di MAURIZIO MOTTOLA, Agenzia Radicale, 3 gennaio 2011
La globalizzazione si sta radicando sull'indebitamento, che riduce in soggezione economica cittadini, imprese, paesi più poveri ed adesso anche paesi con consistente prodotto interno lordo (PIL) ed inoltre subordina le politiche territoriali degli Stati nazionali a fini economici non territoriali. L'attuale crisi economica internazionale si avvia all'irreversibilità, in quanto la situazione è basata su di una moneta ormai virtualizzata e dematerializzata ed in quanto oramai gli Stati hanno perso la loro sovranità monetaria.
Per intendersi sul concetto di sovranità monetaria bisogna risalire a quando gli Stati hanno rinunciato alla loro podestà di emettere moneta e la hanno invece delegata al sistema bancario (ossia a banchieri privati). Ciò risalirebbe al XVII secolo, allorquando le aristocrazie regnanti nei paesi europei si accordarono con i banchieri creditori di tali paesi a che fondassero banche private, a cui trasferire la podestà (dapprima prerogativa dei Re) di emette denaro, creando in favore di tali banche il monopolio della emissione e prestito della moneta, la qual cosa perdura anche oggi ed anzi si è maggiormente consolidata nelle mani del sistema delle banche centrali.
Inoltre nel 1933 la Federal Riserve (FED), la banca centrale americana, che è privata sia nella forma che nella sostanza, rastrellò tutto l'oro disponibile nel sistema (la pena per chi non consegnava il suo oro era la reclusione fino a dieci anni!) e così divenne in pratica l'unica istituzione a possedere oro e così le regole sulla stampa delle banconote furono a sua completa discrezione: scomparve la dicitura "convertibile in oro" ed apparve la dicitura "moneta a corso legale", ossia la banconota non rappresentava più l'oro che ne giustificasse il valore ed invece era diventata un valore in sé!
La data del 1 maggio 1933 rappresenta quindi l'inizio del passaggio del denaro da mezzo di scambio (il cui valore viene garantito dalla convertibilità in oro) a prodotto che ha un valore di per se stesso. Il processo si completa il 15 agosto 1971, a Camp David, allorquando il presidente statunitense Richard Nixon annunciò la decisione di sospendere la convertibilità del dollaro in oro, perché il Tesoro americano non era più in grado di sostenere le richieste di convertibilità. A questo punto il denaro diviene definitivamente un valore in sé, virtualizzato e dematerializzato dalla cessazione della convertibilità in oro.
Il tumore della speculazione può esplodere sregolatamente in quanto non più antagonizzato dagli anticorpi della convertibilità in oro, che ancorava il mezzo di scambio del denaro alla concretezza ed alla oggettiva materialità dell'oro. Il sistema non è più economia, ma finanza; cioè si consolida un processo di astrazione, per cui la banconota, fondata sul nulla (o meglio su sempre più perverse convenzioni), perde il concreto contatto con la materialità dell'economia (produttività, organizzazione del lavoro e così via) ed assume una vita propria, un'autonomia che la rende oggetto di tutti i giochi possibili ed immaginabili e facendole perdere la sua originaria connotazione: quella di essere un mezzo convenzionale di scambio.
Che il denaro sia totalmente smaterializzato è comprovato dal fatto che le attuali riserve auree dei paesi del mondo non superano le 200.000 tonnellate, mentre il corrispettivo in oro di tutte le banconote e gli equivalenti monetari che girano per il mondo ammonta ai prezzi correnti ad un corrispettivo di 75.000.000 di tonnellate di oro!
Allora, se l'oro non c'è più ad ancorare alla concretezza il denaro (che resta comunque una convenzione), in base a cosa vengono stampate oggi le banconote? Ad esempio il governo italiano decide di avere bisogno di denaro e non potendo creare direttamente le banconote stampa pezzi di carta denominati "titoli di debito pubblico" per un valore diciamo di 10 miliardi di euro.
La Banca d'Italia acquista di fatto (tramite intermediari che lei sola può autorizzare a partecipare alle aste di vendita) il debito emesso dallo Stato (cioè i titoli del debito pubblico), stampando anch'essa un mucchio di carte chiamate banconote per un valore attribuito pari ai 10 miliardi di euro dei titoli del debito pubblico. Ridistribuito nei conti correnti dei partecipanti all'asta le banconote di carta aggiungono ora 10 miliardi di euro alla base monetaria complessiva.
Quello che è avvenuto in realtà è un vero e proprio scambio tra uno Stato (quello italiano) ed una banca gestita da privati (lo è la Banca d'Italia!): i titoli del debito pubblico sono stati scambiati con nuovo denaro emesso dalla Banca d'Italia, affiliata alla Banca Centrale Europea (BCE).
