domenica 4 ottobre 2009

I BIGLIETTI DI STATO A CORSO LEGALE E COSTO ZERO

I BIGLIETTI DI STATO.

Secondo Giovanni Passalacqua (1) "si possono far rientrare nel debito patrimoniale, seppure da questo nettamente distinte, le emissioni di monete e biglietti dello Stato il cui provento viene registrato nel bilancio e nel conto generale del patrimonio dello Stato tra le passività consolidate, perpetue e irredimibili". Questa concezione dei biglietti di Stato non è quella prevalsa nella storia del Debito Pubblico Italiano. Se. infatti, oggi l'importanza delle monete di Stato è del tutto trascurabile dato il regime cartaceo inconvertibile in cui da tempo viviamo, nel passato il sistema del gold-standard e gold-exchange standard non permetteva alle banche di emissione di eccedere nella stampa di carta-moneta al di là dell'ammontare "coperto", da riserve di metallo prezioso (oro e argento). Quindi, quando il Tesoro richiedeva alle banche di emissione consistenti finanziamenti monetari, che non si potevano configurare come anticipazioni temporanee, la corrispondente carta-moneta veniva denominata "biglietti" di Stato e, in forza di questa denominazione, l'intera circolazione monetaria veniva dichiarata inconvertibile (corso forzoso). Poiché tali biglietti di Stato avevano un costo per l'erario assai basso e se ne riteneva la circolazione temporanea sul medio periodo, dal momento che si effettuavano periodicamente operazioni di ritorno al regime a copertura metallica (nel testo abbiamo illustrato quella del 1882 e quella del 1926), essi venivano inclusi nel debito fluttuante.
Si noti, tuttavia, che i 340-400 milioni di biglietti lasciati in circolazione dopo l'abolizione del corso forzoso nel 1882, proprio perché considerati permanenti, erano stati collocati tra il debito patrimoniale. Per motivi di coerenza delle statistiche presentate, sono stati anch'essi ricondotti fra il debito fluttuante.
Tra il decennio 1890 e gli anni '20 furono in uso, inoltre, i "buoni di cassa", vera e propria carta-moneta a circolazione limitata emessa dal Tesoro che, però, possedeva copertura metallica nelle casse del Tesoro. Per tale motivo i buoni di cassa non venivano considerati all'epoca parte del Debito fluttuante e neppure noi abbiamo ritenuto di includerli; essi non raggiunsero mai ammontari consistenti.

(1) Passalacqua (1977).

BIBLIOGRAFIA

Ministero del Tesoro (1926) Relazione della Direzione Generale del Tesoro, 1918-1925,
Roma, pp. 340-44.
G. Passalacqua, (1977) Il bilancio dello Stato, Milano, F. Angeli.
C. Supino, (1929) Storia della circolazione cartacea in Italia (dal 1860 al 1928), Milano, SEI.


Tradotto per Tremonti: non costano niente, sono un falso debito, permettono allo stato di spendere quello che gli serve senza parare il culo ai delinquenti di Francoforte.
O vediamo se ci arriva, ora.

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