giovedì 30 giugno 2011

Visioni dopo la crisi dell'homo oeconomicus

Visioni dopo la crisi dell'homo oeconomicus
di Paolo Bartolini - 30/06/2011

Fonte: megachip [scheda fonte]

battelementos

Frequente è il tentativo, negli ambienti scientifici, di approdare ad una Teoria del Tutto che riesca a spiegare la molteplicità dei fenomeni naturali inserendoli in una quadro esplicativo unico. Non sappiamo se ciò potrà mai accadere, ma quel che è certo - limitandoci alla storia recente del nostro pianeta - è che un’ideologia totalizzante ha già vinto la sua battaglia, e qui parliamo dell’economia liberista mainstream, che è stata capace di conquistare l’immaginario di buona parte del mondo, creando letteralmente una nuova visione della realtà.

Tale visione ha la sua premessa antropologica, com’è noto, nel cosiddetto homo oeconomicus, ovvero l’individuo egoistico che si relaziona con il prossimo (e qui uso non a caso un termine religioso) solo al fine di massimizzare il proprio utile personale.

A questo individuo si rivolge il suadente richiamo del mercato autoregolantesi, della libertà di consumo, della riduzione ai minimi termini dei vincoli legati alla socialità primaria.

Questa, in sintesi, l’ideologia totalizzante della civiltà del denaro, nella quale il principio economico dell’accumulazione quantitativa diviene il motore centrale che condiziona ogni forma di riproduzione sociale e culturale.

Ebbene, con la Grande Crisi iniziata nel 2007 è stato chiaro a tutti che questo tentativo di manipolazione universale delle coscienze stava naufragando e che la faccia cruda dei rapporti di forza sarebbe balzata allo sguardo senza il belletto dell’ipocrisia. Tuttavia basta guardare oggi alla tragedia che si sta consumando in Grecia, per rilevare con sgomento l’assoluta mancanza di solidarietà da parte delle altre popolazioni europee. Ognuno resta chiuso nel suo spazio privato e non riesce a vedere oltre il proprio naso.

Così, che una nazione sia costretta a privatizzare tutti i suoi beni strategici e che la vita di milioni di persone valga meno del debito contratto con un sistema finanziario antidemocratico e criminale, non sembra mobilitare reazioni di alcun genere negli paesi “evoluti” dell’Unione Europea.

Questo silenzio mette bene in luce l’assenza di un’alternativa politica e simbolica al Sistema.

Parlare di simboli non deve qui stupire, perché oggi sappiamo che una trasformazione politica autentica non potrà realizzarsi senza un’altrettanto profonda rivoluzione culturale.

Abbiamo bisogno, quindi, di programmi e di parole d’ordine mobilitanti, che possano raccogliere attorno ad un centro di forza ideale la resistenza al capitalismo assoluto e alla sua teoria del tutto.

Parole come Acqua, Territorio, Ridistribuzione e Partecipazione sono solo alcuni dei concetti guida che ci serviranno per traghettare la società atomizzata di mercato verso una comunità ancora impensata di liberi individui solidali.

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