venerdì 25 giugno 2010

A miei amici intellettuali - JHDS

Se mai vi stiate chiedendo "Ma come mai l'economia attraversa fasi cicliche e crisi frequenti?", vi propondo la teoria che meglio spiega, mi pare, gli eventi. Sottopongo all'attenzione dei giuristi le sentenze ottocentesche che consentono di considerare la riserva frazionaria "procedimento legittimo". Lì ci mise la zampa il diavolo o una troppo umana avidità.

Un caro saluto
Jesus Huerta de Soto


Di seguito la prima parte della lezione del 15 aprile, interamente dedicata alla legge di Peel del 1844, al ciclo economico, e alla necessaria riforma del sistema bancario.

Trascrizione di Mario Fuoricasa, elaborazione di Francesco Carbone

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Tutti i problemi economici che ci affliggono hanno un legame diretto con una data ben precisa: il 19 luglio 1844. Cosa accadde quel giorno? Robert Peel, a quel tempo primo ministro del Regno Unito, riuscì a far approvare il “Bank Charter Act” più popolarmente conosciuto come “Peel’s Bank Act”. Nonostante molti lo ignorino, la legge bancaria di Peel plasmò le caratteristiche di un sistema bancario che dalla Gran Bretagna si diffuse in tutto il mondo e i cui tratti salienti si ritrovano ancora oggi nell'attuale sistema creditizio mondiale.

Questa legge è quindi molto importante. E per capirla ancora meglio è necessario calarsi nel contesto dell'epoca, analizzando le due scuole di pensiero che si erano affermate in quegli anni e che condussero all’elaborazione della riforma bancaria. Le due scuole sono la scuola bancaria (Banking School) e la scuola monetaria (Currency School). Queste linee di pensiero contrapposte avevano cercato di fornire risposte e soluzioni alle problematiche che, con preoccupante frequenza, emergevano già allora in ambito finanziario. Le analogie col presente non sono pertanto casuali.

All'epoca il Regno Unito stava facendo i conti con l'inizio della rivoluzione industriale. Da più di un secolo si collocava sullo scacchiere internazionale come potenza coloniale e indiscusso leader economico, mercantile e militare. La sua influenza sul resto del mondo non era inferiore a quella che oggi possiamo attribuire agli USA. In questo contesto si osservavano periodicamente cicli ricorrenti di espansione e crisi (boom and bust) che si ripetevano con particolare veemenza. Alle bolle speculative seguiva inesorabilmente il panico bancario e finanziario che a sua volta dava origine ad una recessione economica.

I più sagaci teorici del tempo si raggrupparono principalmente intorno alle teorie della Currency School (David Ricardo, Torrens, ecc..). Costoro si resero conto che l'origine dei fenomeni ciclici era da ritrovarsi nelle particolari modalità operative con le quali le banche gestivano la loro attività. In Gran Bretagna le banche erano private ed operavano con il privilegio legale della riserva frazionaria. L'attività principale era l'emissione di cartamoneta o banconote (bank notes), cioè l’emissione di certificati attestanti il danaro depositato in banca (dove all’epoca il danaro era l’oro).

Sul certificato di deposito (bank note = banconota) c'era scrittoPromessa di pagare a vista al portatore la somma di (sterline, scellini) qui o presso (nome dell'emittente).Valore ricevuto il (...)”. Le unità monetarie erano pertanto legate a quantità d'oro o d'argento da rapporti ben determinati per cui, ad es., un pound inglese certificava un deposito pari a un pound d'argento.

Le banche operavano in regime di riserva frazionaria senza più farne alcun mistero. Il diritto anglosassone della common law, che fonda la sua particolare consistenza sul giudicato precedente, aveva riconosciuto loro la possibilità di operare con tale privilegio operativo sin dal secolo XVIII in virtù di una serie ripetuta di sentenze favorevoli. (sentenza di Sir William Grant del 1811 nel caso Carr versus Carr, cosí come quella emessa cinque anni dopo nel caso Devaynes versus Noble. La più conosciuta è quella del giudice Lord Cottenham però solo nel 1848, nel caso Foley versus Hill e altri, ndt.)

Le banche, pertanto, potevano vantare ben due linee d'affari lucrative:

- la creazione e l’emissione di prestiti a carico di un deposito (chirografis pecunia – denaro scritturale), attività storica delle banche;
- l'emissione di certificati di deposito (banconote), un affare nuovo e molto lucrativo

Entrambe le attività potevano essere svolte senza alcun obbligo di copertura totale. In altre parole le banche potevano emettere banconote o prestiti in quantità superiore al denaro effettivamente depositato presso l’istituzione bancaria stessa (l’oro o l’argento depositato).

