martedì 12 maggio 2009

Recessione e supermercati cancellano l'Italia delle botteghe

ECONOMIA
Nei prossimi 5 anni a rischio 62mila negozi e 150mila posti
i consumatori sono cambiati: non agiscono di impulso e confrontano i prezzi

Recessione e supermercati
cancellano l'Italia delle botteghe

di BARBARA ARDU', REPUBBLICA

Recessione e supermercati cancellano l'Italia delle botteghe

ROMA - C'è un grande palazzo a Roma dove le saracinesche del piano terra si sono abbassate anni fa e sono ancora giù, mangiate dalla ruggine. È andata via la merceria, il tappezziere, il casalinghi. Resiste un negozio di scarpe, ma da qualche giorno c'è un cartello: liquidazione totale. I due anziani che lo gestiscono non hanno saputo o voluto rinnovarlo. Andranno in pensione. Un'altra saracinesca tirata giù. Negozi morti per sempre, che difficilmente riprenderanno vita. La crisi economica, l'avanzata della grande distribuzione, il reddito degli italiani in discesa perenne, hanno cancellato nel 2008 30mila negozi.

"È la prima volta che si assiste a un saldo negativo - spiega Marco Venturi, presidente della Confesercenti - di solito tanti ne chiudevano, tanti ne riaprivano". E il 2009 sarà peggio: nei premi tre mesi 20mila commercianti hanno chiuso bottega. E se continua di questo passo nel giro di cinque anni si perderebbero 150mila posti di lavoro.

La crisi colpisce tutto il commercio: ristoranti, bar e negozi. Negli ultimi due anni s'è accanita sulle drogherie (-14,1%), sulle mercerie (-11,9) e sui fruttivendoli (-8,2). Crisi e grande distribuzione sono i maggiori imputati della morte delle botteghe. "Discount e ipermercati sono stati i killer della drogheria sotto casa - commenta Giuseppe Roma, direttore generale del Censis - ma non dimentichiamo realtà come Ikea, che ha dato un colpo al negozio di mobili, i megastore di elettronica, che hanno messo in crisi il rivenditore di radio e tv. Un gigantismo che tra l'altro fa soffrire il negoziante, costretto a pagare affitti impossibili per uno spazio in un centro commerciale, e il piccolo imprenditore".

Ma i mall in aperta campagna non sono gli unici imputati. "Il fuoco della crisi non è nella grande distribuzione - spiega Luigi Taranto, direttore generale di Confcommercio - ma nella congiuntura, nei redditi bassi e in un'assenza totale di politiche attive a favore del commercio. La liberalizzazione di Bersani aveva due corollari: aumentare la concorrenza e mettere in atto politiche di sostegno, dai consorzi fidi, alla formazione, ai centri di assistenza per snellire le pratiche burocratiche. Di questo però s'è visto poco o nulla. È rimasta la liberalizzazione, che non vedo tra l'altro così spinta in altri settori".

Una liberalizzazione un po' selvaggia che non piace nemmeno al direttore del Censis. "S'è passati da un eccesso all'altro - spiega Roma - ci sono troppi negozi vicini, senza una logica, mentre sarebbe necessaria una politica urbanistica che faccia "vivere" la bottega, rendendola parte della città. Al contrario vince solo chi è più forte. E va detto che 30mila negozi in meno significano 30mila persone a spasso, ma anche un pezzo di tessuto cittadino che scompare".

L'altro mattone che ha colpito in pieno i commercianti è stata la crisi del credito, con le banche che hanno chiuso i rubinetti. "Molti piccoli imprenditori - sostiene Venturi - si stanno mettendo nelle mani degli usurai: la nostra associazione ha segnalato un aumento del fenomeno". E in ultimo c'è il cliente. È cambiato anche lui. Finita l'abbuffata consumista s'è ritrovato più povero, ma anche più informato. "I consumatori - spiega Roma - non agiscono più d'impulso.

Confrontano merci e prezzi, anche su Internet che non sempre è affidabile, ma c'è". Consumatori più diffidenti e più cauti, che acquistano con la testa e se possono allungano la strada e vanno ai mercatini, tant'è che tra gli ambulanti la crisi è meno sentita. Categoria destinata a crescere (in uno scenario da qui a cinque anni), insieme gli acquisti su Internet e ai negozi non specializzati, tipo bazar. È la bottega a essere in crisi. Aveve l'anima del commerciante non basta più. "Oggi - conclude Roma - è diventato un mestiere molto più difficile e costoso di un tempo".
(11 maggio 2009)

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