martedì 6 ottobre 2009

Fiducia, moneta e credito: trinità dell'uomo moderno

Fiducia, moneta e credito: la trinita' dell'uomo moderno.

Se non vivessimo in un’epoca di inganno universale, un libro che dice la verità non sarebbe gran cosa. Ci si potrebbe soffermare a dire in cosa funziona e in cosa no, dire perché è valido e perché invece ha delle criticità…. Vivendo invece in un’epoca di inganno universale un libro che dice la verità è un fatto rivoluzionario. E questa già potrebbe essere una motivazione per salutare l’uscita di “Le radici di una fede, per una storia del rapporto fra moneta e credito in Occidente” come un evento di straordinario rilievo. Ma se vediamo dove insegna l’autore, Massimo Amato, scopriamo che a dire la verità è un docente nientemeno che della Bocconi (Alberto Leoncini).

Ve lo immaginate un prete che al momento della Consacrazione dicesse “Ecco una cialda”?? Scandaloso! E un professore della Bocconi, che, a leggere in profondità il testo, dice “quello che avete in tasca vale fintanto che gli date valore”…. Il parallelo non è affatto bizzarro perché uno dei nodi concettuali di fondo del libro è quello di ripensare al ruolo della “fede” nell’economia.

Jospeph Ratzinger nel suo “L’Europa di Benedetto” (Cantagalli Editore) dice espressamente che l’uomo contemporaneo è quello nella storia che più si affida affermando: “Viviamo in una rete di incognite, alle quali ci affidiamo in ragione di esperienze generalmente positive. Noi crediamo che tutto questo non è privo di fondamento e una tale fede ci permette di godere i benefici del sapere di tutti (…) possiamo già notare che una fede di questo genere è indispensabile alla nostra vita” (p.98 e diffusamente in altri capitoli). Ratzinger recupera questo aspetto sotto una luce strettamente trascendente, ma chi di noi, ogni volta che prende una pizza si domanda “ma il bicchiere sarà pulito?”. Non sappiamo. Ce lo troviamo davanti al piatto e speriamo che lo sia. E questo vuol essere l’esempio più banale possibile. Ratzinger citava la statica degli edifici o il funzionamento di un farmaco…

Il grande equivoco sta tutto nel pensare di essere emancipati da ogni aspetto legato all’affidamento nell’insana illusione di avere tutto sotto controllo… L’attuale crisi economico finanziaria ha tuttavia chiarificato una volta di più che il venir meno del semplice elemento della fiducia ingenera il crollo dell’intero sistema dei rapporti economici intercorrenti nella società.

Il sistema nato in Inghilterra alla fine del ‘600 era già gravido di quei problemi a cui oggi ci troviamo a dover far fronte, ma è stato soprattutto in quel frangente che è iniziata la corsa, mai terminata, verso uno sfruttamento dissennato e onnivoro del pianeta terra. Oggi la folle corsa, di certo molto accelerata, è giunta al termine e il ripensamento delle logiche monetarie è senz’ombra di dubbio l’emergenza-direttamente collegata a quella ambientale- alla quale il mondo deve dare una risposta.

Cerco tuttavia di entrare in modo più stringente nel cuore del problema trattato, segnalando con assoluta chiarezza che l’ampiezza delle argomentazioni e delle tematiche non può in questa sede neppure essere sfiorata nel merito, meno ancora la complessa evoluzione storica che costituisce l’oggetto della pubblicazione. Il testo è senza dubbio ben documentato e accademicamente, dove all’avverbio va data accezione positiva, solido e organico. Dibatte seriamente temi cruciali per la vita politico-economica della contemporaneità in rapporto alle proprie radici storiche e fa capire bene come la storia, anche economica, sia essenziale per comprendere appieno il presente. Interessante anche il rilancio progettuale sul profilo biografico dell’autore sulla prossima uscita di “L’enigme de la monnaie” in Francia che dovrebbe costituire un approdo internazionale per questo tipo di peculiari ricerche e al quale mi sento di augurare ogni successo presso la comunità internazionale degli studiosi di storia economica.

Insomma, un testo che per i cultori del genere “sovranità monetaria”, “validazione monetaria”, “storia monetaria” non può non entrare a far parte della biblioteca di riferimento e per i semplici curiosi può costituire un primo serio approccio, seppur alcuni passaggi non siano di immediata lettura per chi sia digiuno dei rudimenti monetari. Non v’è traccia, e questa è davvero una gran cosa, di quel complottismo un-tanto-al-chilo che è tutt’altro che infrequente sulle pubblicazioni che ruotano attorno ai temi monetari e che è tornato molto di moda con le varie derive oclocratiche dell’attuale governo, i cui esponenti nelle adunate di partito sbraitano contro i “poteri forti” (cfr. Brunetta, Tremonti, Re Silvio…) che complottano e congiurano contro lo stato di diritto e la volontà popolare salvo poi gettare più di qualche salvagente a banche e finanziarie, dare non mani ma intere braccia agli avvoltoi che volteggiano sul patrimonio pubblico e continuare bellamente nel solco della censura verso le voci non allineate. Non che l’ipotesi di un governo a guida Draghi mi faccia meno accapponare la pelle, questo per inciso va detto, tuttavia almeno il suddetto personaggio non ha mai fatto mistero di provenire dalla Goldman Sachs e di essere legato agli interessi delle elite bancarie internazionali.

