domenica 21 marzo 2010

Verso un'altra rivoluzione francese?

Verso un'altra rivoluzione francese?
di Marcello Foa - 21/03/2010

Fonte: il giornale [scheda fonte]



La Federal Reserve ha annunciato che lascerà bassi i tassi di interesse ancora a lungo. Perché l’economia è ancora anemica. Giusto o forse no, perché si sta ripetendo lo scenario dei primi anni del Duemila, quando per rimediare allo scoppio della bolla del Nasdaq la Fed tenne i tassi bassi e questo pose le premesse per la creazione di una nuova bolla, scoppiata tra il 2007 e il 2008.

Vedendo l’andamento delle Borse c’è da restare perplessi. La disoccupazione resta alta, le prospettive di crescita sono deludenti in tutto l’Occidente, il debito pubblico continua a crescita. Eppure la Borsa vola come se fossimo in periodo di pieno boom, scontando utili molto ipotetici. Il punto è che a nessuno importa degli utili, perché l’attuale crescita è guidata dalla liquidità a buon mercato, che fa felici speculatori e banche d’affari, i quali ricevono denaro praticamente gratis, denaro che anziché aiutare l’economia reale, alimenta la crescita artificiale della Borsa.

Insomma, ho l’impressione che si sia creata un’altra bolla e che questa sia ormai la natura di un sistema incentrato sulla finanza: si passa da una bolla all’altra; con creazioni di spaventose ricchezze individuali a fronte di un impoverimento della società, che anziché accumulare capitale, accumula debiti, privati o pubblici. Dunque diventa schiava.

Ma la storia insegna che sperequazioni così forti non durano. Un economista molto bravo l’altro giorno in confidenza mi ha detto: stiamo creando le premesse che hanno portato alla Rivoluzione francese ovvero a una ribellione di un popolo impoverito contro i privilegi inaccettabili di un’aristocrazia egoista, avida e autoreferenziale.

Ha ragione lui, lo sbocco della crisi provocherà una Rivoluzione? O il meccanismo del debito è cosî diabolico - e globale - da rendere le masse prigioniere per sempre?

AGGIORNAMENTO. Il professore citato nel post è Giovanni Barone-Adesi, docente di Teoria finanziaria presso la Facoltà di Scienze economiche dell’Università della Svizzera Italiana. Il suo nome non è molto noto al grande pubblico italiano, ma nel mondo accademico europeo e americano è considerato uno dei massimi esperti sui derivati e la gestione del rischio e collabora con varie istituzioni finanziarie e organi di regolamentazione nella gestione dei rischi (vedi la sua biografia - http://www.istfin.eco.usi.ch/personal-info?id=192 ). E’ stato lui stesso ad autorizzarmi a svelare la sua identità e ha contribuito inviando questo commento, che trovate qui sotto e che trascrivo di seguito:

Il sistema bancario resta fragile perchè la difesa degli azionisti ha avuto la priorità sulla ricapitalizzazione. Le banche senza capitale economico hanno difficoltà a fare credito, possono solo investire la liquidità data dalle banche centrali in attività speculative a breve, vantaggiosissime finchè pagano zero interessi sulla liquidità. Il fatto che le autorità calcolino il capitale regolamentare in modo fantasioso non cambia la realtà, solo l’offusca. Le banche sono obbligate a speculare invece di sostenere la ripresa con il credito. Passiamo di crisi in crisi, trasferendo ogni volta soldi dai contribuenti a pochi individui. Per parafrasare Churchill, raramente pochi hanno dovuto tanto a tanti. Questo quadro, che in realtà si applica agli Stati Uniti e all’Inghilterra piu’ che all’Italia, forse non porterà in fretta alla rivoluzione, ma rischia di tenere a galla Brown e altri opportunisti (qualcuno anche in Italia, paese che soffre di mali piu’ antichi) che, dando la colpa alla finanziarizzazione eccessiva dell’economia, gli hedge fund e l’ingegneria finanziaria, difendono lo status quo, un’autentica perversione dell’economia di mercato.

Marcello Foa

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