Tale possibilità di operare in regime di riserva frazionaria, lo ribadisco, costituisce un privilegio. Il settore del credito è infatti l'unico a goderne. Qualunque altro soggetto economico, non creditizio, che emettesse certificati di deposito di una qualsiasi merce in quantità superiore a quanto effettivamente depositato dai clienti commetterebbe, per legge, una frode, piuttosto che una appropriazione indebita, una falsificazione di documento, o un delitto contro la fede pubblica.

La possibilità di emettere banconote costituiva per le banche un’attività molto redditizia, soprattutto nei periodi di espansione economica, durante i quali venivano emesse banconote per un valore facciale complessivo significativamente superiore all'oro depositato. A effetto pratico, agendo le banconote da sostituti monetari, era come se all'improvviso si fossero scoperti nuovi e consistenti giacimenti d'oro.

I mezzi fiduciari costituiti dai nuovi biglietti di banca, in eccesso rispetto alle riserve, venivano stampati e prestati agli imprenditori. Nel giro di poco tempo, l'espansione artificiale del credito così generata a sua volta provocava nel sistema economico euforia, l’illusione di una apparente prosperità.

L'iniezione di queste dosi addizionali di credito, tuttavia, non si realizzava uniformemente a favore di tutti gli operatori del mercato. Una distribuzione uniforme sarebbe coerente al “modello dell'elicottero di Friedman", (dove Friedman ha solo rimaneggiato un interrogativo che già David Hume si era posto, in altri termini, molto tempo prima). Cosa succederebbe, si chiedeva Hume, se domattina, al risveglio, tutti i sudditi del Regno Unito si ritrovassero in saccoccia il doppio delle sterline rispetto alla sera prima? Sarebbero più ricchi? No! Semplicemente, in breve tempo, i prezzi aumenterebbero lasciando il livello di benessere invariato.

L'impatto dell'iniezione monetaria, tuttavia, non è mai uniforme. Già all’epoca coinvolgeva gli operatori del mercato in sequenza e in tappe successive. Come possiamo ben intuire, i primi a ricevere i prestiti bancari (creati dal nulla) potevano disporre di un potere d'acquisto (creato dal nulla) ben maggiore rispetto ai successivi beneficiari della lunga ed indeterminabile sequenza di passaggi di mano del nuovo denaro (creato dal nulla).

I successivi compratori e prenditori delle dosi addizionali di massa monetaria, fatta correre dalle banche attraverso i processi di mercato, saranno infatti colpiti solo a poco a poco, in maniera crescente e in proporzioni differenti, dall'aumento dei prezzi, sia dei beni di consumo che dei beni di capitale.

Quale è pertanto il risultato di questo processo di creazione e circolazione di denaro? Semplice: i primi che ricevono il denaro godono di un beneficio e di un vantaggio: di fatto essi guadagnano sistematicamente a scapito di tutti gli altri, soprattutto a scapito di coloro che nella lunga catena di passaggi riceveranno il denaro per ultimi (oppure MAI - NdW). Questo processo ha un nome: "redistribuzione del reddito", e danneggia soprattutto chi, dipendendo da un reddito fisso, trae maggiore beneficio da un potere d'acquisto del denaro relativamente stabile o crescente.

Un altro importante risultato è che nel tempo la crescita dei prezzi non è affatto proporzionale, come invece turpemente ci dice la famosa equazione monetarista MV=PQ. I prezzi variano sia in termini assoluti che in termini relativi, generando nel complesso una significativa rivoluzione dei prezzi. (questo rappresenta un vero e proprio attentato continuato contro l'ordine pubblico economico - NdW)

A quell'epoca i teorici della Currency School non riuscirono a sviluppare una opportuna teoria del capitale in grado di spiegare in che modo il lato monetario influenza l'economia reale. Spetterà solo agli studiosi della scuola austriaca, soprattutto a partire da Böhm-Bawerk, il compito di costruire, grazie alla teoria del capitale, il ponte teorico tra il lato monetario e quello dell'economia reale.

Nonostante tutto, però, individuarono correttamente la causa dei problemi finanziari ed economici sperimentati: essa aveva origine nell'espansione della massa monetaria, ad opera delle banche, sotto forma di prestiti o di biglietti di banca, cioè in quella creazione ed emissione di mezzi fiduciari per quantità superiori alla quantità di oro realmente depositato.