Questa transazione oggi avviene elettronicamente, senza carta. Infatti si stima che solo il 10% della base monetaria in Italia sia costituita di denaro fisico, mentre il restante 90% esiste solo negli archivi informatici. I titoli del tesoro sono per loro natura strumenti di debito, come le cambiali, quindi la Banca d'Italia presta denaro allo Stato, utilizzando come garanzia solo l'impegno del governo di restituire quel denaro, che è stato creato dal nulla attraverso l'indebitamento del governo che promette di restituirlo.
Questo debito che ricade sullo Stato, cioè sul popolo, si chiama debito pubblico ed il creditore originale e poi gestore ne è la Banca d'Italia, una banca essenzialmente privata con un capitale sociale di 156.000 euro soltanto, che risponde alla Banca Centrale Europea, un organismo estraneo all'Unione Europea, posto al di sopra di esso, esonerato da qualsiasi controllo e garanzia politici, democratici ed anche giudiziari; i suoi verbali sono segreti e sostanzialmente è un potere sovrano al di sopra dei parlamenti, anche del parlamento europeo.
Una conferma è nei dati: il 43% del debito pubblico è detenuto dalla Banca d'Italia o da Istruzioni Finanziarie e Monetarie italiane; la parte restante è allocata tra investitori privati italiani ed esteri ed istituzioni finanziarie estere. Dunque il denaro viene creato attraverso l'indebitamento, su cui gravano ulteriormente gli interessi, per pagare i quali si crea ulteriore indebitamento in una spirale perversa che può portare al crollo cittadini e nazioni. Ora poiché il costo di produzione delle banconote (o di impulsi elettronici) è pressoché nullo (per la precisione 0,30 centesimi per i costi materiali di produzione di ogni banconota!), il guadagno di chi produce denaro (la Banca d'Italia nell'esempio) è quasi pari al valore nominale del denaro prodotto e messo in circolazione!
Dunque la Banca d'Italia per ogni cento euro nominali emessi ne guadagna quasi 100 (meno le poche decine di centesimi del costo di produzione di ogni banconota). Questo guadagno (definito signoraggio) però viene pagato da chi compera il denaro, ossia sostanzialmente dallo Stato (dunque dai cittadini) o da altre banche, ed è un profitto netto che la Banca d'Italia realizza senza alcun rischio e senza fatica e poiché essa è proprietà di società private, questo guadagno (signoraggio) va alle società private.
Non c'è perciò interesse da parte di queste ultime all'estinzione del debito pubblico, se l'ulteriore indebitamento, dovuto agli interessi, è fonte di tale facile guadagno, che tra l'altro non viene praticamente tassato grazie alle regole contabili di comodo create dal sistema bancario. Una semplice modificazione di queste regole contabili, una tassazione intorno al 7% del signoraggio (un profitto enorme dato in nome della delega ad emettere denaro!) consentirebbe alla società civile di raggiungere un equilibrio economico che consenta a sua volta a tutti i cittadini un certo grado di tranquillità e di benessere, in quanto porterebbe sufficienti risorse alla finanza pubblica ed anche il rilancio dell'economia e degli investimenti (a discapito dei perversi giochi finanziari), evitando i tagli delle spese sociali.
Tutto questo ovviamente in attesa di riconferire di nuovo allo Stato italiano la podestà di emettere lui le banconote, riconsegnandogli dunque la sovranità monetaria, che esprime la funzione di potere più autentica ed incisiva. Così i cittadini, finora espropriati della propria sovranità in quanto l'emissione delle banconote avviene da parte del sistema bancario, potrebbero riprendersi pienamente i propri diritti e le proprie prerogative, finora esercitati da organi non espressione della volontà popolare, ma da soggetti prevalentemente privati (che attualmente si identificano nella Federal Riserve, nella Banca Centrale Europea, nella Bank of England, nella Banca del Giappone e nella Banca della Cina), riconferendosi alle istituzioni parlamentari (espressioni della sovranità popolare) la piena decisionalità politica in tema di economia.
Del resto lo stesso Giulio Tremonti, intervistato in diretta nazionale al TG1 la sera di venerdì 6 marzo 2009, ebbe tra l'altro a dire "(...) la causa principale della formazione del debito pubblico è che gli Stati hanno ceduto la sovranità monetaria (...)".
Forse conosceva quanto Thomas Jefferson aveva scritto a John Madison nel 1816: "Se mai il popolo americano permetterà alle banche private di gestire l'emissione della sua moneta, allora, alternando inflazione e deflazione, le banche e le società finanziarie spoglieranno il popolo di ogni proprietà, finché i suoi figli si sveglieranno senza un tetto nel continente che i loro padri conquistarono. Credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per la nostra libertà che eserciti in armi ... il potere di emissione dovrebbe essere tolto alle banche e restituito allo Stato a cui esso propriamente appartiene.".
Sono passati circa due secoli e gli Stati non hanno ancora la propria sovranità monetaria!
E per ciascun cittadino italiano la quota individuale (virtuale e statistica) di debito pubblico ha oltrepassato la soglia dei 30.000 euro, a causa anche e soprattutto dei meccanismi perversi determinati dal signoraggio e dalla mancata sovranità monetaria!
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