sabato 9 aprile 2011

Euroschiavi, di Marco Della Luna e Antonio Miclavez

Euroschiavi, di Marco Della Luna e Antonio Miclavez. La recensione.

Oggi ci deliziamo con un buon Euroschiavi, di Marco Della Luna e Antonio Miclavez, prodotto da Arianna Editrice, per tentare di trovare il bandolo di una matassa assai spinosa: sono le Banche centrali, e non lo Stato, a stampare i soldini. Un servizio che allo Stato costa molto caro. Perché?

Signore si nasce, signoraggio si diventa.

“Permettetemi di emettere e gestire la moneta di una nazione e mi infischio di chi ne fa le leggi”

M.A.Rothshild

“Se il popolo americano permetterà mai alle banche private di gestire l’emissione della sua moneta, alternando inflazione e deflazione, le banche e le società finanziarie che cresceranno intorno ad esse spoglieranno il popolo di ogni proprietà

Thomas Jefferson

Disse una volta Bertold Brecht che c’è qualcosa di peggio del rapinare una banca: fondarla. Il pregiudizio sulle banche e sui banchieri è vecchio come il mondo ed ha stimolato la fantasia di decine di scrittori, uomini politici, filosofi ed economisti. Tant’è che il personaggio di Shylock dello scespiriano Mercante di Venezia è forse il personaggio più famoso della sconfinata galleria del sublime bardo inglese.

Fin dai tempi in cui il primo orafo iniziò l’attività di prestito su pegno, alla finanza e al mondo del credito sono state attribuite tutte le nefandezze possibili e immaginabili. Guerre, pestilenze, carestie, sommosse popolari, tracolli di imperi: una nutrita letteratura complottista li fa da sempre risalire agli intrighi e alla rapacità dei banchieri.

Hitler ci ha costruito fortuna e consenso su questo pregiudizio e gli ebrei nei secoli ne hanno pagato lo scotto, essendo l’imprenditoria del credito il settore a cui maggiormente essi, banditi nella cristianità da ogni incarico pubblico, si sono dedicati per sbarcare il lunario. Ma quanto c’è di vero e quanto di esagerato?

A sentire Marco Della Luna, avvocato e esperto di problemi monetari, e Antonio Miclavez, imprenditore, la percentuale del vero ammonterebbe al 99 per cento. Nel loro Euroschiavi, Arianna editrice, gli autori affrontano l’annosa questione del signoraggio monetario e di quello creditizio, sostenendo l’ardita tesi che tutto il debito pubblico della gran parte degli Stati potrebbe come d’incanto, o quasi, sparire se i governanti si riprendessero il potere sovrano di emettere cartamoneta, senza doverla impetrare (supplicare, n.d.r.) alle Banche centrali.

Cos’è il signoraggio? Spieghiamolo per chi ancora non lo dovesse sapere. Il signoraggio (monetario, per la precisione: l’altro tipo, il creditizio, è invece quello fatto dalle singole banche sulla nostra pelle di comuni mortali…) è la differenza tra il valore nominale della moneta e quello intrinseco, ossia quello determinato dai suoi costi di stampa.

I nemici del signoraggio, e tra questi il nostro autore, sostengono che le Banche centrali fanno pagare allo Stato, costringendolo ad emettere titoli del debito pubblico, il 100 per cento del valore nominale di un pezzo di carta che all’istituto centrale costa appena da 3 a 30 centesimi.

In pratica, 100 milioni di euro alla Banca non costano nulla o quasi (tra l’altro da decenni la quantità di circolante non è più collegata alle riserve auree), ma in cambio la Banca costringe lo Stato ad indebitarsi per 100 milioni di Bot.

Bot che, in base alle leggi comunitarie attualmente in vigore, le banche centrali non possono più acquistare direttamente ma che possono comodamente rilevare da coloro che li acquistano, in genere i normali istituti di credito. E qui viene il bello: nell’immaginario popolare, la Banca d’Italia, come le altre Banche centrali, passa per un’entità di diritto pubblico, quando invece da tempo ormai è una vera e propria S.p.a., partecipata da quelle stesse banche commerciali su cui dovrebbe esercitare il proprio controllo.

E’ facile desumere la conseguenza di tutto questo: gli Stati si indebitano all’infinito e sono costretti, a loro volta, a tartassare i cittadini e le aziende per poter pagare gli interessi sui titoli che emettono di continuo.