Le loro considerazioni trovavano conferma anche nella evidente perdita di competitività del Regno Unito verso gli altri paesi. Essi, infatti, avevano potuto osservare come, a seguito dell’aumento interno dei prezzi, e quindi della crescente convenienza nell’acquistare i beni dal vicino continente europeo (dove i prezzi erano più stabili), il flusso di denaro che fuoriusciva dal paese si traduceva presto in un deficit nella bilancia dei pagamenti.

Presto o tardi l'oro promesso sulle banconote inglesi veniva reclamato dagli europei. La banconota, infatti, non estingueva il debito, ma prometteva il pagamento del denaro sonante. Le richieste di saldare in oro quanto dovuto, finivano con l’assottigliare le sempre più compromesse riserve bancarie inglesi. L'oro in deposito presso le banche britanniche era infatti solo una frazione del totale promesso come pagabile a vista dai biglietti di banca, creati in quantità eccessive nella fase di euforia.

Fintanto che perdurava lo stato di fiducia generalizzata, i problemi erano asintomatici, non si vedevano. Tuttavia, a seguito della perdita di competitività indotta dall'emissione spregiudicata di mezzi fiduciari di pagamento, inesorabilmente finiti nelle mani dei mercanti continentali che esigevano il pagamento fisico in oro, la realtà spalancava prepotentemente le porte alla necessaria consapevolezza dell’inganno perpetrato.

Gli eventi di allora, pertanto, non ci devono stupire. Abbiamo avuto esempi di dinamiche simili solo poco tempo fa. Prendete il recente caso islandese o il caso del corralito argentino di qualche anno fa, solo per citarne un paio.

Le vie che portano alla comprensione dell'economia sono personalissime, ma ritengo utile suggerirvi di visualizzare, con fine ludico-emotivo, il contesto dell'epoca attraverso una pellicola per bambini e per adulti, Mary Poppins. (Come fallisce una banca - Tratto da Mary Poppins Walt-Disney in italiano, ndt). Gli aspetti interessanti sono ovviamente: la circonvenzione, l'inganno e l'impegno a creare la fiducia con mirabolanti promesse e per conseguenza cosa succede in caso di perdita di fiducia. Il messaggio, se lo isoliamo dal grimaldello della modalità ludica proposta, è molto chiaro.

I teorici della Currency School avevano perfettamente compreso, sotto il profilo finanziario, le dinamiche secondo le quali una crisi finanziaria era l'inevitabile conseguenza di una espansione monetaria per un periodo di tempo più o meno prolungato.

Al sopraggiungere della crisi, le istituzioni marginalmente più esposte venivano travolte dalle prime corse allo sportello. Le istituzioni marginalmente meno esposte contraevano repentinamente la concessione di nuovi prestiti nel tentativo di ridurre l’emorragia di riserve. L'effetto sistemico era inevitabile e la perdita di fiducia si propagava molto velocemente.

I fenomeni erano quindi perfettamente collegati nella seguente sequenza: - perdita di fiducia – fallimento delle banche più esposte – effetto sistemico sulle altre banche – contrazione brutale ed immediata del credito. Sulla base di questa consapevolezza nella società del tempo si aprì un vasto dibattito che vide per l'appunto schierarsi, in contrapposizione, le due scuole di pensiero citate.

I teorici della scuola bancaria avevano tesi completamente opposte a quelle della Currency School. Fautori del regime di riserva frazionaria, ne reclamavano a gran voce la sua opportunità operativa ai fini di una corretta e migliore gestione delle attività bancarie. Secondo questa teoria alternativa, l'espansione del credito si rivelava essere molto vantaggiosa per lo sviluppo economico. Il nuovo denaro, si sosteneva, è come il sangue che distribuendosi nel corpo sociale porta nuova energia.

La maggioranza dei banchieri apparteneva ovviamente alla scuola bancaria e si aggrappava alle sue argomentazioni nel tentativo di difendere e consolidare il privilegio imprenditoriale acquisito. Fullarton (eminente rappresentante della scuola bancaria) ideò anche una teoria a supporto: la teoria del riflusso. Questa teoria spiegava che non c'è nulla di pregiudizievole nell'espandere il credito, in quanto, una volta terminata la sua funzione di circolazione, il denaro rifluisce sempre alla banca.

