giovedì 4 marzo 2010

La crisi del III secolo ricorda quella del III millennio...

La crisi economica e sociale del III secolo nell’impero romano

Centro Studi La Runa, 3 marzo 2010 (19:27) | Autore: Giovanni Pellegrino

Nel III secolo si verificò in tutto l’impero romano una gravissima crisi economica e sociale definita dagli storici la “grande crisi”. Tale crisi determinò soprattutto quattro importantissimi fenomeni sociali: la crisi e il degrado delle città; violentissimi e sanguinosi conflitti sociali tra il proletariato urbano e l’ordine dei curiali che deteneva il potere economico, politico e sociale nelle città; il forte aumento dei fenomeni migratori in tutti i territori dell’impero romano e quel fenomeno socio-culturale che gli storici sociali definiscono la “democratizzazione della cultura”.

Tale crisi produsse delle lacerazioni profonde nel tessuto economico e sociale dell’impero dando origine a una serie di problemi che continuarono anche nel corso del IV secolo. Dobbiamo tuttavia precisare che già alla fine del II secolo i segni della crisi erano abbastanza evidenti. Per quanto riguarda il degrado delle città gli aspetti esteriori di tale crisi potevano essere individuati con grande facilità in quanto erano molto evidenti.

Si ebbe un rapido calo del livello medio della vita nelle città. In secondo luogo la pubblica amministrazione non era più in grado, come accadeva nel periodo in cui le città godevano di ottime condizioni di vivibilità, di provvedere ad assicurare i servizi essenziali quali la costruzione di strade pavimentate, di bagni pubblici e di mercati organizzati. Inoltre la pubblica amministrazione non era più in grado nel III secolo nemmeno di svolgere una sia pur minima opera di prevenzione di quelle malattie infettive come ad esempio la peste cosicché tali malattie si diffusero senza nessun controllo in molte città a tal punto da decimare pesantemente la popolazione urbana.

In terzo luogo il degrado urbano giunse al punto tale che in alcune città che erano situate vicino ai boschi e alle foreste si aggiravano liberamente nelle strade cittadine belve feroci che uccidevano o terrorizzavano gli abitanti delle città.

In quarto luogo alcune città come ad esempio Alessandria d’Egitto erano state gravemente danneggiate dalla guerra civile scoppiata nell’impero romano nel 260 cosicché molti degli abitanti di tali città avevano dovuto abbandonare le loro case e fuggire nelle campagne circostanti.

Infine le invasioni dei barbari e in particolare quella degli Eruli avevano conferito alle città che essi avevano saccheggiato un aspetto squallido e inoltre ne avevano determinato un definitivo declino economico e sociale.

In un contesto di questo tipo certamente molto problematico e difficile era sempre più aumentato il distacco e la reciproca diffidenza tra le classi più potenti, reali detentrici del potere politico ed economico, e il proletariato urbano. Per fare un esempio concreto i ricchi non concedevano più ai proletari e neppure ai piccoli borghesi quei prestiti a lunga scadenza che in altri periodi storici avevano migliorato le condizioni di vita delle classi più deboli dal punto di vista economico e politico. Gli appartenenti alle classi che detenevano il potere nelle città chiedevano per concedere prestiti agli appartenenti alle classi subalterne interessi molto più gravosi di quelli che chiedevano in passato ed inoltre pretendevano la restituzione dell’intera somma che avevano dato in prestito entro un anno, mentre in passato concedevano ai loro debitori diversi anni di tempo per restituire la somma in questione. Queste nuove regole imposte a coloro che avevano urgente bisogno di prestiti dai membri delle classi che detenevano il potere suscitò grande rabbia ed indignazione nel proletariato urbano e nella piccola borghesia, che cominciarono a nutrire forti sentimenti di odio nei confronti dei ricchi che non mostravano nessuna sensibilità nei riguardi della classi sociali più deboli imponendo loro condizioni durissime per ricevere prestiti, condizioni mai richieste in passato.

In sintesi quindi i violentissimi e sanguinosi conflitti sociali tra classi egemoni e classi subalterne che scoppiarono nelle città dell’impero romano nel III secolo furono dovuti in massima parte al rifiuto dei membri delle classi dominanti di concedere prestiti ai membri delle classi sociali più deboli a condizioni più accettabili ed umane come avevano sempre fatto in passato. Da tale rifiuto nacque un odio sempre più feroce ed implacabile nell’animo del proletariato urbano e della piccola borghesia nei confronti dei membri delle classi che detenevano il potere accusati di voler sfruttare la difficile situazione economica per applicare interessi esosi e disumani ai prestiti che venivano chiesti dai membri delle classi subalterne, le quali in mancanza di tali prestiti non potevano nemmeno soddisfare i bisogni più elementari e quindi non potevano assicurarsi il minimo per sopravvivere.

(continua sul sito originale)

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