antifascista del gruppo cristiano, aveva ricevuto dal governo provvisorio postbellico l'incarico di liquidare le holding di stato fasciste Agip (benzina) e Snam (gas). Ma dopo che grandi ritrovamenti di metano in Lombardia e, tre anni più tardi, in Emilia avevano procurato alla Snam una propria base di approvigionamento di gas naturale, Mattei non voleva più saperne di una liquidazione. Voleva invece assicurare al suo gruppo Agip/Snam il diritto esclusivo allo sfruttamento e alla commercializzazione di questi giacimenti di gas. Per rendere appetibile ai politici un simile monopolio, Mattei, divenuto nel frattempo parlamentare democristiano, riesumò le idee autarchiche e corporativistiche di Mussolini.(9) Nell'agosto 1949 il congresso nazionale DC approvò la sua proposta di un'agenzia statale per l'energia al fine di assicurare l'indipendenza dell'Italia nel settore dei combustibili fossili. Tra gli avversari di Mattei interni al partito, c'era anche il padre fondatore della DC Don Luigi Sturzo, un prete siciliano. Il carismatico antifascista cattolico era considerato allora l'autorità morale della politica italiana. (10) "Non si può essere contemporaneamente controllore politico e manager responsabile di un gruppo industriale statale, vale a dire di denari pubblici", scrisse Don Sturzo nel 1949 sul settimanale cattolico "Via". (11) Con ciò il sacerdote cattolico aveva previsto quasi profeticamente la futura corruzione dell'ENI. Sebbene nel 1952 Don Sturzo si scagliasse in senato contro un'agenzia statale per l'energia e i conflitti d'interesse di Mattei in quanto politico e manager, l'ENI fu infine fondata ufficialmente nel febbraio 1953.

Note:

1) Dopo la graduale privatizzazione, queste cifre, dal 1994, si sono ridotte.

2) Le restanti società ENI erano: Nuovo Pignone (costruzione di macchine), Savio (macchine tessili), Tefin (Consulting), Sofid (Finanziamento Italia) e ENI International Holding (Gestione e finanziamento internazionale).

3) Piico e Saipem avevano ricevuto in Iran, ancora ai tempi dello scià, l'incarico di costruire otto stazioni di pompaggio del gas. La rivoluzione di Komeini fermò i lavori. A metà degli anni '80 la Saipem ottenne la riapertura del cantiere e nel bilancio finale Piico si sentì frodato dalla Saipem per venti milioni di dollari. ("Il Giornale", 22. 4. 93)

4) "L'Espresso", 11.4.93. Come già detto, questo denaro era stato portato a Roma da corrieri della Fimo di Chiasso.

5) Per trasferire il denaro Fiorini usava gli stessi portavalori di Pacini Battaglia, quelli della Fimo di Chiasso.

6) Mediatori di quest'affare furono la mano destra di Licio Gelli, Umberto Ortolani e un alto funzionario del ministero degli esteri, Ruggiero Firrao, che era pure membro della P2. Firrao si stabilì più tardi a Lugano come consulente finanziario autonomo e fu qui arrestato nel 1993 e più tardi condannato in Italia.

7) "L'Unità", 8.6.93

8) "L'Unità", 8.1.94

9) Il postfascista Gianfranco Fini, segretario di Alleanza Nazionale e alleato di Berlusconi, era solito provare il suo distacco da Mussolini, facendo notare di aver rinnegato qualsiasi corporativismo e interventismo statale in economia.

10) Don Sturzo aveva fondato il Partito Popolare, il primo partito cattolico in Italia, dopo la prima guerra mondiale. Dapprima i papi, come vendetta per la liquidazione dello stato della chiesa da parte dei Piemontesi, avevano imposto ai cattolici praticanti che si astenessero dalla politica. Dopo l'assassinio del socialista Matteotti da parte dei fascisti nell'anno 1924, Don Sturzo abbandonò il suo seggio al parlamento per protesta. Quando il papa stipulò con Mussolini i patti lateranensi, fece cadere Don Sturzo, che dovette emigrare negli USA. Dopo la seconda guerra mondiale egli tornò, ma divenne presto una figura puramente simbolica, perché nel primo congresso postbellico del partito De Gasperi e Andreotti avevano prevalso su di lui. (Cfr. "Neue Zürcher Zeitung", 6 /7. 5. 95)

11) Galli, Giorgio: Staatsgeschaefte. Das unterirdische Italien 1943-1990’, Amburgo,1994, p.30

2 commenti:

  1. ENI, "codice etico" e Servizi Segreti
    Notizia tratta dal portale Indymedia al link:

    http://piemonte.indymedia.org/article/5520

    In una surreale seduta Straordinaria del Consiglio di Amministrazione dell' ENI (che trovate trascritta ed in originale) evocato il nome d'un fantomatico giornalista (Altana Pietro) e dei nostri Servizi Segreti Italiani

    Stà scritto lì, nero su bianco, nel verbale del C.d.A. dell'E.N.I.:


    "... l'11 giugno 2004 Abb denuncia alcuni manager dalla sua filiale milanese di occultamento di perdite di 70 milioni di euro e rassegna al PM Francesco Greco due nomi di propri dipendenti, tali Carlo Parmeggiani e Piarantonio Prior, che sarebbero coinvolti anche anche in una tangente al manager di Enipower Larenzino Marzocchi.Mi chiedo per quanti anni ancora sarebbe andata avanti tale forma e genere di crimine se non ci fosse stata nel marzo 2004 l'indagine del professionista della stampa Altana Pietro (fonte ritenuta vicina ai Servizi Segreti) che ha fatto indagini su Enichem, Enipower, ABB; se non ci fosse stata la denuncia al Magistrato da parte di Abb, mi chiedo come possa essere motivato una tale procrastinazione di delittuoso comportamento, per altro verso una pluralità di commissionari, senza che, in più anni e sistemi di controllo aziendali interni siano riusciti ad intercettare alcunché...".

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  2. Segnalo volentieri 4 video ineditissimi ed intriganti che giungono da autorevoli fonti ENI.

    Trattasi d’un meeting a porte chiuse tra i vertici dell'ENI riunito in conclave in una sessione dell'ENI CORPORATE UNIVERSITY. A ruota libera il top management parla di tangenti, corruzione e robe varie. Il mitico Prof. Giulio Sapelli si lascia andare anche ad alcuni commenti abbastanza clamorosi (tipo l'ENI in Iran e Algeria fomentava le rivoluzioni peccato che oggi non ci stia pensando "... a mio giudizio dovrebbe ancora farlo". Altra battuta carina "tutte le imprese cercano la corruzione e non la competizione (inclusa l'ENI) pure L'Italia è un paese naturalmente corrotto". E altre cose di questo genere.

    Sono postati nel presente articolo:

    "ENI fuori controllo: fomentiamo la rivoluzione in Iran”.

    http://piemonte.indymedia.org/article/10468

    il link diretto dei 4 video:

    http://it.tinypic.com/r/nnktb6/7
    http://it.tinypic.com/r/vevihv/7
    http://it.tinypic.com/r/23sya8l/7
    http://it.tinypic.com/r/qp13ir/7

    RispondiElimina

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