L'errore chiave della teoria di Fullarton è che restituendo un vecchio prestito con un prestito di nuova creazione (rollover del credito) di fatto non si realizza alcun riflusso. In altre parole, non esiste alcun tipo di riflusso naturale in grado di mantenere stabile il sistema e - nel caso di un periodo di prolungata espansione creditizia sostenuta dalla fiducia degli agenti economici - la massa monetaria può crescere illimitatamente. (in pratica, è falsa la tesi secondo la quale le banche distruggerebbero il capitale ricevuto indietro mantenendo solo gli interessi come utile... - NdW)

Altri teorici, come ad esempio Parnell, suggerirono l’utilizzo di una stanza di compensazione interbancaria attraverso la quale limitare e stabilizzare il sistema di libera emissione di banconote da parte di un istituto bancario in relazione con altri. Con la stanza di compensazione, la perdita di riserve delle banche che hanno emesso una maggiore quantità relativa di denaro verrebbe intercettata e l'istituto in questione sarebbe indotto ad adeguarsi al ritmo di emissione degli altri istituti.

Questo procedimento di verifica potrebbe funzionare, ma avrebbe comunque un evidente limite: se l'intero sistema delle banche si trovasse in un periodo di espansione, la stanza di compensazione frenerebbe solo la fuga più rapida di alcuni istituti rispetto agli altri, ma sosterrebbe comunque un processo di espansione monetaria generalizzato destinato a terminare con una crisi finanziaria sistemica.

Oggi pecchiamo veramente di scarsa memoria storica: quasi tutto quello che si dibatte oggigiorno sull'argomento finanziario era stato oggetto di approfondimento già 150 anni fa.

Prendiamo infatti un altro teorico interessante: Longfield. Le sue argomentazioni sono applicabili anche ai nostri tempi. Egli comprese e spiegò come nella realtà i banchieri, anche quelli più prudenti, siano costretti ad aderire alla follia espansionista per non perdere quote di mercato. Recentemente, un importante banchiere mi ha confessato come fosse ben consapevole delle cose senza senso che si stavano verificando prima della crisi finanziaria del 2008. La domanda mi è sorta spontanea: "Ma se lo sapevate perché non vi siete fermati?”. Risposta. "Tutti lo sapevamo, ma se anche noi non avessimo fatto la nostra parte la nostra banca avrebbe perso quote di mercato". E questo, senza dubbio, sarebbe stato arduo da giustificare agli azionisti, agli operatori finanziari e alle agenzie di rating.

Longfield aveva enunciato esattamente queste dinamiche già negli anni trenta del XIX secolo! Quante sofferenze avremmo evitato studiando le fonti storiche e le origini del pensiero economico! In che mondo migliore vivremmo se i nostri attuali responsabili di politica economica e finanziaria avessero la statura morale e lo spessore analitico degli statisti del Regno Unito del XIX secolo!

Il dibattito sulle crisi finanziarie, partito dal corpo sociale, intellettuale ed economico, arrivò quindi fin dentro al parlamento. I rappresentanti del popolo finirono per accettare l'analisi teorica della Currency School. Il 19 luglio 1844 si giunge a promulgare la Legge bancaria di Peel, con la quale si stabilisce, da quella data in poi, un coefficiente di cassa del 100% per la SOLA emissione di banconote.

La vittoria di quei teorici che avevano maturato la visione più corretta dei processi economici, fu pertanto una vittoria parziale, anzi direi meno che parziale, fu una vittoria di Pirro. Si proibì solo l’emissione di banconote senza corrispettivo reale, ma non la creazione di depositi, che continuarono ad essere creati ed emessi senza alcuna necessità di avere una copertura totale del 100%.


Molti di coloro che non hanno seguito le mie lezioni potrebbero chiedersi in che cosa consiste veramente la creazione di un deposito. Come detto all'inizio, le linee principali d'affari delle banche erano due, e la creazione di depositi rappresentava l'attività bancaria più tradizionale e storica.

Essa consiste in una semplice scrittura contabile con la quale si rileva un movimento puramente contabile. Si accende tra gli attivi dello stato patrimoniale un conto denominato "prestito" per un determinato importo controbilanciato tra le passività da una uguale scrittura, per pari importo, in una voce denominata "deposito".

(data xx/xx/xxxx – Prestito sig. Smith a Deposito c/sig. Smith £ 1.000 )

Le somme nel conto prestito (credito) corrispondono al credito della banca verso chi ha richiesto il prestito. Le somme nel conto deposito (debito) corrispondono all'importo messo a disposizione del sig. Smith per il ritiro.