Un circolo vizioso che deprime l’economia, impoverisce le popolazioni e impedisce ai governi di erogare un servizio pubblico efficiente e a costi sopportabili. La soluzione? Restituire agli Stati e ai loro cittadini il potere sovrano di battere moneta, limitato per ora all’emissione di quelle metalliche (ovvero ben poca cosa). Della Luna e Miclavez ci ricordano però che chi in passato ci ha provato, come Kennedy e Lincoln, guarda caso ha fatto una gran brutta fine.

Detto in soldoni il succo del libro è questo, ma va dato atto a chi lo ha scritto di aver svolto l’argomento in maniera chiara, dettagliata ed esaustiva, comprensibile persino a coloro che sono del tutto digiuni di queste faccende.

Resta ovviamente il dubbio che le cose non siano poi così semplici come le descrivono i due autori, anche perché sul signoraggio (e basta farsi un giro in rete per rendersene conto) si sono sbizzarriti finora troppi apprendisti stregoni che ne hanno fatto un fenomeno da baraccone facilmente bersagliabile dai detrattori, anche perché viziato ab origine dal peccato originale di essere da sempre un cavallo di battaglia dell’estrema destra (la quale si appella in proposito agli scritti di Ezra Pound e ,soprattutto, all’esempio della Germania hitleriana).

Ma ricondurre il tutto ad una strampalata convinzione di neo-fascisti e neo-nazisti appare estremamente riduttivo. A parte che contro il signoraggio delle banche centrali si sono espressi nel tempo anche politici di scuola liberale ed economisti lontani anni luce dalle ideologie dell’estrema destra, va detto che, esclusi gli aspetti più radicali, superficiali o folcloristici del dibattito, un fondo di verità nella polemica c’è.

Non si capisce il perché, innanzitutto, uno Stato non possa stamparsi da solo i suoi soldi e debba appoggiarsi ad una istituzione privata. L’obiezione di fondo che uno Stato-tipografo comincerebbe a produrre quattrini a volontà, generando inflazione, sarebbe facilmente superabile approntando i dovuti correttivi e le dovute misure precauzionali, come quella di affidare alla BC il compito di fornire un parere vincolante sull’emissione di nuova moneta e puntellando tale parere con un apparato sanzionatorio (penale, amministrativo e “politico”) in grado di scoraggiare anche il più temerario dei governanti che volesse disattenderlo.

Non si capisce poi il perché l’istituto centrale del credito abbia natura privata, ossia composta da quelle stesse banche che dovrebbe controllare (vedasi l’elenco delle partecipazioni azionarie alla Banca d’Italia) e infine non si capisce il perché la BCE, la Super Banca Centrale creata dal Trattato di Maastricht, abbia uno status così autonomo da poter decidere a piacimento, se lo volesse, della vita e della morte delle nazioni senza che qualcuno possa muovergli la benché minima contestazione.

Una volta esistevano i cavalieri templari, il quali nel tempo erano diventati una sorta di BCE del medioevo: liberi da vincoli di obbedienza verso il potere temporale, prestavano denaro ai re e si arricchivano di conseguenza.

Filippo il Bello, indebitato fino al collo con loro, sbrigativamente decise di rimettersi il debito eliminando i creditori. Da allora, con la creazione degli Stati unitari, la complessità della macchina statale e i costi proibitivi di guerre sempre più lunghe e complicate costrinsero le monarchie assolute a legarsi a doppio filo ai grandi banchieri dell’epoca.

Gli Stati moderni hanno ereditato questo asservimento alla finanza privata, con la differenza che i politici di oggi non possono certo più liberarsi dai legacci tagliando la testa ai propri banchieri.Potrebbero però, con lo strumento legislativo, riprendersi la funzione sovrana del conio, che è tra l’altro una delle 3 funzioni del cd (cosidetto,n.d.r.).

Stato minimo liberale di ottocentesca memoria: difesa, ordine pubblico e moneta. Non lo fanno, suggeriscono Della Luna e Miclavez, perché la Spectre internazionale dei banchieri li foraggia profumatamente, a prescindere dal loro colore politico, e ne garantisce carriere e successi.

E’ questo un giudizio tranciante,da prendere con le pinze come tutti i giudizi trancianti e le spiegazioni dietrologiche dei mali dell’umanità. Tuttavia la domanda resta: perché allo Stato la stampa dei centesimi e ad un privato quella dei miliardi?

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