FRANCESCO D’ASSISI
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Giovanni Bernardone Morosini (Moriconi) ( alias Francesco d’Assisi e alias Marino Morosini) è nato a Parigi ed era uno dei figli della potente famiglia ebraica sefardita veneziana di c ommercianti / banchieri formata da Pietro Bernardone Moriconi e Pica de Bourlemont dalla Francia.
Altri Nomi | Giovanni Bernardone Morosini (Moriconi) |
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Anno di nascita | 1181 |
Luogo | Parigi, Francia |
Linea di sangue | Morosini |
Sposato | Si |
Figli | - |
Posizione | Fondatore dei frati francescani, Primo Doge Cristiano di Venezia (1249-1253) |
Morto | Gennaio 1253 (72 anni) |
Il nome “Francesco” (Francis) è semplicemente un soprannome – che significa “francese” – in quanto nacque appunto a Parigi. Allo stesso modo, “Assisi” è una corruzione intenzionale della antica parola che si utilizzava per indicare la locazione di Ascesi. Pertanto il soprannome “Francesco d’Assisi” si tradurrebbe più correttamente in “Il francese asceso”.
Contrariamente alla rivisitazione storica, i Veneziani non ebbero alcun motivo per convertirsi al cristianesimo fino a questo momento, per cui Giovanni era quasi certamente di religione ebraica. Entro la fine del 12 ° secolo, il settore bancario e l’impero commerciale della famiglia Morosini (lana, tessuti preziosi, metalli, sale e grano) si estendeva dall’Inghilterra a Costantinopoli. Tuttavia, gli eventi che portarono al Trattato di Venezia e l’espulsione dei Veneziani dalla Francia nel 1182 e da Bisanzio nello stesso anno rovinò le fortune della famiglia.
Suo padre, Pietro Bernandone Morosini pose quindi suo figlio e la sua intera famiglia sotto protezione a Pisa, mentre egli tornò a Venezia per confrontarsi con i risultati del disastroso regno del Doge Vitale II Michiel. Per ragioni sconosciute, la famiglia fu in seguito costretta a lasciare Pisa ed a trasferirsi nella località conosciuta come Ascesi (oggi Assisi), dove vissero per pochi anni.
Nel 1187, l’Antipapa Beneventano Gregorio VIII fu scacciato dal potere ed esiliato, e la famiglia Morosini si spostò nell’appena commissionato Palazzo Moriconi a Lucca, destinato a restare una potente roccaforte della famiglia per i successivi duecento anni. Lì, Giovanni ed i suoi fratelli furono istruiti nelle lingue, nelle materie finanziarie e nelle leggi derivanti dai trattati di Venezia (le basi dell’odierno diritto marittimo e commerciale).
Tuttavia, fin dalla più tenera età, si narra del grande desiderio del giovane Giovanni di divenire un “trovatore”, un cavaliere militare piuttosto che seguire le orme dei suoi antenati Ebrei Sefarditi Veneziani come commerciante e finanziere. I cosiddetti “Longhi” Veneziani, infatti, erano orgogliosi del loro status “al di sopra” della guerra e delle miserie a queste riconducibili che essi stessi avevano costantemente finanziato, e per uno dei figli di un Morosini ricercare il proprio successo in una posizione così “inferiore” sarebbe stata incontrata con grande disappunto dal padre Pietro Bernandone.
Quando un discendente dei Pierleoni – una delle più antiche famiglie di Venezia (tra i cosiddetti “Longhi”, quindi) – l’Antipapa Innocenzo III giunse al potere nel 1198, Giovanni decise di seguire la chiamata alle armi di Innocenzo III e di intraprendere la carriera militare – che implicava la sua conversione, almeno in apparenza, al cristianesimo. Tale evento è certamente la base storica del contesto legato al fatto di essere stato diseredato da suo padre Pietro Bernardone.
Giovanni lasciò Lucca non più tardi del 1201, spostandosi a Nord-Est verso le terre del famoso generale Bonifacio I, Marchese del Monferrato. Sebbene non sia chiaro se egli abbia raggiunto in effetti il Monferrato, è certo invece che il suo nobile e potente lignaggio fu riconosciuto e che egli fu catturato, imprigionato (probabilmente in attesa di riscatto) e rilasciato nel giro di un anno, probabilmente contraendo qualche forma di malattia.
Una volta fatto ritorno a Lucca, ed essersi ripreso, egli intraprese un nuovo viaggio, questa volta verso Sud con una scorta, a Roma. Lì incontrò l’Antipapa Innocenzo III per la prima volta: un discendente della casata Ebraica dei Pierleoni/Urseoli di Venezia che incontrava un discendente dei suoi acerrimi nemici della famiglia Morosini.