Come se avesse previamente depositato realmente la somma, il sig. Smith potrà adesso ritirare fino a concorrenza dell'importo del suo conto deposito, pari a 1.000 sterline. Tale somma, tuttavia, non è stata depositata da Smith, essa è stata semplicemente messa a disposizione di Smith dalla banca stessa, ed è a valere su giacenze di denaro altrui realmente depositato (depositato, non prestato per un determinato periodo di tempo, denaro quindi depositato alla vista, che rappresenta giacenza di liquidità e che il depositante ha il diritto di prelevare in qualunque momento! ndt).

La banca in questo modo ha creato dal nulla (out of thin air) un deposito e l'ha messo a disposizione senza che vi fosse copertura al 100% in oro. La banca consegna quindi al sig. Smith un blocchetto d'assegni perché egli possa spendere, a carico di un deposito creato dal nulla, somme che la banca non poteva più emettere (grazie alla legge di Peel) sotto forma di banconota. Ciò che si proibiva con la Legge di Peel era infatti l'emissione di biglietti di banca senza una copertura al 100% in oro e non l'emissione di prestiti a valere su giacenze contabili virtuali e regolabili di fatto attraverso le giacenze altrui (in oro) depositate presso la stessa banca.
Nel momento in cui la banca riconosce nel suo passivo un deposito non dovrebbe rilevare nel suo attivo un prestito, bensì una entrata di cassa sotto forma di oro o biglietti rappresentanti oro. Nella seguente maniera:

(data xx/xx/xxxx – Cassa a Deposito c/sig. White ï¿¡ 1.000 )
Nel caso invece di prestito a un cliente, esso dovrebbe trovare come corrispettivo il denaro prestato alla banca per un determinato periodo di tempo, non il denaro depositato alla vista. Le scritture contabili in questo caso sarebbero le seguenti.
Prestito del cliente alla banca:
(data xx/xx/xxxx – Cassa a Prestito passivo 1 anno v/sig. White £ 1.000 )
Prestito della banca al sig.Smith:
(data xx/xx/xxxx – Prestito attivi 1 anno sig. Smith a Cassa £ 1.000)

e nel caso il sig. smith accendesse contestualmente presso la stessa banca un deposito a fronte del prestito di cassa appena ricevuto:

(data xx/xx/xxxx – Cassa a Deposito c/sig. Smith £ 1.000 )


Con un bilancio finale così composto:

Attività Passività
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Cassa 1000 Deposito c/Smith 1000
Prestito attivo 1 anno 1000 Prestito passivo 1 anno 1000

Nel caso invece di creazione del denaro dal nulla ci ritroveremmo (aggiungendo
il deposito originario di sig White alla voce già vista, prestiti verso depositi):

Attività Passività

-------------------------------------------------------------------------------

Cassa 1000 Depositi 2000
Prestito attivo 1 anno 1000


Nel quale evidentemente 2 depositanti hanno diritto e possono prelevare contestualmente 2000 sterline a fronte di cassa, o denaro effettivo, per soli 1000, rendendo di fatto la banca tecnicamente insolvente. NDT


L'assenza delle stesse regole sia per l'emissione di banconote che di depositi è riconducibile al fatto che a quel tempo, nella Gran Bretagna del 1844, non si aveva ancora compreso in termini di teoria economica come i depositi creati ed emessi dalla banca contribuissero, insieme ai biglietti di banca coperti da oro, a formare l'intera massa monetaria.

E dico non solo che non l'avevano compreso, ma piuttosto che l'avevano dimenticato perché ben trecento anni prima i nostri grandi pensatori, gli scolastici spagnoli del "Siglo de oro", Luis de Molina in testa, avevano già compreso che le banche potevano creare denaro dal nulla semplicemente attraverso le scritture contabili. Nel secolo XVI e XVII, infatti, l'emissione di prestiti a carico di depositi costituiva il core business tradizionale degli istituti di credito, non essendo a quella epoca ancora in uso la pratica dell'emissione di banconote.

Luis de Molina (in de chirografis pecuniarum - Tratado sobre los cambios 1597 ) indicava come denaro scritturale proprio quelle scritture contabili che creano dal nulla il deposito a carico del quale si potevano emettere sostituti monetari fino a concorrenza del relativo importo.

Ma ritorniamo alla Gran Bretagna del XIX secolo.