Qualche appunto lo dobbiamo fare… Al di là della copertina, una raffigurazione di Amedeo Bocchi che scimmiotta Klimt- che già come auctor può già far sorgere delle perplessità- senza attrarre il lettore (lo si prenda come auspicio per esaurire la prima edizione e procedere ad una ristampa più accattivante), bisogna dire che un piglio più passionale, in generale, non avrebbe guastato. L’autore candidamente ammette “essa (Bank of England, privata per stessa affermazione dell’autore a p.177) è nei confronti dello Stato è, in quanto suo creditore, un soggetto di diritto privato, ma, nei confronti degli utilizzatori di note di banco, è un soggetto pubblico” (p.181). E qui sorge una prima domanda: il nostro ha affermato (p.40) che “Con la prima modernità, impero e papato cessano definitivamente di essere i garanti e le forme compiute di societas perfecta, e gli Stati territoriali, definiti politicamente dal fatto di non riconoscere alcuna forma di autorità superiore (superiorem non recognoscens)divengono giudici delle proprie cause e iniziano a organizzare i propri rapporti sulla base di una nuova nozione di equilibrio e universalità.”. Su questo non ci piove, perché allora delegare a dei privati una delle funzioni assolutamente fondamentali (instaurando un rapporto di diritto privato, insomma) come quella di emettere e gestire la moneta, visto che la sovranità si esplica, tradizionalmente su “spada, toga e moneta” (difesa/politica bellica, giurisdizione e controllo della moneta)? E perché fare quell’affermazione- che io contesto perché “superiorem non recognoscens è una definizione tipicamente appartenente alla giuspubblicistica romana, anche perché le affermazioni costituzionali, anche ottriate, sono storicamente un limite al potere sovrano- quando poi proprio lo Stato moderno si piega a interessi e istanze che ridiscutono completamente il concetto di sovranità?

La risposta viene sempre dall’autore: “un clima quasi cospiratorio avvolge le prime fasi della creazione (sempre della Bank of England)” (p.179), allora, dobbiamo dare ragione a Pound quando parla dell’Inghilterra come di una nazione “conquistata dai banchieri”? Sì, perché Amato stesso prosegue: “l’oro affluisce a banchieri, orafi e notai ovvero a coloro che in modi diversi sono coinvolti nel nuovo business: quello della moneta cartacea”. La moneta, da allora fino ad oggi, è soprattutto un grandissimo business per le banche e sicuramente conviene continuare a tassare i fiammiferi piuttosto che iniziare un serio dibattito sul come tassare la moneta!

Nemmeno l’elemosina, altrimenti detta Tobin tax, è riuscita ad essere estorta ai banchieri, figuriamoci l’utilizzo di fattispecie impositive che abbiano come presupposto la moneta!

Non voglio entrare in quel ginepraio di polemiche sul cosiddetto signoraggio, anche se, lo ripeto per l’ennesima volta oggigiorno bisognerebbe parlare di “validazione monetaria”, tuttavia il nostro afferma (p.188) “La Banca d’Inghilterra(…) incassa un signoraggio (…) esso è pari alla differenza fra l’interesse che essa fa pagare ai propri creditori e all’interesse che non deve pagare sui propri debiti, giacchè questi sono garantiti dalla sua posizione di finanziatore strutturale dello Stato.”

Questa somma sarà di una x entità, e qui sorge una prima domanda: perché diamine questa somma (postulato che sia solo questa) deve essere data a spese della cittadinanza alle banche? In aggregato non si tratterebbe di una cifra risibile. Altra domanda: il tasso di sconto fissato dalla banca centrale, altro non è se non un prezzo per il denaro, pur se gatto pagare alle banche, che essa crea, obbliga ad una continua corsa per ripagarlo, sempre con il denaro da questa emesso. Ma se il mondo è finito (credo che su questo non ci siano dubbi) fino a quando sarà possibile correre? E qui recupero quanto dicevo all’inizio: quanto sarà possibile sostenere un mondo avviato verso l’autodistruzione? Sono giunto alla conclusione che sia proprio per un atteggiamento fideistico che ci è stato inoculato fin dalla nascita che abbiamo ancora la puerile illusione di pensare che tale sistema possa durare in eterno.Il dramma sta nel fatto che questa fede, rigorosamente con la minuscola, non ha alcun orizzonte teleologico o trascendente ma si basa semplicemente sul reciproco inganno, o quanto meno su una circolazione forzosa sia pure mascherata. E’ evidente che una fede, se non si basa una verità ma, ontologicamente, su una convenzione sia un inganno universale.

Massimo Amato
Le radici di una fede, per un rapporto fra moneta e credito in Occidente
Bruno Mondadori
pp.274

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