Sebbene nulla di concreto emerse da questo primo incontro, è chiaro che, non essendo Giovanni stato immediatamente giustiziato, Innocenzo abbia creduto alle forti motivazioni di questo antico nemico dei suoi antenati e sia stato probilmente lo stesso Innocenzo a battezzarlo come Cristiano. Giovanni prese quindi congedo da Innocenzo con la convinzione di divenire un grande generale e di poter vendicare l’onore ferito della sua famiglia ad opera dei Francesi e dei Bizantini. Nello stesso anno, Venezia cooperò con il Culto Romano e gli Inglesi per il trasporto delle loro truppe in sicurezza via mare e preparare l’assalto navale a Costantinopoli nell’Aprile del 1204, dando man forte alle truppe di Innocenzo ivi dislocate.
Quattro anni dopo, nel 1209, il ventottenne Giovanni Bernardone Morosini (Moriconi) ritornò da Innocenzo III con alcuni collaboratori ed un piano. Egli – Giovanni – avrebbe fatto quello che a nessuno mai era riuscito prima: convertire Venezia alla cristianità e forgiare la sua leale alleanza con Roma ed il Culto Romano. Sebbene Innocenzo non abbia probabilmente creduto alle possibilità di successo di un simile piano, diede tuttavia a Giovanni la propria benedizione.
Giovanni si recò quindi, l’anno successivo, a Venezia, dal Doge Pietro Ziani (1205 – 1229). Essendo un Morosini, Giovanni risiedette probabilmente nel Palazzo della famiglia Morosini incontrandosi lì con lo stesso Pietro Ziani.
Le proposte che egli portò a Venezia erano in fondo piuttosto semplici: fino a quando Venezia avesse agito come potenza neutrale nelle guerre tra Cristiani e Cristiani e tra Cristiani e Musulmani, avrebbe continuato a fronteggiare rischi imminenti riguardanti le fondamenta stesse del proprio potere commerciale, marittimo e finanziario. Ma se Venezia avesse supportato i discendenti dei Pierleoni/Urseoli ed il loro Culto Romano, garantendogli il potere a Roma, il loro futuro sarebbe stato assicurato, almeno fino a quando il Culto Romano avesse tenuto in pugno le sorti della Chiesa Cattolica.
Giovanni quindi propose che il Doge e le dominanti famiglie Veneziane dei “Longhi” gli garantissero la possibilità di fondare un’accademia cristiana di sacerdoti-navigatori leali tanto a Venezia, quanto a Roma che sarebbe stata rafforzata nel tempo da un editto appositamente elaborato dal Culto Romano ed impegnativo per tutte le nazioni cristiane. Di conseguenza, la Chiesa stessa avrebbe contribuito a rinforzare il monopolio di Venezia nel controllo dei traffici via mare in cambio della lealtà di Venezia, oltre che di una parte dei proventi dei traffici stessi.
Sebbene Pietro Ziani probabilmente non ritenesse possibile l’attuazione di un simile piano, egli acconsentì tuttavia a garantirgli il futuro sito della Basilica di San Marco nei pressi del Palazzo del Doge, così come il futuro sito di San Francesco della Vigna, nei pressi di Piazza San Marco, come primo Monastero Francescano e Scuola di Finanza e di Navigazione.
Utilizzando i beni della ricostituita fortuna di famiglia, anche grazie agli attacchi condotti su Costantinopoli, la costruzione della futura Basilica destinata ad ospitare i resti di San Marco – di cui Giovanni (Francesco) si era appropriato ad Alessandria – iniziò immediatamaente.
Giovanni lasciò quindi Venezia per dirigersi verso la Spagna e l’Inghilterra e reclutare i migliori navigatori del tempo per la costituzione della sua nuova scuola e del suo nuovo ordine monastico a Venezia.
Nel 1215, Giovanni ritornò a Roma per presenziare al Quarto Concilio Laterano. Nel 1216, Innocenzo III morì e ad egli successe Onorio III che prese molto a cuore i piani di Giovanni, e, non più tardi del 1219, egli assegnò ai suoi primi consiglieri il compito di vigilare sui progressi dell’Ordine dei Frati Minori.
Nella stessa direzione, i Veneziani consolidarono la loro joint-venture con il Culto Romano tramite la creazione della Santa Sede (“Holy See”) – un monopolio commerciale comprendente l’intero mondo conosciuto, fondato sul controllo dei mezzi di trasporto per il commercio, sulla conoscenza delle tecniche di navigazione, sulla mappazione e sulla cartografia così come sulla tecnologia concernente la costruzione dei mezzi navali.
La prima partnership dell’Ordine dei Frati Minori fu con l’Inghilterra: ed è così che il Culto Romano ed i Veneziani permisero per la prima volta l’accesso Inglese a tutte le conoscenze più avanzate riguardanti le più moderne tecnologie applicate alla costruzione delle navi, alle tecniche metallurgiche, alle materie militari ed all’educazione, grazie appunto al ruolo di “Francesco d’Assisi”.