La creazione ed emissione di depositi generava gli stessi effetti dell'emissione di cartamoneta, ma le modalità operative si concretizzavano con una ancor minor trasparenza. Di fatto chi spendeva i soldi cosi ricevuti in prestito non poteva mai sapere se fossero coperti o meno da riserve in oro. Il sistema bancario in questo modo poteva espandere il credito aggirando i dettami della Legge di Peel. Nonostante tutti gli sforzi teorici e giuridici, la legge di Peel non ebbe quindi sufficiente efficacia pratica. La cittadinanza britannica si ritrovò nuovamente gabbata. I cicli di espansione e crisi finanziaria non cessarono, anzi divennero sempre più estremi.

Alla luce di tutte queste considerazioni, appare quindi ben chiara la ragione per la quale ancora oggi possiamo considerarci condizionati da questo incidente storico. L'aver dimenticato tutti gli insegnamenti e le argomentazioni di Luis de Molina e il non avere compreso che l'emissione di depositi genera gli stessi effetti dell'emissione di banconote, aprì con la Legge di Peel un percorso tragico sul quale stiamo camminando ancora tutt’oggi.

Riesaminiamo quindi la logica e la sequenza degli eventi:

- le banche, aggirando la legge di Peel, possono continuare ad espandere il credito a carico di depositi creati dal nulla;

- l’espansione genera una fase di boom economico con bolle speculative;

- quando inesorabilmente il trend cambia ed emerge una perdita di fiducia, la gente si reca in banca per ritirare il proprio danaro (oro) o incassare i biglietti coperti da oro al 100%;

- le banche non dispongono del danaro per soddisfare le richieste di restituzione;

- inevitabilmente arrivano i fallimenti bancari;

- a questo punto i banchieri chiedono che venga creata una istituzione in grado di supportarli nei momenti di difficoltà, quello che si chiama un prestatore di ultima istanza;

- l'istituto che può svolgere questa funzione deve essere una banca prestigiosa e importante, nel caso britannico emerge la Banca d'Inghilterra.

- la Banca d'Inghilterra, per poter svolgere il suo ruolo di salvataggio, ha bisogno di poter generare la liquidità necessaria.

- siccome non è possibile creare dal nulla l'oro perché non è manipolabile o riproducibile a volontà da parte di un banchiere o di un politico, la banca che acquisisce il privilegio della funzione di prestatore di ultima istanza, esige che attraverso le istituzioni politiche si emettano norme di corso legale o forzoso. Si obbligano, cioè, tutti i cittadini e gli agenti economici ad accettare come mezzo liberatorio di pagamento la cartamoneta bancaria emessa in alternativa all'oro.

- la stampa di cartamoneta con questo privilegio legale consente al prestatore di ultima istanza di poter disporre della liquidità necessaria per salvare il sistema finanziario.

Riassumendo
Per un errore nella legge di Peel continuano a prodursi cicli di boom e recessione. Ogni qualvolta i banchieri si trovano in difficoltà, i cittadini gabbati protestano e chiedono il "bailout" (il termine bailout dovrebbe suonarvi familiare per i fatti occorsi solo pochi mesi fa). Furono proprio i cittadini, guidati dai politici, a reclamare a gran voce che venisse creata una banca prestatrice di ultima istanza che salvasse le banche nei momenti di difficoltà.

Per realizzare i desideri reclamati a furor di popolo furono necessarie due azioni importanti:

1) espropriare l’oro ai cittadini, toglierlo al mercato e sostituirlo con un mezzo fiduciario creato ed emesso dalla banca che ha ottenuto il corrispondente privilegio;

2) promulgare leggi di corso legale o forzoso per obbligare tutti gli agenti economici e il mercato ad accettare la cartamoneta in sostituzione dell'oro.

Qui signori termina tragicamente la rilevanza storica della Legge di Peel. Il sistema allora congegnato è arrivato nella sua sostanza ai nostri giorni. Sull'esempio della Gran Bretagna, infatti, tutti i paesi a poco a poco si conformarono a regole analoghe. In Spagna, ad esempio, venne promulgata la legge bancaria del 4 maggio 1849, ed in seguito, con un decreto, quella di José Echegaray, con la quale si conferiva il monopolio di emissione al Banco de España, banca privata fino alla successiva riforma del 1962.

Ecco come siamo arrivati ad un sistema finanziario mondiale che, nella sua architettura, soffre ancora oggi degli errori contenuti in origine, a causa di un imperfetto disegno istituzionale: la Legge di Peel del 19 luglio 1844. Una legge per certi versi frutto della migliore teoria di allora, ma per altri aspetti dagli esiti fatali e dalle tragiche conseguenze di lungo termine.

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