lunedì 19 luglio 2010

Banchieri, debiti e sviluppo

ABRUZZOpress – N. 278 del 19 luglio ’10

Banchieri, debiti e sviluppo

di Savino Frigiola


L'attuale crisi economica. oltre ai tanti e non lievi disastri provocati, ha generato anche qualche risvolto positivo. Si sono azzittiti tutti i grandi ed accreditati economisti, quelli pompati ed allineati alla cricca bancaria e monetaria, sostenitori sino al giorno prima del crollo economico che tutto procedeva per il meglio, secondo le rigide linee guida dell'economia di mercato e a maggior gloria del liberismo più sfrenato. In grave imbarazzo si trovano pure quelli che erano protesi a magnificare gli interventi e gli investimenti in borsa, quelli che leggendo nella palla di vetro sapevano indirizzare gli investitori verso i titoli più redditizi, poi miseramente evaporati. A ben osservare alcuni di questi ed alcuni promotori loro compari, hanno dovuto sopportare oltre alla derisione anche qualche dispiacere ad opera dei propri clienti non molto soddisfatti del loro operato.

Gli economisti rimasti in pista, sono quelli che ogni tanto compaiono, agiscono con il compito di rabbonire e giustificare le manovre più o meno dolorose elaborate dal Governo. Nonostante la loro consumata disinvoltura, non riescono tuttavia a dissimulare alcune incertezze e tutto il loro imbarazzo nello svolgere il compito loro assegnato. In ogni caso i più patetici, per la verità abbastanza pochi, sono quelli che per sostenere l'utilità e la convenienza delle manovre economiche calate sul territorio nazionale (restrizioni, tagli di spesa, rinvio grandi opere e quant'altro), a danno della circolazione monetaria dell'intero mercato e degli stessi cittadini, citano e riportano approvazioni e consensi ventilati in sede europea ad opera dei funzionari dell'Europa dei banchieri. Purtroppo non si comprende se tutte queste manovre ed interventi di bilancio, ammantate dalla sana e nobile iniziativa di ridurre spese e sprechi, avvengono nell'interesse dei cittadini e del mercato nazionale, oppure a salvaguardia dei banchieri i quali vengono tranquillizzati dagli sforzi e sacrifici messi in campo per il pagamento degli interessi passivi sul fittizio debito pubblico, da loro stessi abilmente costruito con il perverso sistema di emissione monetaria ora in atto. Tutto ciò rischierebbe di passare inosservato se non fosse lo stesso Ministro Tremonti ad accodarsi a questi balbettanti e scodinzolanti economisti i quali, allargandosi, fanno trasparire la loro vera mission quando sostengono che se non ci fosse stato l'euro la situazione in Italia sarebbe stata ancora peggiore. (escusatio non petita…). Si possono comprendere le preoccupazioni del nostro Ministro il quale con l'approssimarsi delle date di scadenza dei titoli del debito pubblico cerca di non irritare la cricca monetaria dalla quale dipendono le accreditate agenzie di rating, quotate in borsa, che distribuiscono voti sulla bontà dei titoli del debito pubblico.

L'altro beneficio conseguito con questa ultima crisi economica riguarda proprio la perdita di credibilità di queste agenzie di rating. Fino al giorno prima del crollo dei titoli “farlocchi, cabriolé, tossici, ecc”. quelli che hanno provocato la grande crisi, continuavano ad essere classificati ottimi ed affidabili. L'ultima disavventura accorsa pochi giorni fa quando nell'intento di ripetere la stessa manovra messa in atto a danno della Grecia hanno abbassato il rating ai titoli portoghesi e questi, come per incanto, hanno guadagnato subito un punto e mezzo in borsa. Coraggio Ministro Tremonti, pensi agli interessi veri del popolo italiano in termini di ripresa economica ed occupazionale e metta in campo tutti gli accorgimenti che Ella ben conosce per far ripartire l'economia. Siamo d'accordo di eliminare sprechi ed inefficienze, ci si poteva pensare anche prima, ma teniamo sempre presente che l'economia moderna poggia sull'incremento delle entrate e non sul contenimento delle uscite. Coraggio Ministro prepariamoci per tempo a finanziare il nostro sviluppo ed a pagare i nostri prossimi titoli in scadenza con la nostra moneta emessa direttamente dallo Stato italiano, come abbiamo dimostrato di saper ben fare per oltre cento anni. Continuando come ora ad emettere i titoli di debito, sui quali corrono subito gli interessi, per farli scontare ai banchieri ed utilizzare il netto ricavo per pagare i titoli in scadenza, non si arriverà mai ad estinguere od abbassare il debito pubblico che, proprio per questo motivo, nonostante tutti i proclami compreso quelli autorevolissimi del Presidente della Repubblica, con questo andazzo continua e continuerà a crescere.

Importante l’emissione monetaria nazionale poiché dovrà essere destinata anche al rilancio economico ed occupazionale per non creare nuovo debito per finanziare sviluppo e ricerca. Solo così si potrà colmare il gap esistente fra noi e gli altri Paesi industrializzati. Dobbiamo smettere di perdere ricchezza che si potrebbe realizzare, ma ciò che è ancora più grave, perdere, con la fuga dei cervelli, il miglior capitale nazionale che molto è costato alla comunità nazionale per formarlo. Occorre rapidamente invertire questo processo in atto poiché la nostra economia, prettamente manifatturiera, ha bisogno di risorse economiche, senza costo anche per incrementare la ricerca ed eventualmente attirare nuove competenze.

Politici e media debbono prendere atto definitivamente che se i titoli del debito pubblico sono ritenuti buoni al punto da essere accettati per lo sconto dai competenti e scaltri banchieri, devono essere ritenuti validi anche i titoli monetari nazionali i quali, come ebbe a dichiarare Nixon in occasione della denuncia dei patti di Bretton Woods, valgono poiché rappresentano il valore di tutta la produzione nazionale.

Smettiamo di farci condizionare dai banchieri i quali non contenti di “Basilea 2”, ritenuta ancora poco incisiva per strangolare il mercato, stanno preparando “Basilea 3”; smettiamo di ballare alla musica delle inaffidabili e non disinteressate agenzie di rating al servizio di chi detiene i loro pacchetti di maggioranza. Come ha enunciato ed insegnato Auriti il valore della moneta deriva dalla convenzione di chi l’accetta e la usa. La convenzione è creata da tutti noi che utilizziamo, per convenzione, il medesimo strumento di misura del valore. Nel mondo per soddisfare questa funzione si è utilizzato di tutto: conchiglie, perline, sale, pezzi di vetro e minerali, pezzi di legno, ecc. ecc. sempre per convenzione di chi accettava ed utilizzava lo stesso strumento. Ecco perché il controvalore del signoraggio, che si verifica sempre al momento dell’emissione monetaria, deve essere acquisito, per giustizia ed anche per convenienza, dallo Stato che rappresenta la comunità a titolo originario, in nome e per conto di tutti i propri cittadini e non, come ora illegittimamente avviene, dai banchieri i quali così facendo indebitano sempre più Stato e privati.

Rimettiamo in funzione la “Zecca dello Stato” e provvediamo da soli a munirci degli strumenti econometrici di cui abbiamo bisogno

E i politici stanno a guardare. Ora anche i cittadini, ma fino a quando?...

S.F.

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