domenica 25 ottobre 2009

Pontedera - Paolini vs Thatcher

Pontedera - Paolini vs Thatcher

Francesca Sacco, AprileOnline, 23 ottobre 2009, 12:31

Pontedera- Paolini vs Thatcher Teatro Il Festival Teatro Era apre la seconda edizione, dal 20 ottobre al 21 novembre, occupando gli spazi del Teatro Era, a Pontedera, Pisa. La combinazione di esperienze teatrali, di danza e di musica, e di artisti provenienti da tutto il mondo. Nella sua seconda serata, il 21 ottobre, è stato Marco Paolini a riempire la sala

"Bevi la coca cola che ti fa bene, bevi la coca cola che ti fa digerire, con tutte quelle, tutte quelle bollicine". Le parole di Vasco Rossi recitate con eleganza ed ironia da Marco Paolini si spandono in sala, creando un effetto di straniamento inaspettato, premessa inattesa allo spettacolo vero e proprio. Dove vorrà andare a parare, stasera? Domanda obbligatoria, perché Paolini raramente si ripete identico alla volta precedente.

I suoi spettacoli sono una fucina sempre pronta ad ingigantirsi, oppure a rimpicciolirsi, a seconda della serata, dell'aria, delle esigenze, delle contingenze. Con le luci di sala accese, inizia -un quarto d'ora prima del tempo- la lezione. Inizia la "ballata" come lui stesso la definisce, una ballata sui nostri tempi. Una ballata che ha in sé l'acido sapore dell'economia, ricamato finemente sulle note nostalgiche della musica che i Mercanti di Liquore portano sul palco. Le bollicine di Vasco diventano bolle, nel senso di falle, vuoti d'aria che il nostro sistema economico crea lanciandosi in speculazioni pericolose. Perché quando Paolini racconta i Miserabili, regala lezioni di economia, mostra una realtà che tutti conosciamo ma che forse non sempre capiamo.

La scenografia: un tavolo imbandito, la ricchezza che ci circonda, ultimo banchetto prima della distruzione finale che arriva con le parole "economia voodoo", quando tutto crolla rovinosamente e fragorosamente a terra. Una ricchezza apparente, in verità, che si cela dietro l'attraente rossore della buccia di una mela finta, dietro una tovaglia di carta, dietro il compulsivo spendere denaro in qualsiasi cosa, sia essa la quarta lavatrice o l'ultimo cellulare. Trattasi di "capitale", parola che porta con sé il nome di chi la usò per primo, Karl Marx, con riferimento ad un pezzo di storia precisa, quella del suo tempo.

"Il capitale crea interdipendenza universale". Da qui parte la lezione.

Marx lo diceva nel 1877, Paolini lo sottoscrive nel 2009, aggiungendo che la Belle Epoque non è altro che la prima globalizzazione, né più né meno. I meccanismi i medesimi, l'oggetto lo stesso. In questi termini il dialogo con la signora Thatcher sorge spontaneo, quasi necessario, inserita come era nel contesto dell'innovazione e della caccia al denaro, icona della metamorfosi radicale che ha subito il nostro paese. I toni corrono svelti lungo la lama a doppio taglio della lingua cinica e fieramente severa di Paolini. "Dal vangelo secondo Margaret Thatcher", la storia di Gesù che dopo aver rovesciato i tavoli dei mercanti torna indietro e chiede scusa, del resto fare soldi non è reato, non è peccato. Dal disordine doveva nascere qualcosa di creativo. "Buone azioni, mi raccomando. Buone azioni. Compratele, e poi vendetele". Far funzionare questo sistema non è poi così complicato, è indispensabile però un atto di fiducia totale, l'economia ci chiede di crederle formulando un'equazione che non sempre torna come dovrebbe (soprattutto quando, nella logica della New economy, alla chiusura delle fabbriche corrisponde l'apertura di solarium). Ecco quel che viene ricostruito, mentre le ossa dell'Italia a cui si rivolge Paolini sono ancora deboli.
I Miserabili allora esistono, l'aveva detto Hugo, ma non si parla di poveri. Miseria ha il sottotitolo di paura. Signora Thatcher il mercato non dà la speranza, "tu la chiami belle Epoque, io la chiamo miseria".

La musica accompagna le dure parole addolcendo la pillola, la voce di Lorenzo Monguzzi permette di parlare di questioni tutt'altro che leggere pur mantenendo un'aurea di levità. Consente di infilare il dito in fondo alla piaga senza farla sanguinare, girandolo dentro con sicurezza, spavalderia, con l'urgenza di chi tenta un salvataggio disperato, prima che la ferita marcisca. Che la carne imputridisca e inaridisca. Ma con l'eleganza di chi ha in testa una bombetta. "Non esiste la società, ma esistono uomini, donne e famiglie" è la conclusione arcigna della signora Thatcher. La parola Miserabili acquisisce allora una concretezza più forte, si gonfia di questa affermazione e si moltiplica rispecchiandosi nei volti degli operai licenziati, dei precari, degli operatori call center alienati. Parole pesanti, che ci assalgono per non abbandonarci più, bussano alla nostra coscienza per farci svegliare dal torpore che ci caratterizza. Il professor Paolini tratta un argomento schierandosi palesemente, perché questo è uno spettacolo di parte e non lo si può negare, ma lo fa senza quella retorica insistente di sinistra, senza pretese di volere salvare l'Italia, ricostruendo il suo corpo distrutto. E' un invito, piuttosto, a non accettare il fatto che non esista una società. E' un invito a credere, passando attraverso le parole di Gaber, all'alternativa che l'uomo ha ed ha sempre avuto: "la libertà è partecipazione". E noi partecipiamo. Calorosamente.

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