sabato 8 maggio 2010

Come difendersi dalle agenzie di rating

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Come difendersi dalle agenzie di rating, lettera aperta al Ministro Tremonti - 2010/05/07 19:00

Egregio Ministro Tremonti,

in qualità di economista ed analista finanziario indipendente, mi permetto di inviarle alcune notizie relativamente alle "famigerate" agenzie di rating americane che, specialmente in questi ultimi periodi, stanno pesantemente condizionando, ovviamente in senso negativo, i mercati finanziari, le economie europee e, purtroppo, la vita di ogni cittadino.
Inoltre, al termine, le ho indicato una possibile rapida azione, da concordare insieme agli altri Stati europei, in modo da poter limitare profondamente l'operato di queste agenzie, guidate da conflitti d'interesse e fini privatistici. Il tutto in attesa di una profonda riforma delle regole finanziarie, comprese quelle riguardanti l’operato delle agenzie di rating, riforma che sicuramente avrà un lungo percorso e pieno d'ostacoli.

Bisogna ricordare che tali agenzie non sono altro che Società private (Società per Azioni).
Inoltre molto spesso hanno preso della grandi cantonate, infatti Adusbef, l'Associazione dei Consumatori, ha effettuato un monitoraggio su oltre 1.000 “Report” (consigli per gli acquisti o per le vendite su titoli e/o azioni) emessi a pagamento dalle maggiori agenzie di rating, constatando che tali rapporti sono risultati non veritieri nel 91% dei casi. Quindi, quando queste agenzie hanno diffuso i loro "solenni" giudizi, tramite i loro Reports su società quotate, Stati, sistemi economici, ecc.., questi 9 volte su 10 si sono rilevati delle vere e proprie bufale, naturalmente a danno dei cittadini e di tutti coloro che hanno investito i loro risparmi in azioni che magari le agenzie reputavano assai positive, mentre nella realtà si sono rivelate azioni di società prossime al fallimento.
Gli esempi più lampanti passati e recenti sono quelli del 2001 per il crack della statunitense Enron, oppure nel 2003 per il crack Parmalat in cui non furono onorati i pagamenti delle obbligazioni che, invece, godevano di un rating pubblico stabile (BBB-) emesso da Standard & Poor’s, fino alla recente crisi finanziaria esplosa con i mutui sub-prime, considerati come degli strumenti finanziari poco rischiosi dalle agenzie di rating fino a pochi mesi prima dello scoppio, e per non parlare ancora del caso Lehman Brothers, dove le obbligazioni della banca d'affari godevano di un rating tripla A (quasi il massimo) fino a qualche giorno prima del crack.
Le società di rating inoltre agiscono in pieno conflitto di interessi poiché, in primo luogo, sono remunerate dai committenti e non dagli investitori, inoltre le “tre sorelle” hanno partecipazioni dirette all’interno delle più grandi multinazionali internazionali e delle più grandi banche d’ffari, coinvolte in speculazioni finanziarie principalmente responsabili delle bolle speculative e dell'attuale crisi economica globale.

E' esemplare il caso di Moody's, che ha una struttura societaria piuttosto complessa. La maggioranza del capitale è in mano a pochi grandi azionisti, tutti noti gestori di fondi di investimento: i primi quattro azionisti controllano il 49% delle azioni. Il primo socio è la finanziaria Berkshire Hathaway (19,1%), presieduta dal finanziere Warren Buffett, uno degli uomini più ricchi del pianeta secondo Forbes. Seguono società di investimenti come Capital Research Global Investors (10,30%), Capital World Investors (10,03%) e Fidelity Management & Research (9,61%).
Ognuno di questi azionisti controlla asset in ogni settore dell'industria e della finanza, compresi titoli di Stato di Paesi stranieri, per centinaia di miliardi di dollari. A sua volta Moody's è una società quotata nella Borsa americana, e quindi soggetta alle fluttuazioni provocate dai suoi stessi giudizi: per esempio, nel 2009 ha avuto un fatturato di 1,8 miliardi di dollari con utili pre-tasse di 687 milioni.

