martedì 14 luglio 2009

I ricchi affari delle banche ai tempi della crisi

I ricchi affari delle banche ai tempi della crisi
di Vincenzo Comito - 14/07/2009

Il Manifesto


Sembra che il sistema bancario e finanziario, che ha prodotto guasti così profondi al mondo dell'economia, ai budget pubblici dei vari paesi, alle tasche dei cittadini, possa uscire dalla crisi tornando tranquillamente a fare più o meno quello che faceva prima, senza che siano introdotti particolari nuovi e incisivi sistemi di regolamentazione e di controllo. Il non cambiare se non marginalmente le regole porterà alla probabile conseguenza che le banche ci trascineranno verso una nuova e potenzialmente più grave crisi entro poco tempo. E questo mentre le attuali difficoltà rimangono peraltro largamente non risolte e mentre le banche centrali sono costrette a continuare ad iniettare ingenti risorse a basso prezzo nel sistema per cercare, quasi inutilmente, di far continuare a scorrere il credito (...).

I segni del ribaltamento della situazione «politica» del settore finanziario e del ritorno alle vecchie pratiche si vanno diffondendo. Così, negli uffici della Goldman Sachs è stato detto ai funzionari di aspettarsi uno degli anni di maggiore redditività nella storia della società, mentre la Barclays sta distribuendo bonus per 730 milioni di sterline ai suoi manager e mentre si sta avviando una nuova ondata di caccia ai manager bancari più bravi esistenti sul mercato a colpi di offerte sostanziose. Intanto diverse grandi banche stanno mettendo in opera nuove e più raffinate forme di cartolarizzazione, a suo tempo uno dei punti di attacco principali della crisi.

Per altro verso, paradossalmente, non ci potrebbe essere un momento migliore di quello attuale per svolgere l'attività bancaria: i governi di molti paesi garantiscono una parte consistente dei crediti e dei debiti del sistema; così gli istituti possono tenersi in casa i profitti e continuare a scaricare sui contribuenti le perdite. Il denaro è per essi a buon mercato e possono prestare contemporaneamente i soldi in maniera calibrata a delle imprese disperate e pronte a pagare prezzi molto elevati. I governi sperano, in questo modo, che tali nobili istituzioni ritornino in salute dopo tutte le perdite incontrate. Ma questo potrà forse succedere solo nell'arco di un numero di anni abbastanza lungo e salvo ovviamente nuove sorprese che potrebbero nel frattempo manifestarsi. La crisi del sistema finanziario non si risolverà per questa via.

Intanto, i rappresentanti dell'establishment finanziario stanno contestando con molta durezza e arroganza le timide nuove misure che i pubblici poteri vorrebbero introdurre per governare meglio il sistema. Essi arrivano al punto di affermare che il rischio maggiore cui ci si trova oggi di fronte è quello che i regolatori reagiscano troppo bruscamente, demonizzando il settore ed affossando alla fine l'industria finanziaria che avrebbe portato tanti benefici a Londra come e New York. (...).

Così va emergendo, nella coda della crisi, un sistema finanziario ancora per alcuni versi peggiore di quello precedente alla crisi stessa. Le banche che sono sopravvissute rappresentano ormai, in Gran Bretagna come negli Stati Uniti, un oligopolio fatto di poche istituzioni troppo grandi e tra di loro interconnesse per fallire. Esse sono sopravvissute non perché erano le migliori, ma perché erano le più supportate politicamente. In ogni caso, mantenere la mano leggera nella regolamentazione del sistema ha già mostrato chiaramente con il caos degli ultimi due anni, di essere una ricetta che non funziona.

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