giovedì 17 febbraio 2011

Al Social Forum Mondiale di Dakar rimbalza la ribellione

Al Social Forum Mondiale di Dakar rimbalza la ribellione dell’Africa
di Luigi de Paoli

Dal 7 all’11 di Febbraio 2011 si è tenuto a Dakar, capitale del Senegal, l’undicesimo Forum Sociale Mondiale, un concentrato straordinario di esperienze e di incontri tra 70.000 persone provenienti dai cinque continenti. Il Forum si è aperto con una lunga marcia festosa, scandita da musiche, balli, cori di protesta, bandiere nazionali, cartelli con i più diversi richiami, che si è conclusa all’Università, luogo in cui si è svolto il Forum.

Sorprendentemente, nello stesso giorno, il Cardinale cattolico di Dakar (ricordo che il 90% dei Senegalesi è musulmano) si sintonizza con i principi fondanti del Forum e solidarizza con il popolo dell’Egitto e della Tunisia che sfidano a mani nude i loro “despoti”. Egli afferma che “le rivolte popolari contro coloro che confiscano il potere per se stessi, per i propri familiari e per i propri amici… sono come il sale della terra…Che occorre rigettare tutte le forme di corruzione del potere… e ricercare le cause delle sofferenze, denunciare e opporsi all’ingiustizia e operare per un cambiamento radicale delle regole del gioco dell’iniquo sistema economico nazionale e globale”.

Nell’atto inaugurale il presidente della Bolivia, Evo Morales, è molto esplicito: “Tocca all’Africa fare la propria rivoluzione. I paesi del Sud conoscono i propri nemici: sono il neocolonialismo, il capitalismo e l’iniqua ripartizione della ricchezza”. L’ex presidente Lula avverte che “l’Occidente che ci insegna come gestire la nostra economia non è stato capace di gestire la propria”.

I più disparati temi socio-politici si dipanano per quattro giorni, in lingua prevalentemente francese. Centinaia di tavole rotonde e seminari sono frequentati da migliaia di giovani e convegnisti più maturi. Si tratta all’80% di africani, con una presenza massiccia di donne che lavorano nei campi, nelle fabbriche e nelle periferie delle città come maestre o addette ai servizi sociali. La convinzione comune è: “Un mondo migliore è possibile”. Altri sottolineano, anche sui manifesti murali, che oltre ad essere possibile, “è urgente”. La lista delle emergenze non più rinviabili si snoda nelle diverse assemblee. Con la fame di pane, acqua ed elettricità (a Dakar la luce manca ogni giorno per alcune ore) non c’è spazio per rinvii. Il richiamo alla rivolta e alla determinazione degli egiziani e dei tunisini è costante. L’onda dell’indignazione va a sbattere non solo contro l’avidità dell’Occidente, ma anche contro la corruzione dei governanti africani, che con le multinazionali fanno affari privati che arricchiscono una piccola percentuale di magnati locali, costringendo le masse a sopravvivere con pochi euro al giorno.

Nonostante le Nazioni Unite abbiano dichiarato che l’accesso all’acqua sia un “diritto umano fondamentale”, la realtà è che milioni di donne sono costrette ad alzarsi di buon mattino e fare ore di strada per portare a casa acqua potabile. Senz’acqua non c’è agricoltura, quindi non c’è cibo sufficiente. L’utilità del Social Forum emerge anche in questo caso: le associazioni interessate al problema hanno rivolto un appello per convergere a Marsiglia, nel Marzo 2012, dove si terrà un Forum Mondiale allo scopo di garantire il diritto all’acqua, prendendo a modello stati come il Sud Africa e la Bolivia. L’acqua è un tema vitale per miliardi persone, non solo perché è sempre più scarsa, ma anche perché da essa dipende la salute, tema caldissimo in Africa, dove le patologie intestinali si incrociano con quelle nutrizionali. Le inadempienze dei governi del Continente Nero sono state denunciate molte volte, nonostante quest’ultimi avessero sottoscritto nel 2001 l’impegno di assegnare il 15% del budget alla promozione della salute, anche per fronteggiare l’avanzata devastante dell’AIDS, che infetta 1000 neonati ogni giorno.

Con la partecipazione della nota organizzazione internazionale “Via Campesina”, le vertenze relative all’agricoltura sono state toccate molte volte. Oltre alle tradizionali proteste contro i semi geneticamente modificati della Monsanto, c’erano quelle rivolte ai potenti stati che accaparrano terre africane, affittandole a prezzi stracciati anche per 90 anni. Il Senegal ha concesso 200.000 ettari all’Arabia Saudita, il Mali 70.000 alla Libia, e il Madagascar più di un milione ad una multinazionale. Tale spoliazione garantisce il futuro di alcuni paesi ricchi, anche perché le terre cedute sono collocate nelle regioni più irrigue, ma compromette l’autosufficienza e la sovranità alimentare dei paesi africani in Via di Sviluppo. L’azione predatoria non si limita alle terre arabili, ma al sottosuolo, ricco di minerali molto ricercati, che vengono depredati con l’avallo di capi di stato che, in generale, assomigliano ai noti Mubarak e Ben Ali. In molte tavole rotonde sono state discusse e severamente criticate le manovre che l’Occidente e, oggi, la Cina, usano per alterare il “libero mercato”, sovvenzionando i propri prodotti per l’esportazione, come il cotone. Il risultato è che 10 milioni di africani sono costretti a rinunciare alla coltivazione dell’oro bianco (cotone), dato che il prezzo non può essere competitivo. E’ logico che a causa di tali squilibri soprattutto i giovani tentino la via dell’emigrazione, tema che nel Forum è stato presente in molti seminari. 19 proposte sono state approvate, tra cui l’organizzazione di una conferenza internazionale sulla libera circolazione delle persone, con lo scopo di varare una carta dei diritti degli emigranti” e un “passaporto di cittadinanza universale”.