Standard & Poor's, invece, fa parte del gruppo McGraw-Hill Companies, una public company quotata al Nyse attiva nell'editoria e nei servizi finanziari, che edita tra l'altro il settimanale Business Week. L'azionariato di McGraw-Hill è molto simile a quello di Moody's, anche se con un grado inferiore di concentrazione proprietaria: al primo posto c'è Capital World Investors (presente anche in Moody's) con il 7,69%, quindi T. Rowe Price Associates (6,67%), BlackRock Global Investors (4,39%) e un altro investitore presente in Moody's, ovvero Fidelity Management & Research (3,86%). Nel 2009 i Credit Market Services di S&P hanno fatturato 1,74 miliardi di dollari, contribuendo in maniera sostanziale al fatturato del gruppo McGraw-Hill, pari a 5,95 miliardi di dollari (con utili di 1,17 miliardi).

Diversa la situazione di Fitch, la terza agenzia a livello mondiale con circa il 16 % del mercato (laddove S&P e Moddy's ne hanno circa il 40 per cento a testa). Fitch - il cui giudizio spesso e' 'arbitro' nel caso di visioni contrastanti fra le altre due grandi agenzie - è controllata al 60% da una holding, la Fimalac, acronimo di Financie're Marc de Lacharrie're, posseduta al 65,75% da una persona fisica, Marc Euge'ne Charles Ladreit de Lacharrie're, detto MLL. Finanziere, al tredicesimo posto fra gli uomini piu' ricchi di Francia con un patrimonio stimato in 1,1 miliardi di dollari, MLL è un ex banchiere, nato nel 1940 a Nizza, che nel 1991 crea la sua holding, la Fimalac, attraverso la quale acquisisce partecipazioni in molte società: tra le altre Credit Lyonnais, France Telecom, Air France, Renault, Canal Plus. Ha poi disinvestito per dedicarsi interamente ai servizi finanziari, tramite Fitch. Il restante 40% di Fitch è nelle mani del gruppo Hearst. Fitch Ratings nel 2009 ha avuto un fatturato di 683 milioni di euro. Nel primo trimestre del 2010 il fatturato è passato a 115 milioni (+8% sullo stesso periodo del 2009).

Ed ora la strategia, almeno temporanea, per limitarne il potere e l'influenza sui mercati finanziari e sulle economie mondiali.
Poiché queste agenzie sono società quotate in Borse ufficiali e regolamentate, sarebbe sufficiente che alcuni Stati europei e/o fondi d'investimento si accordassero per un’azione comune ed iniziassero a vendere massicciamente sui mercati finanziari le azioni di queste società, usando anche altri strumenti quali opzioni, future, cds e/o similari per rendere maggiormente devastante l'effetto, il tutto con il fine di far calare il più possibile il valore di mercato delle azioni delle società di rating, azzerandone il capitale.
In breve tempo si arriverebbe al crack di queste società o, per lo meno, si otterrebbe lo scopo di limitarne largamente la credibilità ed il potere.
Così, come le agenzie di rating, sono capaci d'influenzare le vicende economiche di uno Stato sovrano, così gli Stati coalizzati, potrebbero influenzare la vita economica di queste società private legate a fini di puro profitto.

Fidarsi è bene, ma diffidare dalle “tre sorelle” del rating diventa doveroso poiché rappresentano una struttura organizzata e controllata dalle principali banche d’affari del pianeta, da multinazionali, lobbies e massoni, che influenzano il sistema finanziario e debitorio delle nazioni attraverso pesanti speculazioni e attraverso il vortice del debito (signoraggio) che ci rende tutti schiavi.


Prof. Fabrizio Zampieri

-economista ed analista finanziario-

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