Fu tale il successo dell’azione di Giovanni (Francesco) che nel 1249 egli divenne il primo Doge Cristiano di Venezia (1249 – 1253). E’ anche per questo che gli storici del Culto Romano hanno nel tempo provveduto ad eliminare tutte le possibilità di riconnettere San Francesco – della famiglia dei Morosini/Moriconi – al Doge “Marino” (marinaio, dei mari) Morosini che regnò a Venezia, tra il 1249 ed il 1253.
Nel primo anno del suo regno, i lavori sulla Basilica di San Marco furono ampliati ed il primo Bucintoro – in qualità di galea di stato – fu costruito. Quindi Giovanni invocò presso l’Antipapa Innocenzo IV (1243 – 1254) l’anello papale come riconoscimento della sua appena costituita nuova autorità.
Nel 1250, sul Bucintoro, il Doge Giovanni ed Innocenzo IV si recarono sul mare antistante Piazza di San Marco, ed il Doge Marino lanciò ritualmente l’anello papale in mare nel corso di una cerimonia formale del Culto Romano, pronunciando le storiche parole “Desponsamus te, mare, in signum veri perpetique domini” ovvero “Noi sposiamo te, o mare, in nome dell’unico Signore onnipotente”: una cerimonia che sancì Venezia ed il mare come una indissolubile unità (Monade) – ed è così che nacque la Santa Sede (in Inglese “Holy See”: Sacro – “Holy”; “See” Mare), come la prima completamente cristiana “joint-venture” della storia tra il Culto Romano, Venezia e la Corona d’Inghilterra.
Con l’aiuto dei Francescani addestrati dai Veneziani, Papa Innocenzo IV promosse quindi nuovi centri di insegnamento a Roma, attirando i migliori e più talentuosi studiosi, come, tra gli altri, Tommaso d’Aquino. Fu sotto la supervisione e la guida di Tommaso d’Aquino che il Culto Romano sviluppò le sue più potenti armi per combattere nel mondo e dominarlo, tramite termini e trucchi legali ed i termini essenziali stessi costituenti gli odierni termini di “legge” e “giustizia”.
I Veneziani erano in effetti in possesso del più sofisticato sistema di editti marittimi, passato di Doge in Doge e formalizzato in un codice già a partire dalla fine del Decimo secolo. Quest’ultimo fu infine consolidato nella cosiddetta Legge dell’Ammiragliato (“Admiralty Law”), ovvero la legge della proprietà e del debito – la legge che regola il denaro, la terra, il mare e la proprietà. Di conseguenza, utilizzando il diritto marittimo veneziano come infrastruttura di base, Tommaso d’Aquino sviluppò una nuova serie di leggi che fu concessa di diritto anche alla Corporazione della Corona d’Inghilterra e chiamata legge dell’Ammiragliato: quest’ultima considerava tutti gli uomini e le donne nate senza titoli nobiliari alla stregua di animali, ovvero come “esseri umani” e non “uomini”, rappresentati da una persona giuridica fittizia che forniva la possibilità alla Corona stessa, a quel punto riconosciuta quale loro “proprietaria”, il loro trattamento alla stregua di vascelli, vessilli, o meglio “oggetti”.
Alla morte di Giovanni Bernardone Morosini (Moriconi), nel 1253, egli aveva adempiuto alla sua inizialmente assai ambiziosa promessa. Era nata la Santa Sede – ovvero la joint-venture tra il Culto Romano, Venezia e la Corona Inglese. Il nome della sua famiglia e la fortuna della stessa era restaurato al massimo degli onori possibili ed egli venne da quel punto in avanti ricordato come il più grande generale di Venezia e come il più grande santo del Culto Romano.
Per proteggere la memoria del più importante e riverito tra i servitori tanto di Venezia quanto del Culto Romano, Giovanni fu ribattezzato Francesco (il Francese) e promosso come santo immediatamente dopo la sua morte. Quindi, durante il Quindicesimo ed il Sedicesimo secolo, il Culto Romano ebbe la pretesa di reclamare che egli fosse andato incontro agli stessi segni miracolosi di Gesù Cristo nella forma specifica delle Stimmate.
Nonostante le conoscenze acquisite e l’intelletto ci portino ad inquadrare storicamente la natura di tali miti, le favole create duecento anni dopo la sua morte a proposito di Giovanni (alias San Francesco d’Assisi) persistono ancora oggi.
Ciao,
RispondiEliminaio gestisco una rivista online, ormai abbastanza conosciuta e collaboriamo amche con Xtimes, che va in edicola. Mi interesserebbe ripubblicare questo tuo articolo sulla nostra rivista, dovresti però inserire un po' di bibliografia, perchè so che potrebbe suscitare qualche risentimento. Che mi dici? Se ti va scrivimi a gianlucarampini@yahoo.com
un saluto,
Gianluca