Non c’è Forum senza i colori e gli spaccati della vita quotidiana, dai mercatini degli artigiani agli stand dove si servono bevande e piatti di pesce, riso e carne. Ma vi sono anche cantastorie e teatranti. Mi è capitato di vederne uno (incomprensibile, essendo in lingua senegalese) in cui un attore-maschio picchiava (teatralmente) un’attrice donna (questo si molto comprensibile). Se l’Africa subisce violenze da parte dei neo-colonizzatori, non è meno preoccupante il sadismo che gli uomini esercitano sulle donne, sin da bambine. Sono all’ordine del giorno i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, le percosse da parte di “amanti”, le esclusioni dal lavoro e dalla proprietà della terra. Più volte le donne hanno attraversato le strade del Forum gridando la loro rabbia per le violenze subite. Nel 2012 hanno programmato una Marcia delle Donne per denunciare la persecuzione contro il loro corpo e la loro anima. Non è un caso che esse abbiano collegato il riscaldamento globale e le sofferenze della Madre Terra alla violenza che viene inflitta alla Donna nel mondo, specialmente in Africa. Una delegazione della Nigeria ha raggiunto il Forum per protestare energicamente contro le devastazioni ambientali operate dalle compagnie petrolifere nel Delta del Niger, causando un aumento delle malattie e una desertificazione dell’agricoltura.

Di fronte a problemi immani, l’esigenza di una governace mondiale è stata sottolineata molte volte, tanto più che nessuno crede all’efficacia delle Nazioni Unite, in realtà Disunite. E’ sempre più chiaro, come ha detto l’ex Direttore dell’UNESCO, Federico Mayor, che ci troviamo davanti a quattro poteri: quello militare (che si mangia 4 miliardi di dollari ogni giorno), quello energetico (controllato da poche compagnie), quello economico (gestito da banche colossali e multinazionali) e quello mediatico (negli USA una sola persona domina i mass media). Se è vero che il Social Forum ha allevato milioni di militanti consapevoli della necessità di andare oltre un sistema liberista che favorisce non la democrazia ma la plutocrazia, bisogna ammettere che le proposte per organizzare un cambiamento planetario da parte di disoccupati, poveri e sfiduciati non sono ancora operative. Per la prima volta nel Forum si sono formati degli aggruppamenti spontanei che si sono posti il problema di creare le condizioni affinché il prossimo Forum diventi un punto di partenza per strategie e campagne volte ad organizzare una resistenza sistematica ad un “disordine costituito” che minaccia la sopravvivenza della specie umana.

Un riesame del Social Forum Mondiale è tanto più “urgente” dal momento che esso è diventato l’unico spazio auto-organizzato del mondo, dove è possibile irradiare analisi e progettare cambiamenti attraverso l’incontro con persone decise a trovare alternative alla globalizzazione capitalista. Basti pensare che in Africa si sono svolti già due Social Forum Continentali (Bamako, 2002 e Addis Abeba, 2003), che hanno avallato una Carta dei Principi che è all’origine del Social Forum Panafricano. Essendo i media sono tutti “padronali” o “governativi”, guardano con sospetto al Social Forum e nemmeno lo degnano di uno sguardo, se non per denigrarlo. Senza alcun contatto con i fermenti invisibili dei popoli, in particolare con la parte più alfabetizzata e militante, non meraviglia che governi, diplomazie e giornalisti siano rimasti storditi dalla rivolta africana, oggi estesa al mondo arabo.

Che il Social Forum Mondiale metta paura ai governi è comprovato proprio da quanto è accaduto a Dakar, dove la disorganizzazione è stata massima. Impossibile conoscere il programma e trovare le sedi previste. Quasi tutti i seminari erano sprovvisti di impianti di amplificazione e della traduzione simultanea. Gli incontri si sono svolti in tende improvvisate. La ragione di tale scompiglio, assolutamente inusuale nei Social Forum, non è stata mai esplicitata, forse per “ragioni di buona educazione”. La verità, nuda e cruda, è la seguente. Approfittando di una protesta del mondo universitario alla fine di Dicembre, il governo ha ritenuto opportuno cambiare il rettore e sostituirlo con uno che, come prima atto, ha deciso di annullare tutti gli impegni assunti dal precedente. Le aule universitarie, destinate alle migliaia di partecipanti, molti dei quali stranieri, sono state precluse. Il boicottaggio governativo è stato quasi ammesso dal Presidente Wade (un ottantatreenne malato, screditato e a rischio di dimissioni), il quale, dopo essersi vantato di essere “liberista” e contrario all’economia di stato, ha denigrato prima l’operato politico di Lula (presente all’atto ufficiale) e poi il Social Forum.

Ci consola pensare che quest’ultimo può sopravvivere nelle tende, mentre i capi corrotti non sopravviveranno nelle memoria dei popoli.

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